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John Stuart Mill
Mill contro Comte e Spencer (soprattutto contro Spencer): il vapore spinge la nave, ma è il timoniere a guidarla
Da una serie di articoli apparsi sulla Fortnightly Review Mill ricavò il contenuto per un opuscolo
intitolato Auguste Comte and Positivism, che venne pubblicato solo nel 1865. Dunque:
le critiche, ed anche gli apprezzamenti,
che Mill rivolse al sistema comtiano risalivano
ad un periodo precedente. Questo spiega perchè
ci occupiamo prima di opere pubblicate dopo,
e rinviamo ai prossimi capitoli l'esame degli
scritti Sull'utilitarismo e quelli sulla filosofia di W.Hamilton,
pubblicate rispettivamente nel 1861-63 e
nel 1865.
Tornando al System of Logic di Mill, si ha ben chiaro che il primo a
dissentire fu lo stesso Comte. Aveva accolto
l'opera molto freddamente e, probabilmente,
non l'aveva nemmeno letta del tutto, come
suo solito.
Con il System, Mill aveva di fatto affermato l'autonomia
della logica ( e della psicologia) dalla
scienza, e, quindi, aveva riconosciuto il
diritto di pensare indipendentemente dalle
scienze, anche se non ignorandole, ovviamente.
Per Mill non furono le scienze a fondare
la logica, ma viceversa la logica a fondare
le scienze. Quando Bertrand Russell si impegnerà
a fondo per dimostrare che la matematica
è parte della logica, finirà per tentare,
controvoglia, di dare ragione a Mill, anche
se Russell non provò mai alcuna simpatia
per Mill e per il metodo induttivo.
Nel Saggio sulla libertà, Mill aveva inoltre chiaramente postulato
il diritto ed il dovere di dissentire dalla
tirannia dell'opinione dominante, qualunque
fosse, non in nome di un astratto ribellismo,
ma in nome della stessa ricerca della verità completa, la quale non può essere in possesso di
un solo uomo, di una sola scienza, o di un
solo partito. O lo può essere solo in circostanze
eccezionali, e su argomenti estremamente
limitati. Del resto, persino per avere un
ritratto veritiero di noi stessi, dobbiamo
in qualche modo ricorrere anche agli altri,
agli amici, ad uno psicologo, o comunque
possedere una conoscenza della psicologia
per rifletterci in essa.
Per Mill il metodo di conoscenza, il modo
di conoscere, era dunque una sorta di filosofia
prima, che era indiscutibilmente soggettiva
ed individuale, anche se, diventando oggetto di studio, veniva posta ovviamente in modo
oggettivo, come dato caratterizzante comune
agli esseri umani. Come sottolinea Stefano
Poggi nel volume Il Positivismo, la comunità scientifica, compresa quella
tedesca, fu più propensa ad accogliere le
idee di Mill, piuttosto che quelle di Comte.
Lo stesso filosofo francese E.Littré, difensore
d'ufficio di Comte e critico di Mill, aveva
finito con il concordare con Mill sul carattere sperimentale del processo conoscitivo.
Ma le riserve ed i dissensi di Comte al pensiero
di Mill rimasero sempre piuttosto impliciti.
Ciò desta qualche perplessità, ma esaminando
alcuni fatti nella vita privata di Comte,
si può forse arguire che il suo comportamento
fu dettato da opportunismo.
Comte fu infatti aiutato da Mill in più di
una circostanza. In particolare gli aveva
procurato un sussidio da Grote e Molesworth,
quando Comte era stato escluso dal ruolo
di esaminatore dall'Università di Parigi.
(La notizia in La Misura del mondo, di Lionel Robbins, cit.)
Secondo Robbins, Mill cominciò a prendere
le distanze da Comte quando venne a conoscere
il suo pensiero sulle donne, derivato dalla
frenologia. Da un lato egli le considerava
oggetti degni di adorazione, dall'altra le
considerava esseri inferiori e meno intelligenti.
E in questa vicenda giocò un ruolo decisivo
Harriet Taylor, che, leggendo le sue lettere,
giudicò Comte un uomo arido.
In realtà Mill aveva già preso le distanze
da Comte, ben prima, e come abbiamo visto,
proprio in ragione della frenologia e della
psicologia.
Più obiettivo della moglie, Mill non rinnegò
mai i lati apprezzabili del pensiero comtiano.
Scrive Poggi: « Mill respingeva il
giudizio che Spencer aveva espresso nel suo
saggio sulla classificazione delle scienze
nel 1864 circa la scarsa originalità delle
concezioni comtiane, ritenute nient'altro
che un aspetto della "eredità comune"
del pensiero moderno. Comte - affermava Mill
- aveva messo in evidenza con grande forza
e persuasività il carattere non assoluto
della conoscenza umana. Continuando ad esprimere
consenso nei confronti della concezione comtiana
dei tre stadi di sviluppo della conoscenza
umana, Mill giudicava in modo favorevole
anche l'impostazione data nel Cours alla questione della classificazione delle
scienze. » (cit.)
Per Mill, Comte aveva saputo individuare
la dinamica del rapporto tra lo sviluppo
della conoscenza e la costruzione della teoria
scientifica. Al contrario, Spencer non aveva
colto la relazione tra "scienza astratta"
delle leggi di natura e conoscenza concreta
dei fenomeni, e non aveva intravisto che
di ogni legge si poteva dare una infinita
possibilità di combinazione con altre leggi.
Scrive ancora Poggi: « Ora, a giudizio
di Mill, i criteri proposti da Spencer, -
che, per esempio, classificava chimica e
biologia tra le "scienze concrete"
- introducevano distinzioni assai meno pertinenti
di quelle proposte da Comte. A Spencer poteva
essere avanzata un'obiezione radicale: egli
aveva posto mano ad una classificazione delle
"verità" della conoscenza scientifica
sulla base non dell'oggetto di tali verità,
ma di irrilevanti differenze "nel modo
in cui veniamo a conoscerle". Se - rilevava
Mill - "la legge di inerzia (considerata
come una verità esatta) non è il risultato
di una generalizzazione delle nostre percezioni
dirette, ma è il risultato di una inferenza
compiuta combinando con i movimenti che vediamo
quelli che noi dovremmo vedere se non ci
fossero della cause perturbatrici",
ciò forse fa una grande differenza? Nell'un
caso e nell'altro la certezza di avere una
verità esatta è la medesima: "ogni legge
dinamica viene portata a pieno compimento
anche quando sembra essere del tutto contestata."
Si pensi solo - concludeva Mill - a quante,
per esempio, sono le verità della fisiologia
conosciute solo in modo indiretto: ciò non
impone tuttavia di farne qualcosa di astratto nel senso di Spencer, da espungere dunque
dal corpo della scienza.» (idem)
A mio avviso il modo con il quale veniamo
a conoscere non è del tutto irrilevante,
come afferma troppo perentoriamente Mill,
ma certo è che questo non può essere il metodo
con il quale si possono ordinare le scienze,
le quali peraltro sono già state ordinate
dalla storia della scienza, autonomamente,
dagli scienziati e non dai filosofi. Ciò
che fa di una scienza una scienza è indubbiamente
il suo oggetto e, per rimanere ad una che
mi è particolarmente consona, la medicina,
è indubbio che essa in primo luogo ha un
oggetto, la malattia e la salute psicofisica
di tutti gli individui umani, ed ha anche
nel tempo, elaborato un suo metodo conoscitivo
adatto ad una conoscenza generale di tutto
ciò che è comune agli individui umani, anche
nel senso di eccezioni al comune, ed è questo che la rende nella
stragrande maggioranza dei casi affidabile.
Ma il problema è che noi non abbiamo mai
direttamente a che fare con la scienza medica,
ma con dei medici, degli infermieri, degli
ospedali, delle analisi e delle terapie,
dei medicinali e del loro effetto su di noi.
Il lato concreto della scienza è questo:
la sua applicazione mediante individui che
agiscono in virtù di quel sapere generale
e di come è stato tradotto in applicazione
particolare.
Allora è chiaro che la distinzione spenceriana
tra scienze astratte e concrete è del tutto
arbitraria. La scienza è concreta quando
un operatore la applica. La scienza medica
è concreta quando esiste un medico che, conoscendola,
la applica.
Era comunque vero che Comte aveva eluso e,
comunque, molto sottovalutato il problema
delle inferenze induttive.
E il luogo e la sostanza della sottovalutazione
stava nel concetto di causalità. Per il filosofo francese un fatto fisico può essere la causa di un
altro solo secondo la legge di successione, e quindi
solo in questo senso poteva essere oggetto
di conoscenza scientifica.
Per Mill si davano leggi di successione e
leggi di coesistenza. Non solo: una cosa
sono le leggi di causazione ed un'altra ancora
sono le successioni: il fatto che la notte
segua il giorno, non dimostra affatto che
il giorno sia causa della notte.
Mill criticò inoltre la rinuncia di Comte
ad avvalersi della prova e dunque dell'esperimento.
Per Comte, come sottolinea Stefano Poggi,
" la strutturazione teorico-sistematica
della conoscenza" era "qualcosa
di soggettivamente utile" . Veniva semplicemente
incontro all'esigenza umana di "ottemperare
ad una istintiva predilezione per l'ordine e
l'armonia."
Mill osservò che "in tal modo veniva
operato il completo stravolgimento dei principi essenziali
che formano la concezione positiva della
scienza."
Poggi, per la verità, non mi sembra sia stato
in grado di spiegare bene questo tipo di
critica.
Ci proverò immodestamente io. Se poniamo
la soddisfazione interiore di questa ricerca
di armonia a fondamento dei nostri giudizi
e delle nostre valutazioni scientifiche,
cioè della nostra interpretazione dei fatti,
mettiamo il soggettivo, la nostra fantasia,
il nostro desiderio che le cose stiano così,
in luogo dell'oggettivo rilevamento, che
invece porta a dire: le cose stanno così, anche se mi dispiace.
Non si tratta quindi di una critica di poco
conto, di un rilievo ad una svista comtiana,
ma di una osservazione fondamentale che dimostra
quanto Comte avesse una visione davvero soggettiva
e del tutto personale della scienza, tanto
ingenua quanto dogmatica.
Scrive poi Poggi:« Certamente - argomentava
Mill continuando a discutere la tesi di Comte
- la "parte intellettuale" non
è "la parte più potente della nostra
natura"; in se stessa, ne è anzi una
delle più deboli. La "parte intellettuale",
tuttavia, "guida ed agisce non con la
sua sola forza , ma con tutte le forze unite
delle parti della nostra natura che può trascinare
dietro di sé." Se è ovvio che "le
passioni, nel singolo individuo, sono una
potenza che ha più energia di una pura e
semplice convinzione intellettuale",
è anche vero che le "passioni tendono
a dividere, non ad unire l'umanità."
Le passioni possono collaborare - e non come
forze che "si neutralizzano a vicenda"
- solo se guidate da una credenza (belief)
comune", da un "risvegliarsi della
nostra intelligenza", che così abbandoni
le "aspirazioni animali" e i "desideri
più forti e rozzi".» (Poggi, idem)
Contro Spencer
Queste considerazioni di Mill culminarono
tuttavia in una critica ad Herbert Spencer
che, di fatto, investì sia Hume che Adam
Smith e la loro teoria dei sentimenti.
Spencer aveva affermato che le idee non governano
il mondo, il quale è soggiogato dai sentimenti;
le idee sono solo una guida. In sostanza
Spencer aveva contestato a Comte il suo modello
di interazione tra idee e sentimenti, e quindi
di un connubio tra passione e ragione. Mill
difese Comte, sottolineando, che sotto questo
profilo non erano state le emozioni, ma i
mutamenti intellettuali a modificare e sviluppare
le più importanti conoscenze.
Possiamo parlare a questo proposito di un
platonismo milliano, che si evidenzia in particolare
in questa citazione: « Affermare che
le convinzioni intellettuali degli uomini
non determinano la loro condotta è come affermare
che la nave è mossa dal vapore e non dal
timoniere. Certamente , il vapore è la potenza
motrice; il timoniere, lasciato a se stesso
, non potrebbe fare avanzare la nave d'un
pollice, eppure sono la volontà e le conoscenze
del timoniere che decidono in quale direzione
la nave muoverà. » (da: Auguste Comte and the Positivism)
Sul fatto che ciò sia vero non ci sono dubbi;
ma è altrettanto vero che ci sono infiniti
individui umani che, in ogni epoca ed in
ogni regime sociale e politico, sembrano
davvero navi senza timoniere e questo, tutto
sommato, rende una qualche ragione anche
a Spencer. Con ciò, inoltre, bisognerebbe
sempre ricordare che negli individui migliori
c'è sempre una passione fondamentale, ovvero
una tensione alla scoperta che non si può
spiegare solo come razionale. E le scoperte
non si fanno solo a tavolino. Occorre, a
volte, anche rischiare, cioè sfidare coraggiosamente
i propri limiti fisici e mentali, vincendo
paure del tutto razionali quali quello di
sperimentare un salto nel vuoto con il paracadute
per vedere se è vero che con questo strumento
siamo in grado di rallentare la velocità
di caduta.
continua: Utilitarianism