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John Stuart Mill

La scienza sociale di Stuart Mill


Il VI libro del System è interamente occupato da una logica della scienza dell'uomo e della società che in molti punti ricalca fedelmente degli schemi comtiani, mentre in altri se ne distacca vistosamente. Come abbiamo già osservato nel primo capitolo, Comte aveva sposato la causa della frenologia di Gall, mentre Mill l'aveva contestata.
Ma più in generale, Comte aveva tirato autentiche cannonate contro la psicologia, in particolare contro il metodo introspettivo di una certa parte degli psicologi e dei filosofi. Per Comte le due scienze in grado di spiegare l'agire umano erano la frenologia, ovvero lo studio degli organi deputati al pensiero, il quale consentiva la localizzazione delle facoltà nello stesso cervello, e la sociologia, l'unica vera scienza delle relazioni umane in quanto basata sull'osservazione dei processi sociali.
Conviene riportare questo passo, tratto dal Corso di filosofia positiva, per capire le vere ragioni di Comte: «...l'individuo pensante non può dividersi in due, dei quali uno ragionerebbe e l'altro si guarderebbe ragionare.»
Questo passo è notevole perchè implica, oltre che un rifiuto del metodo dell'introspezione, sviluppato in particolare da Maine de Biran, anche una fortissima mozione di sfiducia nei confronti di un qualsiasi momento di autovalutazione critica da parte degli individui. Un uomo non può essere giudice di sé stesso, per il semplice fatto che non può sdoppiarsi, quindi prendere le distanze da sè stesso.
D'altra parte Comte fu anche molto critico nei confronti del concetto di "io" e del concetto di coscienza, sviluppando peraltro, proprio sul tema della coscienza, un'osservazione tutt'altro che banale, anche se viziata da partigianeria preconcetta. Scrisse Comte che lo studio della coscienza restringe enormemente lo spazio per uno studio dell'intelligenza, in quanto lo limiterebbe alla considerazione "dell' uomo adulto e sano", escludendo, di fatto, l'infanzia, la follia e gli animali.

Ora è evidente che rispetto a questo modello freno-sociologico Mill aveva già preso abbondantemente le distanze.
Già nel System egli aveva a cuore l'individualità ed il suo libero sviluppo in una società libera ben più di qualsiasi altro valore.
Per Mill, nè la patria, nè la famiglia, e nemmeno il bene comune hanno, in generale ed astrattamente, s'intende, la precedenza sulla libertà, la quale implica di per sè, non una irresponsabilità, ma il massimo della responsabilità, sia verso sè stessi che verso gli altri. Per questo la scienza dell'uomo non poteva cominciare, come in Comte, con una sociologia, ma con una psicologia.

Secondo Nicola Abbagnano, i primi 5 libri del System erano per Mill semplicemente propedeutici rispetto a questo sesto libro, nel quale egli affronta il tema fondamentale del rapporto tra necessità e libertà dell'individuo.
«La libertà non contraddice - scrive Abbagnano - a quella che egli chiama "la necessità filosofica": la quale implica che, dati i motivi presenti allo spirito di un individuo e dati ugualmente il carattere e le disposizioni dell'individuo, se ne può dedurre infallibilmente la sua condotta futura, sicchè "se conosciamo la persona a fondo e se conosciamo tutti i moventi che agiscono in lui, possiamo predire la sua condotta con con la stessa certezza con cui possiamo predire qualsiasi evento fisico." (Logic, VI,2, § 2, p. 547) Questa necessità filosofica sembra a Mill l'interpretazione di un'esperienza universale e l'espressione di una convinzione comune a tutti. Essa tuttavia non va confusa con la fatalità che supporrebbe un legame più intimo, una costrizione misteriosa esercitata dalla causa dell'azione sull'azione stessa. Una tale costrizione sarebbe, secondo Mill, in conflitto con la nostra coscienza e rivoltante per i nostri sentimenti.
"Noi sappiamo, egli dice, che nel caso delle nostre volizioni, non c'è quella misteriosa costrizione. Sappiamo che non siamo spinti, come da un magico incanto, a obbedire a qualche particolare motivo. Sentiamo che, se desideriamo di mostrare di aver la forza di resistere al motivo, possiamo farlo, (giacchè il motivo stesso diventa, com'è ovvio, un nuovo antecedente); e sarebbe umiliante per il nostro orgoglio e (ciò che più importa) paralizzante per il nostro desiderio di perfezione, il pensare altrimenti (Ib., p. 548).
In altri termini, la fatalità supporrebbe una specie di connessione metafisica tra la volizione e i suoi moventi, mentre la necessità non può significar altro che uniformità di ordine e possibilità di predizione. E' proprio su queste due cose che si fonda la scienza della natura umana, il cui ideale consiste nel poter predire la condotta futura di un individuo umano con la stessa certezza con cui l'astronomia predice i movimenti degli astri.» (Nicola Abbagnano - sta in: Storia della filosofia - vol. V° - La filosofia del romanticismo - TEA - Milano, 1995)

Questa scienza predittiva è la psicologia, la quale venne a delinearsi in particolare, nella tradizione utilitaristica di Bentham e James Mill, come studio delle associazioni mentali, e soprattutto delle successioni di idee.
Stuart Mill era tuttavia ben consapevole che tra l'ideale ed il reale, nel modo enfatico in cui ne parla Nicola Abbagnano (sempre fin troppo fedele alla sua interpretazione del positivismo come romanticizzazione della scienza), passava una bella differenza. Nei fatti, partendo dai fatti, e dalle osservazioni di essi, si può ricostruire il carattere degli individui, ed i loro moventi. Ovviamente, si può dare una scienza, che Mill chiama etologia (da ethos, carattere) se i moventi umani hanno una loro generalità, pur riconoscendo che questa generalità non è facilmente assiomatizzabile, cioè non può divenire premessa maggiore di un qualche sillogismo in grado di fare luce in modo definitivo. Per Mill l'individuo può cambiare carattere, e farsi meno impulsivo e più prudente. Questa stessa possibilità riduce lo spazio ed il valore della predittività. Ma sapere questo è scienza. Non è che essere scienziati del carattere sia immaginare un mondo nel quale il destino sia già stato determinato a priori, o comunque, sia possibile pensare, anche qualora lo fosse, che un un qualsiasi uomo possa venire a conoscerlo nei dettagli. Possiamo dire: finirai male, se continui così; non possiamo dire: finirai male alle 11,29 del 7 luglio 2003, in una piscina di Forlimpopoli.
Un punto importante è che, secondo Mill, l'esistenza della libertà non può essere dimostrata ( se non ricorrendo all'enumerazione semplice di fatti nei quali qualcuno ha cambiato strada) . Tuttavia, per esperienza immediata, ci è possibile sapere che siamo sempre in grado di prendere decisioni, scegliendo tra diverse alternative. E ciò implica sia un distacco dalle cose, dalla realtà oggettiva, sia un distacco da sé stessi e dai propri desideri.

L'etologia di Mill si fonda sul fatto che la formazione del carattere avviene per determinate leggi e che noi possiamo venirne a conoscenza attraverso ipotesi, deduzioni e verifiche. Mill respinse la teoria, da lui definita chimica, per la quale le azioni umane sono interamente determinate dalla società e dall'ambiente. Questa teoria non ha valore scientifico perchè non può essere verificata in alcun tipo di esperimento. Ma respinse anche il cosiddetto metodo geometrico, tipico di Hobbes, Rousseau e Bentham, per i quali era possibile dedurre dedurre i comportamenti umani da un'unica premessa maggiore.

Descritta ad ampie linee la psicologia di Mill, occorre sapere che egli accettò per alcuni aspetti la sociologia comtiana, anche laddove essa veniva a negare i principi utilitaristici.
Scrive ancora Nicola Abbagnano: «Compito della sociologia dev'essere la scoperta di una legge di progresso che una volta accertata, rende possibile predire gli eventi futuri, proprio come in algebra, dopo pochi termini di una serie infinita è possibile scoprire il principio della regolarità della loro formazione e predire il resto della serie. Come Comte, Stuart Mill ammette una statica sociale e una dinamica sociale che dovrebbero spiegare i fatti della storia e determinare la direzione del suo sviluppo progressivo. Egli riproduce nelle ultime pagine della Logica quella concezione della storia che domina lo spirito romantico dell'ottocento, sia esso positivista o idealista, e si ritrova ugualmente in Saint-Simon e in Comte come in Hegel.» (Nicola Abbagnano - sta in: Storia della filosofia - vol. V° - La filosofia del romanticismo - TEA - Milano, 1995)

continua: l'economia politica di Stuart Mill