Tutti i processi: Sme-Ariosto
I FATTI
IL CASO Sme (l'azienda che riuniva le attività agro-alimentari
controllate dall' Iri) comincia il 29 aprile del 1985, quando l'allora
presidente dell'Iri, Romano Prodi, e Carlo De Benedetti, all'epoca presidente
della Buitoni, raggiungono un'intesa in base alla quale l'Iri avrebbe ceduto
l'intera sua partecipazione nella società alimentare, pari al 64,36% del
capitale. Buitoni ne avrebbe rilevato il 51%, mentre il rimanente 13,36% sarebbe
stato rilevato da Mediobanca e Imi, che avevano assistito le parti. L'incasso
previsto per l'Iri era di 497 miliardi di lire.
L'annuncio provocò
polemiche da parte di alcune forze politiche, soprattutto il Psi di Bettino
Craxi, allora presidente del Consiglio. All'Iri arrivarono tre nuove offerte da
parte della Iar (Barilla, Ferrero e la Fininvest di Silvio Berlusconi),
della Cofima e della Lega delle Cooperative. L'allora ministro delle
Partecipazioni statali, Clelio Darida, invitò l'Iri a compiere un esame
comparativo delle offerte. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio,
Giuliano Amato, e lo stesso Prodi, affermarono in un comunicato congiunto che il
documento firmato con Buitoni era un'intesa preliminare e non un vero e proprio
contratto, mancando l'autorizzazione ministeriale.
Contro questa decisione De Benedetti citò l'Iri davanti al
tribunale di Roma. Sia in primo sia in secondo grado, però, i giudici non
accolsero le tesi della Buitoni. Nel 1995 e fino al 1996, la
compagna di Vittorio Dotti, Stefania Ariosto, il teste Omega del pool di "mani
pulite", raccontò ai magistrati alcuni fatti di corruzione di cui era a
conoscenza. E questi portarono alla incriminazione degli imputati: nel maggio
del 1998 i nomi di Silvio Berlusconi, Cesare Previti, Renato Squillante e
Attilio Pacifico furono iscritti nel registro degli indagati. Secondo l'accusa,
avrebbero concorso per aggiustare la sentenza del tribunale civile di Roma che
annullò l'accordo tra Iri e De Benedetti. Il processo è cominciato a marzo
del 2000.
L'ACCUSA
Silvio Berlusconi, che insieme a Michele Ferrero e Pietro Barilla nella cordata IAR tentò l'acquisto della SME,
è accusato di avere corrotto, tramite gli avvocati Cesare Previti e Attilio Pacifico,
i giudici del Tribunale di Roma Filippo Verde (200 milioni) e Renato Squillante (100 milioni),
dopo che la sentenza sfavorevole a De Benedetti è stata resa definitiva in Cassazione.
LA SITUAZIONE
Dopo varie peripezie il processo si conclude in primo grado
con la sentenza che prevede 5 anni a Cesare Previti, 4 all'avvocato
Attilio Pacifico, 8 all'ex capo dei gip di Roma, Renato Squillante
riconosciuti colpevoli i primi due di corruzione semplice e il terzo di
corruzione in atti giudiziari. Assoluzione per l'ex giudice Filippo Verde e per
l'ex pm Francesco Misiani che era accusato di favoreggiamento.
Nel gennaio 2002 il ministro della Giustizia Roberto Castelli decide di non ritenere valida la proroga,
concessa a suo tempo dalla Direzione del Ministero della Giustizia, al giudice Guido Brambilla
per continuare a far parte del collegio giudicante del processo SME, mettendo a rischio
la continuazione del processo. La contromossa del presidente della Corte d'Appello di Milano, che
ha firmato l'applicazione del giudice al Tribunale ordinario, ha permesso la prosecuzione regolare
del processo.
Nel maggio 2003 Berlusconi decide di fare una dichiarazione spontanea al processo nel quale si
vanta di ciò che ha fatto sul caso SME, rilanciando l'accusa di presunte tangenti ad una corrente
della DC, tirando in ballo Romano Prodi. Chi sapeva dei fatti era Craxi (oggi morto) e Giuliano Amato
(che nega ogni cosa).
Il processo che vede imputato Silvio Berlusconi è stato stralciato dal processo degli altri imputati
e procede parallelamente, a causa della sua mancata disponibilità ad essere in aula per giustificati
impegni istituzionali.
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