6) Afghanistan: interviste e articoli

                

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  Perché una guerra - Interviste e articoli
Afghanistan
1. Due parole sulla situazione
2. Notizie sul paese
3. La storia

OSAMA bin Laden
1. Chi è
2. Chi è (2)  
3. Notizie in inglese

TORRI GEMELLE 11/09/2001
1. Attentato
2. Riepilogo
3. Il WTC
4. Una falla
5. Allarme G8
6. Commento di un pilota
7. ICT - Un pilota spiega la dinamica

INTERVISTE E ARTICOLI
1. Afghanistan, la storia vera
2. Una guerra di bugie
3. Quello che non sappiamo
4. L'informazione blindata
5. Non è una guerra al terrorismo     6. Guerra del petrolio               7. Una guerra segreta         8. Il sonno della ragione  9. Congratulazioni, America!



 

6.  Guerra del petrolio

RAI.it/società/homepage

RADIO3MONDO

NUOVI SCENARI NELLA GUERRA DEL PETROLIO

Intervista a Gianmaria Gros-Pietro, presidente dell'Eni

TRATTO DA RADIO3MONDO

22/11/2001

 

Sta "scoppiando una guerra" tra Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries) e Russia? C'è in atto una guerra dei prezzi o delle quote?
No. No, non mi sembra che ci sia in atto una guerra; c'è in questo momento un calo forte della domanda di petrolio, il che richiederebbe una diminuzione dell'offerta. Tuttavia, una riduzione dell'offerta non si produce, e quindi l'Opec si è fatta carico di ridimensionare spontaneamente la produzione, però vorrebbe che anche la Russia, che è un grande produttore, facesse altrettanto. Quindi non c'è una guerra, ma un braccio di ferro, che è un fatto normale tra i cartelli.

Ricordiamo che il prezzo del petrolio è sceso da 30 dollari  a 20 dollari più o meno.
Sì. Le ultime quotazioni si attestano a 19 dollari al barile, per il Brent, ed il paniere a cui fa riferimento l'OPEC, che è quello del Golfo Arabico, vale almeno 1 dollaro di meno.

Lo scorso fine settimana, in una riunione dell'OPEC a Vienna, ci sono state delle dichiarazioni per far scendere il prezzo fino a 10 dollari al barile. Ma un fatto del genere metterebbe fuori causa il petrolio americano e probabilmente anche quello russo.
Sicuramente. Un livello di prezzi del genere si è già verificato tra il '97 e il '98, quando l'Opec operò un errore congiunturale aumentando l'offerta quando la domanda stava scendendo. Oggi l'Opec può agitare questo spauracchio. La minaccia è di questo tipo: "Se nessuno ci aiuta a sostenere il prezzo del greggio, allora ognuno produce ciò che è in grado di produrre". Il costo di estrazione del petrolio quando la perforazione è stata fatta, è molto basso e quindi si può scatenare una guerra dei prezzi. L'Arabia Saudita ed i paesi del Golfo Persico sono quelli che hanno i prezzi più bassi. Se si sviluppasse una situazione conflittuale di questo tipo, sarebbero, da un punto di vista aziendale, quelli che potrebbero reggere più a lungo un prezzo del petrolio molto basso; non sarebbe lo stesso da un punto di vista sociale, visto che il petrolio rappresenta l'unica fonte di reddito per loro.

Noi abbiamo interesse a che si aumenti la fornitura di petrolio da aree meno a rischio di quelle del Golfo Persico. Paesi dipendenti come l'Italia preferiscono avere una pluralità di fonti e quindi una pluralità di apporti, quindi il nostro interesse è rivolto all'area russa o del Mar Caspio.

Beh certamente. Sta toccando un punto delicato. Da un certo punto di vista si potrebbe pensare, che noi e i paesi consumatori abbiamo interesse a prezzi bassissimi. Ma prezzi bassissimi permetterebbero di estrarre solo i petroli del golfo. Mentre invece ci sono altri giacimenti come Russia, Mar Caspio ma anche i giacimenti non convenzionali come le sabbie bituminose del Canada che presto saranno commerciabili, che richiederebbero prezzi attorno ai 20 $ al barile.

E quanto risparmierà l'Italia adesso con l'abbassamento del prezzo, visto che è passato da 30 dollari  a 18 dollari?
Beh, questo è difficile dirlo con esattezza, perché le oscillazioni sono giornaliere, ma indubbiamente il risparmio sulla bolletta si misura in migliaia di miliardi di lire.

E' andata in giro ultimamente, anche via internet, la testimonianza del 1998 del Vice presidente dell'UNOCAL, una grande compagnia petrolifera americana. John Maresca, aveva detto di fronte al Congresso, quindi sotto giuramento, che serviva sviluppare un oleodotto attraverso l'Afghanistan, soprattutto per arrivare al mercato asiatico che nei prossimi anni sarebbe un mercato ricco. Diceva che la rotta più breve e favorevole passava attraverso l'Afghanistan. Quanto incide esattamente su ciò che sta accadendo oggi?
Per quanto ne sappiamo noi dell’ENI incide piuttosto poco. La nostra opinione è che l’Afghanistan non sia una buona rotta per trasportare il petrolio dai mercati dell’Asia verso i mercati del far east.

Le ragioni sono geografiche o di sicurezza?
Le ragioni sono due. La prima è che l’orografia e cioè trasportare gas e soprattutto petrolio che è pesante su montagne alte 2000 metri, significa costruire molte stazioni di compressione per far salire il petrolio di quota e stazioni di decompressione per evitare che la pressione in discesa possa far esplodere i tubi e questo rende il processo molto costoso anche dal punto di vista della costruzione e questo vale anche per il gas che non ha peso. La seconda ragione è geografica: la rotta la sanno tutti ed è quella attraverso l’Iran perché è quella che arriva immediatamente al Golfo Persico da dove per nave si può trasportare a basso costo. Naturalmente la rotta Iran è attualmente fuori discussione per l’attrito tra Iran e Usa. E' un fattore politico che ha finora impedito la rotta migliore, ma la rotta afgana non può essere considerata una rotta tranquilla da un punto di vista politico.

La Russia chiede di diventare membro effettivo dell’Opec.
L’Opec gradirebbe molto la collaborazione russa. La Russia da un certo punto di vista ha interesse a stabilizzare il prezzo del greggio perché è una grossa fonte di reddito per il paese ma non ci sono motivi contro. La Russia sta privatizzando il settore idrocarburi e quindi non si vede come un governo possa chiedere a delle compagnie private di restringere una produzione che in percentuale è conveniente. Sarebbe una contraddizione per il processo di liberalizzazione in Russia.

Nell’incontro tra Bush e Putin si è parlato anche di questo?
Non si può escludere perché è una riflessione che può essere fatta. Una riflessione, che va al di là delle mie personali conoscenze, è che l’Amministrazione Bush ha dichiarato di voler ridurre la propria dipendenza dai greggi di importazione, soprattutto quelli del Golfo. Ma questa riduzione implica una stabilizzazione dei prezzi del petrolio a livelli che rendono convenienti le risorse di diversa collocazione geografica: quelle russe, caspiche, canadesi, venezuelane e così via.

Quale potrebbe essere il punto di equilibrio?
Il punto di equilibrio potrebbe essere 18-20 dollari. Ma questo non significa affatto che si sia trovato un punto di accordo e che lo si sia cercato tra i paesi dell’Opec e gli Stati Uniti.

 

 

 

Questa pagina è stata aggiornata domenica 23 marzo 2003.

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