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John Stuart Mill
Il contesto della giustificazione
Per Stuart Mill il contesto della giustificazione
era di pertinenza della logica, e la citazione
riportata nel primo capitolo, spiega abbondantemente
che cosa intendesse per logica il filosofo.
Ovviamente sarebbe sbagliato credere che
logica e filosofia della scienza siano la
stessa cosa. Alla luce di quelle che sono
le concezioni attuali, tuttavia, non sarebbe
sbagliato considerare la logica di Mill come
una vera filosofia della scienza, in quanto
logica dell'esperienza, ovvero ricerca dei
criteri che assicurano validità alle asserzioni
scientifiche.
La nostra analisi si era fermata al momento
in cui Stuart Mill si era chiesto se il principio
di causalità universale fosse o meno dimostrabile.
La difficoltà nella quale si era imbattuto
Mill consisteva nel fatto che egli aveva
visto una sorta di circolo vizioso per il
quale la validità del metodo induttivo era
garantito da induzioni.
Ora, a posteriori, dal nostro attuale punto
di vista, la stragrande maggioranza degli
epistemolgi è convinta che il concetto di
causalità sia da archiviare e che sia molto
preferibile il concetto di condizione.
Ciò che giustifica, in altre parole, una
teoria scientifica che asserisca una qualche
conformità generale del tipo esiste un principio di gravitazione universale, non è il principio di causalità, ma l'esame
delle condizioni che rendono possibile, o perfino probabile,
un determinato evento. Il che porta diritto
ad un riesame del contesto della scoperta,
ma in una accezione del tutto nuova, ovvero
centrata sulle condizioni stesse, soggettive
ed oggettive, nelle quali la scoperta è avvenuta.
A mio modesto parere la dottrina delle condizioni
comporta un reale ampliamento di orizzonte
e consente analisi a più largo raggio, più
precise, euristiche.
Sotto il profilo biologico, ad esempio, è
ampiamente dimostrato che la nascita della
vita sulla terra avvenne in determinate condizioni e che sia piuttosto improduttivo cercare
una causa, od anche pluralità di cause, indipendentemente
da quelle condizioni.
Ma non sarei così perentorio nella liquidazione
del principio di causalità universale, neanche
se risultasse, a rigor di logica indimostrabile.
Anzi, a maggior ragione, oserei dire che
proprio perchè indimostrabile, non si può
abbandonare a cuor leggero.
La sua forza è nell'evidenza stessa di qualsiasi
osservazione sul nostro mondo quotidiano.
Di fronte ad un principio così evidente,
non esiste inganno dei sensi che tenga. Rischieremmo
di trovarci davvero a brancolare nel buio
se non sapessimo immediatamente che la causa
di una bolletta esagerata è il nostro collegamento
a Internet, o che la causa di un raffreddore
è dovuta al fatto che non mettiamo la canottiera
alla fine di agosto o che teniamo diverse
finestre aperte in casa.
Principio di causalità e ricerca delle condizioni
non sono affatto incompatibili. Non mi pare,
inoltre, che il principio di causalità porti
diritto ad una concezione deterministica
forte, che escluda, ad esempio, il libero
arbitrio dell'uomo, o una qualche forma inferiore
di libero volere degli animali più evoluti.
Nella sfera del vivente tutte le limitazioni
alla libertà sono dovute o a situazioni di
vitale necessità (i bisogni), o a costrizioni,
o a mancanza di consapevolezza, ovvero di
coscienza. E nella sfera del non vivente,
da quando la vita umana ha assunto queste
proporzioni, questo grado di organizzazione
e di sfruttamento delle risorse, noi possiamo
anche affermare che si verificano fenomeni
quali l'effetto serra ed il buco di ozono,
che non sono determinati solo da processi
inarrestabili di tipo inorganico, ma sono
dovuti a processi fisici e chimici provocati
dalla stessa attività umana, la quale, almeno
relativamente, cioè chiaramente sottoposta
alla condizione di un pianeta ospitale e
solidale nei confronti della vita, può comunque
definirsi libera di volere.
Fatte queste precisazioni, doverose per capire
meglio quale posto occupi nella storia del
pensiero filosofico e scientifico la teoria
logica di Stuart Mill, possiamo tornare all'argomento
specifico, ovvero il contesto della giustificazione
secondo Mill.
Il confronto con Hume: sequenze causali e
sequenze accidentali
Hume aveva affermato che due eventi si possono
mettere in relazione come causa ed effetto
solo in una sequenza temporale. In più, aveva
sottolineato il carattere costante della
successione. Mill si sentì in dovere di precisare
la distinzione tra sequenza causale e sequenza
del tutto accidentale. La causa del giorno
non è la notte. Questa alternanza di giorno
e notte è dunque una sequenza del tutto accidentale,
dovuta ad altre cause. Ben diversamente stanno
le cose rispetto al che succede se mettiamo
del sodio in un bicchiere d'acqua. La causa
delle bollicine è appunto l'immersione del
sodio nell'acqua. Questa è una sequenza temporale
logica, che è costante, come potrebbero dimostrare
esperimenti ripetuti.
Il carattere specifico di una sequenza causale,
secondo Stuart Mill, è che essa risulta invariabile e incondizionata.
Il termine incondizionato ha qui il significato di non sottoposto
ad altre condizioni che la "presente
costituzione delle cose", cioè l'uniformità
dei processi naturali. Ed infatti si curò
di precisare che ciò che fu vero in passato,
le bollicine nell'acqua dopo l'immersione
del sodio, si ripeterà anche in futuro, "finchè
dura la presente costituzione delle cose."
Il carattere della sequenza accidentale è
invece sottoposto a vere e proprie condizioni.
Il giorno segue alla notte perchè si verifica
una rotazione della terra, perchè c'è una
radiazione solare e perchè non vi sono corpi
opachi, come durante un'eclisse, tra il sole
e la terra. (Ed ovviamente perchè esiste
un'atmosfera che circonda la terra.)
Ognuna delle circostanze rilevate è insieme
causa e condizione della successione di giorno
e notte.
Certamente si può avvertire una sorta di
disagio rispetto alla definizione di incondizionato a riguardo dei processi di tipo causale.
Questo tipo di asserzione lascia ampi margini
di dubbio se appena poniamo attenzione a
tutte le condizioni alle quali è sottoposto
l'esperimento dell'immersione del sodio nell'acqua,
per non parlare degli esperimenti ben più
complessi che si compiono oggi in fisica
ed in chimica. Allora facciamo un esempio
alla portata di chiunque: una semplice vaccinazione
antitetanica può provocare uno shock anafilattico.
In generale non lo provoca, ma entro determinate
condizioni lo provoca. Non possiamo dunque
dire che rispetto a questo particolare livello
del problema vi sia sempre una sequenza causale
invariabile e incondizionata che porta sempre,
pacificamente, al risultato della conquista
dell'immunità al tetano.
Si danno dunque diversi livelli di possibili
sequenze causali, e quelle invariabili ed
incondizionate, in assoluto, probabilmente
non esistono nemmeno, anche se, facendo un
esempio che mi è consono (perchè sono in
primo luogo un cuoco e non un filosofo),
tutte le volte che accendiamo il fuoco sotto
il pentolone dell'acqua, abbiamo la relativa
certezza che essa bollirà, se: 1) abbiamo
pagato la bolletta e il gas verrà regolarmente
erogato durante la cottura. 2) se non si
verifica un terremoto. 3) se il palazzo non
esplode perchè l'inquilino del piano di sopra
ha lasciato aperto il rubinetto del gas e
poi è andato in ferie.
Il carattere di queste condizioni è sia altamente
improbabile che paradossale. Ma non per questo
manca di realismo, cioè di un atteggiamento
mentale veramente aperto a tutte le possibilità.
E' questo, dunque, un chiaro esempio dell'imprudenza
milliana, di una certa frettolosità ed imprecisione
nel definire isolatamente la causa rispetto
alle condizioni. Ma che dire di chi parla
solo di condizioni dimenticando la causa?
Posso solo osservare che si affermasse un
principio del genere in giurisprudenza, non
vi sarebbero più responsabili di azioni delittuose,
ma solo condizioni entro le quali si potrebbero
verificare. Saremmo all'assurdo.
In conclusione potremmo asserire che, in
genere, le sequenze veramente causali sono
meno variabili e meno condizionate di quelle
accidentali, ma non per questo possono definirsi
incondizionate. Su questa base, che è sicuramente
più solida di quella presentata come prototipo
da Mill, noi navighiamo nella vita e nei
meandri della ricerca scientifica, o storica,
o antropologica, con la certezza di non essere
mai certi al mille per mille, ma nemmeno
in balia di quelle assurde incertezze cui
conduce lo scetticismo.
La giustificazione di ciò che giustifica
In implicita polemica con Bacone, che aveva
rognosamente criticato Aristotele sia per
l'importanza assegnata da questi al sillogismo,
cioè al metodo deduttivo, sia perchè il metodo
induttivo usato dallo stagirita era basato
sull'orribile enumerazione semplice (puerile
ed esecranda secondo Bacone), Mill dovette
recuperare proprio il concetto di enumerazione
semplice per uscire dal circolo vizioso dell'induzione
che giustifica l'induzione.
L'enumerazione semplice non è altro che fare
degli esempi concreti come quello del sodio
nel bicchiere d'acqua o dell'acqua che bolle
se posta in una pentola sul fuoco. Bacone
giudicò puerile l'enumerazione semplice perchè
sarebbe puramente logica (ovvero astratta)
e non morderebbe nella realtà. Inoltre sarebbe
sempre esposta al pericolo di essere confutata
da un andamento diverso delle cose, cioè
dalla variabilità dei fenomeni e dalla presenza
di condizioni diverse.
Che questo non sia un procedimento astratto,
lo possono capire anche i sassi: muove dai
fatti. Che non presenti alcun pericolo per
la verità è altrettanto evidente. Bacone
confuse la verità con la teoria, ed era più
preoccupato del destino della teoria che
di quello della verità. Per questo elevò
tale tipo di critiche del tutto fuori bersaglio.
Se un fatto smentisce una teoria, non possiamo
che ragionarci su. Non si capisce in che
consista il pericolo, se non si chiarisce
chi corre il pericolo.
Al metodo dell'enumerazione semplice Bacone
oppose il metodo della raccolta graduale
di tutti i dati necessari ad una induzione
veramente ben fondata, cioè costruita sulla
storia naturale e sperimentale.
Ora, a prescindere dal fatto che senza una
fase puerile non ci può essere una fase matura,
e che Bacone potè polemizzare con i sofismi
presunti di Aristotele solo perchè ci fu
un vero Aristotele, cioè una mente sintetica,
e non solo una tradizione o empirica, o razional-deduttiva,
sempre in opposizione irriducibile, appare
evidente che Bacone venne ad esagerare in
modo davvero inaccettabile il ruolo dell'induzione
sistematica a scapito di una negazione altrettanto unilaterale
della deduzione. Ma senza deduzione non ci
può essere scienza; senza la determinazione
dell'area e del contesto in cui una determinata
affermazione generale è valida, noi brancoliamo
nel buio. Senza misurazione, cioè senza matematica,
non ci può essere nemmeno statistica, che
ha la sua decisiva importanza per determinare
con quanta frequenza ed a quali condizioni
si verifichi un fenomeno.
Bacone riservò una eccezionale attenzione
alla qualità dei fenomeni, ma non prestò
alcuna attenzione alla loro quantificazione,
quindi alla loro reale incidenza in termini
di peso e proporzioni. E senza queste quantificazioni
si arriva a degli assurdi quali la teorizzazione
che il calore e la luce, cioè fenomeni della
materia-energia, siano "forme",
nonchè, ancora più assurdo, che queste "forme"
siano leggi. «La forma del caldo o
della luce - scrisse Bacone - è dunque la
stessa cosa della legge del caldo o della
luce.»
Più che il pensiero di un induttivo questo
sembra il delirio di un mistico a cui sia
stata rubata la poesia. Non se la luce abbia
costituzione ondulatoria o corpuscolare,
ma la "forma", come se non fosse,
semmai, vero il contrario, ovvero che tutto
il resto delle cose ha forma grazie alla
luce, ma che la luce non ha altra forma che
quella delle cose illuminate a partire dalla
propria sorgente.
Avremo un cono di luce laddove la sorgente
sia limitata, avremo un dispiegamento della
luce laddove essa sia liberata a 360°.
Alla luce di queste considerazioni, polemiche
fin dove serve a chiarire l'equivoco di un
Bacone ispiratore della moderna filosofia
della scienza, tornando a Mill, possiamo
solo aggiungere che la giustificazione del
metodo induttivo sta appunto, storicamente,
nell'enumerazione semplice, la quale ha prodotto
le evidenze necessarie alla formulazione
del principio di causalità.
Non c'è alcuna altra dimostrazione possibile,
anche se questa non è propriamente una dimostrazione.
L'elaborazione di un sillogismo avente come
premessa maggiore tutte le spiegazioni circa la vera ragione
di un evento ricorrono al concetto di causa, e come minore questa è la spiegazione di un evento, avrebbe come conclusione pertanto anche questa ricorre al concetto
di causa. E ciò porterebbe diritto al paradosso delle
classi di Bertrand Russell. Anzi, devo dire che, secondo me, Bertrand
Russell trasse evidente ispirazione da Stuart
Mill per elaborare il suo particolare rompicapo
culminato nella teoria dei tipi.
continua: Una scienza dell'uomo?