1. Afghanistan, la storia vera
Collettivo di fisica,
gruppo "guerra e pace"
Università "La
Sapienza" - Roma
Per
informazioni e contatti: www.collettivo
di fisica.it
collettivo@collettivodifisica.it
e-mail del Collettivo
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e-mail del gruppo "guerra e pace"
(Cos'è
il Collettivo di
Fisica?)
07/12/2001
Note
per il lettore
I
) Questo lavoro è ancora in via sperimentale. Infatti, rispetto alla
mole del materiale trovato dagli autori durante la fase di ricerca, il
dossier è troppo sintetico e poco dettagliato. Esso è da intendersi in
realtà come un'anticipazione del lavoro definitivo che, se va bene,
nelle intenzioni degli autori dovrebbe essere pronto nel mese di
gennaio. Comunque in via generale, tra le fonti dirette o indirette
usate, possiamo citare: "Limes", "Le Monde Diplomatique",
"Il Manifesto", la rivista "Scienza e Vita" del
marzo '98, materiale reperito sul sito www.italy.indymedia.org,
il libro "Afghanistan anno zero" di Giulietto Chiesa &
Vauro, il dossier "NATO" a cura della rivista Guerre&Pace
che a sua volta riprende fonti da "The Economist" e "International
Herald Tribune", nonché rapporti ufficiali del governo USA e
rapporti della multinazionale petrolifera Unocal.
II
) Il lavoro è diviso in tre parti:
1)
L'Asia centrale, val bene una (o più) guerre?
2) Giochi di potere in Afghanistan (parte prima)
3) Giochi di potere in Afghanistan (parte seconda)
-
La prima parte forse può risultare un po' noiosa ma è essenziale per
capire bene il resto.
Afghanistan,
la storia vera
L'ASIA CENTRALE VAL BENE UNA (O PIÙ) GUERRE ?
· Che fine ha fatto la Russia?
L'8 dicembre 1991
l'URSS cessa di esistere. Al suo posto nasce la Comunità di Stati
Indipendenti (CSI) formata dalla Russia e dalle ex-repubbliche
sovietiche.
Da quel momento è veramente finita la guerra fredda e con essa il lungo
periodo di tensione internazionale?
Secondo il generale USA W. E. Odom "la scomparsa della minaccia
sovietica non ha reso obsoleto il sistema di sicurezza guidato dagli USA
e creato per contenerla; l'idea diffusa che la fine della guerra fredda
abbia rimosso il bisogno di una leadership degli USA nelle tre
aree strategiche (Europa, Giappone-Corea, Golfo Persico-Asia Centrale
ndr) è pericolosamente sbagliata", "anzi è divenuta più
importante proprio per il collasso dell'URSS. Questo è certamente vero
nel Transcaucaso e nell'Asia Centrale".
La caduta della Russia rende appetibili le ex-repubbliche sovietiche,
ora accessibili al mercato occidentale, sostanzialmente per due ragioni:
una, di carattere prettamente economico, scaturisce dal bisogno
dell'Occidente di espandere il suo mercato, ormai stagnante, in nuove
aree e di impossessarsi delle notevoli risorse naturali, ancora
inesplorate, presenti in alcuni di questi Paesi; l'altra, di natura
strategica, nasce dal desiderio di accerchiare la Russia, pur sempre
potenza nucleare, attraverso una strategia a tenaglia.
A nord la Nato comincia ad allargarsi, senza incontrare troppi ostacoli,
verso l'Europa Orientale e i Paesi baltici, mentre a sud procede la
penetrazione statunitense nel Caucaso e nell'Asia Centrale.
E' soprattutto qui, in Asia Centrale, che si apre il cosiddetto
"Grande Gioco", sia in quanto si tratta di una zona ancora da
spartire, sia perché essa è ricca di risorse naturali.
· Che cosa c'è
di tanto "speciale" in Asia Centrale?
Soffermiamo la
nostra attenzione sulla zona del Turkestan occidentale, che comprende
Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan e Kirghizistan.
Si tratta dei 5 Paesi ex-sovietici meno evoluti, trovatisi, all'atto
dell'indipendenza dall'URSS, alle prese con i problemi di una confusa
transizione economica dovuta all'obsolescenza del preesistente apparato
industriale.
La prima risorsa di questi Paesi è l'agricoltura, sebbene pessime
politiche agricole, quali la monocoltura del cotone e l'eccessivo
sfruttamento agricolo, abbiano causato veri e propri disastri
ambientali. Tuttavia questa parte del Turkestan riveste un forte
interesse per il Grande Gioco asiatico, che si riassume così: vi è
abbondanza di fonti energetiche e materie prime ancora da sfruttare, si
tratta di zone di transito per gasdotti e oleodotti; inoltre questi
Paesi sono grandi produttori di oppio e vie di passaggio per le droghe
orientali. La politica di questi Paesi è un giochino ben noto: hanno
bisogno di riforme strutturali, ma non hanno i soldi per realizzarle;
con riforme fittizie che migliorano alcuni indicatori economici, ma non
il reddito pro-capite, cercano disperatamente di attirare i capitali
stranieri.
Tutte queste repubbliche sono zeppe di idrocarburi e di materie prime:
in particolare si segnalano Uzbekistan per gas e oro, Kirghizistan per i
metalli, mentre per il gas soprattutto il Turkmenistan.
Quest'ultimo nel 1998 è stato il 4° produttore mondiale di gas, che al
95% viene esportato. Ecco qualche dato circa gli investimenti stranieri,
considerando che spesso insediamento economico ha significato anche
penetrazione militare; è il caso di Uzbekistan pieno di basi USA, e del
Tagikistan, che ospita 10.000 soldati russi.
Alcuni di questi Paesi hanno goduto di aiuti del FMI [Fondo Monetario
Internazionale, N.d.R.] e si stima che fino al 1998 investitori
occidentali e orientali abbiano speso 5 miliardi di dollari e ancor più
ne spenderanno in futuro. Vediamo qualche nome: Newmont Mining
(industria estrattiva), Technip (raffinerie), Daewoo, Siemens, Stet,
Deutsche Telekom, Coca Cola. Il settore trainante è però quello
dell'estrazione e trasporto di gas e petrolio, che vede a far la parte
del leone Russia (Gazprom), USA (Unocal e Chevron), Turchia e Cina,
settore ancor più importante in quanto chi controlla le vie del
petrolio detiene il potere.
Al momento dell'indipendenza queste repubbliche del Turkestan, tutte
desiderose di entrare in contatto con l'area del dollaro, ma prive di
sbocchi marittimi, si vedevano ancora costrette ad appoggiarsi alla rete
di trasporto dell'ex-URSS (peraltro inadeguata ai nuovi giacimenti), in
mano ad una Russia allora senza futuro e che spesso appariva più che
altro come una rivale nella "corsa all'ovest". Molto più
conveniente sarebbe stato per loro puntare direttamente verso l'Oceano
Indiano.
E' illuminante il caso del Turkmenistan, che, come vedremo, ci riporterà
all'attuale guerra. A metà degli anni '90 la Gazprom, che detiene il
monopolio dell'esportazione, si rifiuta di vendere all'Occidente il gas
turkmeno, tenendolo per sé. Il Turkmenistan guarda allora all'Iran, che
offre il suo porto di Bandar-Abbas sul Persico; questo progetto trova
l'opposizione USA che contropropone un gasdotto Caspio-Turchia (Baku-Ceyan)
e soprattutto appoggia un progetto del Pakistan che propone un gasdotto
Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan (porto di Gwadar). Questo progetto
prevedeva un ruolo di primo piano della statunitense Unocal e della
saudita Delta-Oil. Siamo negli anni in cui il regime talebano è in
buoni rapporti con gli USA e la via di passaggio rappresentata
dall'Afghanistan è aperta.
Torniamo adesso agli anni nostri e leggiamo dalla "Rivista
ENI":
Le riserve di gas (Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan) sono
dell'ordine di 15-20 trilioni di m³. Altri quantitativi si potrebbero
aggiungere a seguito di nuove attività esplorative.
Inoltre:
La distanza dai mercati potenziali, la mancanza di gasdotti per le
esportazioni proiettano lo sfruttamento delle riserve di gas in una
prospettiva temporale di lungo termine. Le alternative di trasporto al
sistema russo verso i mercati europei, verso l'Oceano Indiano o verso la
Cina hanno il problema dei transiti attraverso l'Iran (sottoposto ad
embargo americano) o l'Afghanistan (la cui situazione interna è sempre
fluida - eufemismo sostitutivo di " condizione perenne di guerra
civile"- ndr), oppure comportano investimenti che rendono, ad oggi,
il gas centroasiatico meno competitivo rispetto a quello proveniente da
altre aree.
· Il nuovo
Grande Gioco
Cerchiamo ora di
disegnare una mappa delle strategie effettive messe in atto dal governo
USA, in completo accordo con gli interessi delle multinazionali.
Esaminiamo ora un documento di A. W. Burke della Logistica del corpo dei
marines scritto per l'ultimo numero del '99 su "Strategic
Review", dello U.S. Strategic Institute di Boston, in commento del
documento presidenziale "National Security Strategy" del
30/10/1998: "L'insieme dei campi energetici della regione Asia
centrale-Medio Oriente contiene la più grande concentrazione mondiale
di riserve di idrocarburi e merita l'attenzione statunitense. Assicurare
alle compagnie USA la leadership nello sviluppo delle risorse
nella regione e azzerare l'influenza russa e iraniana sull'esplorazione
e sviluppo dei campi energetici, nonché sulle direttrici delle pipelines
[oleodotti, N.d.R.] per l'esportazione costituisce la
base di quella politica."
Seguono raccomandazioni che così riassumiamo:
1. Pieno supporto alla realizzazione delle condotte transcaspiche (tra
cui la Baku-Ceyan) che avrebbero il pregio di mettere fuori gioco le vie
controllate da Iran e Russia
2. Limitare la penetrazione russa nella regione
3. Sostenere la Turchia in quanto fedele alleato contro Russia ed Iran
4. Controllare l'Iran
5. Coltivare il Pakistan in chiave anti-Iran; "Il Pakistan è già
un possibile punto di passaggio per l'esportazione del gas (pur di
passare per l'Afghanistan, ndr)"
6. Aumentare la presenza militare americana in Asia Centrale istituendo
rapporti di cooperazione con i vari governi locali.
Come agiscono in questo nuovo contesto strategico le altre potenze?
Abbiamo ragione di ritenere che la condotta perseguita sia la stessa
degli USA.
L'Iran va accrescendo il suo potenziale militare da tempo e ha di
recente siglato un accordo con Mosca per rifornimenti bellici per oltre
300 milioni di dollari all'anno.
La Cina stessa ha raggiunto un importante accordo per l'acquisto di armi
dalla Russia, con la quale ha anche firmato un accordo sulla riduzione
delle truppe di frontiera, chiudendo in tal modo un conflitto sul
riconoscimento di alcuni confini che si trascinava da anni.
GIOCHI DI POTERE IN AFGHANISTAN (PARTE PRIMA )
· Prima fase: 1979-1989, la sporca guerra URSS-Afghanistan
Dal '79 al '89 si
svolge la guerra URSS-Afghanistan. Vediamo quali sono i retroscena di
questa guerra e che conseguenze ha avuto nello scenario del mondo
islamico.
Un passo indietro: il 1973 è l'anno in cui, con un colpo di stato
organizzato dal principe Mohammed Daud che detronizza il re Zahir Shah,
l'Afghanistan viene proclamato una repubblica; nel '78 il Partito
Democratico del Popolo afghano (PDPA), filo-sovietico, dà il via alla
"rivoluzione d'aprile" che porta alla nascita della Repubblica
Democratica dell'Afghanistan, sotto la guida di Mohammad Taraki.
Tuttavia le riforme del nuovo regime, volte alla sovietizzazione e alla
laicizzazione del paese, alimentano il malcontento di larghi strati
della popolazione.
E' questo il contesto in cui comincia a organizzarsi la resistenza
islamica armata.
A metà del '79 le formazioni della guerriglia islamica riunite in un
unico fronte di resistenza sostenuto da Iran, Pakistan, Cina,
controllano quasi l'80% del territorio afghano. Taraki viene ucciso e il
PDPA si spacca definitivamente. L'URSS, di fronte alla minaccia dell'estensione
della ribellione islamica alle vicine repubbliche di Turkmenistan,
Uzbekistan e Tagikistan, decide di invadere l'Afghanistan oltrepassando
il confine nel dicembre '79.
Nel gennaio '80 gli Usa offrono al Pakistan un piano di aiuti economici
e militari per arrestare l'avanzata dell'URSS in Afghanistan, ma era già
da tempo che la CIA tendeva la sua longa manus verso l'area in
questione. Da un'intervista a Zbigniew Brzezinsky, ex consigliere per la
Sicurezza Nazionale Statunitense, da Le Nouvel Observateur (Francia) 15
Gennaio 1998:
Brzezinsky:
Secondo la versione ufficiale della faccenda, gli aiuti ai Mujaheddin da
parte della CIA sono cominciati durante il 1980, ovvero, dopo che l'Armata
Rossa aveva cominciato l'invasione dell'Afghanistan il 24 Dicembre 1979.
La realtà, rimasta fino ad oggi strettamente celata, è completamente
diversa: è stato il 3 luglio 1979 che il Presidente Carter ha firmato
la prima direttiva per aiutare segretamente gli oppositori del regime
filo sovietico di Kabul.
Quello stesso giorno ho scritto una nota al presidente nella quale si
spiegava che a mio parere quell'aiuto avrebbe determinato un intervento
armato dell'Unione Sovietica in Afghanistan.
Domanda: nonostante questo rischio lei ha sostenuto questa azione
segreta. Ma lei stesso desiderava questo intervento sovietico ed ha
cercato di provocarlo?
Brzezinsky: non è proprio così. Non abbiamo spinto i russi ad
intervenire, ma abbiamo consapevolmente aumentato le probabilità di un
loro intervento
Come si attua la
strategia USA in questo contesto?
Il ruolo fondamentale è svolto dai servizi segreti pakistani (ISI) che
ricevono intelligence e finanziamenti da USA e Arabia Saudita
(sono questi gli anni dell'alleanza economica tra la famiglia Bush e la
famiglia saudita dei bin Laden, al cui proposito torneremo in seguito).
L'ISI gestisce autonomamente i fondi americani e la guerra contro la
Russia non viene presentata al popolo afghano e ai volontari stranieri
(che d'ora in poi chiameremo arabi-afghani) come una guerra pro-America,
ma come una jihad islamica contro gli infedeli comunisti. I pochi
ufficiali, che in realtà erano a conoscenza del vero ruolo americano,
lo hanno silenziosamente accettato, pur di abbattere l'allora principale
nemico russo.
Citiamo qualche dato: al 1987 si stima che l'America avesse fornito alle
forze della guerriglia 65.000 tonnellate di armi, fra cui i micidiali
missili Stinger, e aiuti economici fino a 470 milioni di dollari. Con
l'appoggio della CIA l'ISI arrivò ad avere uno staff segreto di ben 150.000
persone, a tutti gli effetti una vera e propria struttura parallela di
governo.
Agli inizi dell'89 è definitivo il ritiro delle truppe sovietiche e la
sconfitta russa (13.310 morti e 35.478 feriti ) contribuisce in modo
determinante alla dissoluzione dell'URSS, come ben previsto dagli
strateghi americani.
- Seconda fase
'89' 92- ascesa dei mujhaeddin
Al di là
dell'alleanza con gli USA il Pakistan ha interesse a installare un
governo islamico a Kabul subalterno ai suoi scopi. Infatti, Islamabad,
vuole "disinnescare", la questione del Pashtunistan (la
"Linea Durand" divideva in due i territori dell'etnia pashtun
tra Afghanistan e Pakistan) in senso favorevole al suo paese, così da
potersi dedicare alla ancor più delicata questione del Kasmhir (ove c'è
l'uranio) dove erano in corso guerre sanguinose con l'India.
Inoltre un governo estremista di stampo islamico-sunnita in Afghanistan
avrebbe esercitato una pressione contro il vicino Iran islamico-sciita
("bestia nera" degli Usa ), e contemporaneamente avrebbe
costituito un freno per un eventuale ritorno russo nell'area.
Questi calcoli hanno convinto gli USA a sforzarsi per sostenere la Jihad
finché con la definitiva scomparsa dell'URSS (dic.'91), l'America si
chiama fuori da un'area ormai scomoda a causa della presenza di un
pericoloso integralismo islamico da lei stessa precedentemente armato e
si dedica prevalentemente ad altre aree (per esempio il Golfo Persico
dove nel '91 scoppia la guerra).
L'alleanza dei partiti di Peshawar, che sembrava ormai chiaramente
forzata e imposta dall'esterno per interessi economici, i quali peraltro
andavano cambiando la loro direzione, si sciolse e scoppiò la guerra
civile tra le diverse fazioni della resistenza islamica. Nel 1992 i
mujaheddin tagiki sostenuti dall'Iran e fedeli a Rabbani e Massud, si
impossessano di Kabul, sottraendola all'uzbeko Dostum e ad Hekmatjar,
leader degli afghani-arabi, appoggiato dal Pakistan.
Gli scontri proseguono a fasi alterne fino al 1994, nel momento in cui
compaiono i talebani (che nel 1996 prenderanno Kabul) e Russia e USA
tornano ad interessarsi dell'area.
E' importante capire come la guerra contro la Russia prima e la
successiva guerra civile siano state il brodo di coltura di un acceso
fanatismo islamico (di impronta wahabita-saudita). Basti pensare che con
soldi sauditi e soprattutto pakistani tra il '92 e l'82 ben 35.000
musulmani provenienti da tutto il mondo hanno infoltito le fila dei
combattenti afghani. Il Pakistan in primo luogo ha creato centinaia di madrassas
e campi militari in Afghanistan, più volte usate in seguito come centri
di reclutamento e addestramento per i soldati da spedire in Kashmir,
Kossovo e Cecenia.
Fra l'altro molti combattenti hanno preso a ragionare sul fatto che, se
si era riusciti a sconfiggere l'URSS, perché non si poteva fare lo
stesso con gli Stati Uniti?
Emblematico è il ragionamento di Brzezinsky.
"D: e nessuno
di voi è pentito di avere supportato l'integralismo ed il terrorismo
islamico con armi ed addestramento?
Brzezinsky: cosa è più importante per la storia del mondo? I talebani
od il collasso dell'impero sovietico? Qualche musulmano esaltato o la
liberazione dell'Europa centrale e la fine della guerra fredda?"
L'errore (o forse
la dimenticanza) degli Stati Uniti appare ora in tutta la sua evidente
drammaticità.
GIOCHI DI POTERE IN AFGHANISTAN (PARTE SECONDA)
· Il nuovo
grande ruolo dell'Afghanistan nella partita globale
Mentre all'interno
del Paese i capi guerrieri si scontrano massacrando la popolazione
civile, all'esterno non è visibile alcuna ricerca di soluzioni
politiche per l'Afghanistan. Il mondo intero sembra voler
"dimenticare" l'esistenza di questo Paese, per cancellare i
misfatti e gli errori di valutazione commessi in questa regione.
Nel 1993 cambia il contesto strategico e l'Afghanistan, ormai
completamente disintegrato, torna a farsi importante per i grandi
manovratori delle trame del potere mondiale. La sparizione dell'URSS è
ormai irreversibile; le ex-repubbliche sovietiche vogliono divenire
luogo di approdo dei capitali americani. Teheran si offre ora come via
alternativa a i traffici dell'Asia Centrale. Consentire all'Iran di
controllare i traffici nell'area avrebbe significato ridurre l'influenza
degli Usa da un lato e dell'Arabia Saudita dall'altro sugli stati della
CSI dove venivano emergendo nuove riserve di petrolio e di gas. Era
infatti sul petrolio del Caspio che l'Iran voleva mettere le mani. In
questo momento dunque USA e Arabia Saudita si ritrovano alleati. Il
Pakistan, maggior produttore mondiale di oppio, voleva dal canto suo il
controllo delle vie della droga. Con la guerra afghana fu possibile per
il Pakistan agire indisturbato su questo territorio segnato dagli scontri
e bisognoso di finanziare i mujaheddin senza gravare sui bilanci
interni, decise di trasferire le piantagioni di oppio in Afghanistan.
Con la piena legittimazione della CIA e dell'ISI ebbe inizio un enorme
commercio di narcotici che portò l'Afghanistan a produrre, tra il '92 e
il '95, ben 240 tonn. di oppio annue.
Il 91,5 % del ricavato totale andava ai grandi centri della criminalità
organizzata sparsi nel mondo civilizzato per un valore di 9,15 miliardi
di dollari all'anno; i restanti 850 milioni di dollari criminali si
fermavano in Pakistan, consentendogli di affermarsi come potenza
nucleare.
· I talebani e
la strategia Pakistana di controllo dell'Afghanistan
Il 4 novembre del
'94 un gruppo di guerriglieri assalta nei pressi di Kandahar un
convoglio di 30 camion pakistani diretto in Asia Centrale. I taliban,
(letteralmente, "studenti di teologia coranica") compaiono per
la prima volta sulla scena come gruppo armato che dichiara di voler
proteggere la libertà di traffico e di transito in Afghanistan. Il
giorno dopo Kandahar viene presa dai talebani. Agli inizi del '95 i
talebani controllano sette province afghane su 28 e nel febbraio '95
arrivano a Kabul sconfiggendo in pochi mesi i partiti dei mujaheddin e
il governo, sempre più debole e diviso di Rabbani.
E' chiaro che il convoglio nascondesse dietro la facciata di aiuti
umanitari merci scottanti quali armi e droga.
I talebani appartengono alla setta sunnita dell'Islam (inizialmente
erano pasthun durani) e vogliono costruire una vera società islamica,
sebbene sin dall'inizio non siano chiare le loro concezioni statuali e
le loro idee costituzionali.
Tra fasi stagnanti
e momenti di rapidissime avanzate militari, sostenuti economicamente e
militarmente dal Pakistan, i talebani arrivano nel '98 a conquistare
Mazar-i-Sharif e a controllare il 90% del territorio afghano. Nella
prima tappa di questa ascesa un governo talebano filopakistano era la
carta che il Pakistan poteva giocare per soddisfare l'alleato americano,
che sosteneva fortemente il progetto Unocal di un gasdotto attraverso
l'Afghanistan. Nel 1998 tuttavia qualche ingranaggio in questo complesso
marchingegno si rompe.
Facciamo ora un passo indietro.
· Bin Laden,
gli americani e i talebani
La storia degli
affari tra la famiglia Bush e la famiglia Bin Laden comincia negli anni
'60 in Texas. Mohammad Bin Laden, sceicco saudita diventato miliardario
con commesse edili provenienti direttamente dalla famiglia reale
comincia a fare investimenti in America. Dopo la morte di Mohammad
(incidente aereo) il testimone passa al figlio Salem Bin Laden, fratello
maggiore di Osama, che "sbarca" in Texas nel '73, fondando una
compagnia aerea. Compagno di avventure imprenditoriale di Salem è il
cognato Khalid bin Mafhouz, proprietario della più grande banca privata
del mondo e banchiere della casa reale saudita. L'obiettivo dei due è
entrare nei circoli finanziari americani che contano per poter poi
condizionare la politica americana agli interessi della dinastia
saudita. L'uomo giusto da agganciare per questo progetto è in quegli
anni George Bush senior, petroliere, influente uomo politico,
direttore della CIA dal '76. C'è anche il contatto giusto: si tratta di
J. Bath, imprenditore, amico personale di George Bush junior,
agente CIA per i contatti con l'Arabia Saudita, alle dipendenze di Bush senior.
L'anno di svolta è il '78. Bush junior fonda la Arbusto Energy e
i due sauditi, tramite Bath, prestanome di Salem, contribuiscono al
capitale iniziale. In seguito Bath procurerà molti affari importanti ai
due che entreranno pesantemente nei giri giusti. Gli anni '80 vedono
l'ascesa di tutti questi personaggi. Bush senior diventa vice
presidente nell'81 e presidente nell'88; Bush junior si dà sempre
più alla finanza e nonostante le sue società sembrassero sempre a un
passo dal fallimento guadagna milioni di dollari, usufruendo di
finanziamenti dagli arabi e da tutto l'entourage di papà Bush.
Salem e Mafhouz si radicano nel tessuto economico americano. Tra l'86 e
il '90 Mafhouz acquisisce il 20% delle azioni BCCI, banca usata come
copertura dalla CIA per il riciclaggio del denaro della droga, denaro
usato tra le altre cose per finanziare i mujaheddin afghani nella loro
guerra contro l'URSS. Tra i consiglieri di tale banca siede tra l'altro
Khalifa, sceicco del Bahrein. Sempre Mafhouz è tra i finanziatori della
"Blessed Relief", Ong [Organizzazione non governativa, N.d.R.]
musulmana recentemente accusata di finanziare Osama Bin Laden (di
cui Mafhouz è cognato). Tutte queste attività portano Mafhouz al 125°
posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo secondo Forbes
[rivista economica americana, N.d.R.]. Nell'87 Mafhouz acquisisce
il 17% delle azioni Harken Energy compagnia di Bush junior;
subito dopo la Harken ottiene una commessa multimiliardaria dal Bahrein
(guarda caso) e le azioni volano alle stelle.Nell'88 però Salem muore
come il padre in un incidente aereo e nel '90 il sodalizio Bush-Mafhouz
si rompe. Bush junior, prevedendo la crisi del petrolio
kuwaitiano e la conseguente guerra del golfo (fatta dal padre) vende
tutte le azioni della Harken finché il prezzo è ancora alto; quando la
Harken fallisce Mafhouz è l'unico che ne paga le conseguenze e lo
scandalo travolge anche la BCCI che fallisce. Mafhouz dunque scompare di
scena e ripara in Irlanda. Attualmente è ricercato come braccio destro
di Osama Bin Laden.
Durante la guerra contro l'URSS il giovane Osama combatte al fianco dei
mujaheddin; pur essendo antiamericano, sceglie di approfittare del
sostegno USA contro l'URSS. Tra il '90 e il '91 si rompe il cartello
finanziario tra Bush e bin Laden e soprattutto l'America invade il
Golfo. Osama si allontana allora dalla casa reale saudita, facendosi
promotore degli interessi petroliferi locali.
Privato successivamente della cittadinanza saudita, ripara in Sudan, da
dove, grazie alle sue immense risorse finanziarie riesce a mettersi a
capo di un vasto movimento islamico antiamericano, cresciuto e
fanatizzato nel calderone delle guerre civili afghane. Messo in piedi un
vero e proprio impero del terrore, si sposta in Afghanistan, dove nel
'96, con la mediazione del Pakistan (qual fatale errore!) conosce il
mullah Omar. Mediante un'abilissima operazione politica, supportata
dagli aiuti finanziari e militari che bin Laden era in grado di offrire
ai talebani, sfila ai pakistani il controllo di ampi settori del regime
talebano, rivolgendoli contro l'America. Nel 1998 si sfiora la guerra:
bin Laden fa esplodere le ambasciate americane in Africa e l'America
risponde con una pioggia di missili sui campi di al-Qaeda. L'Unocal
abbandona il progetto. I tempi per una guerra però non sono ancora
maturi. Sono gli anni in cui l'amministrazione Clinton privilegia i
Balcani e il Kossovo. Si tenta una negoziazione che sembra aprire uno
spiraglio; nel 2000 la Unocal rientra nel progetto, ma è solo uno fuoco
di paglia. In seguito il cambio della guardia al governo USA: si insedia
al potere l'amministrazione più militarista e connessa con gli
interessi petroliferi degli ultimi anni. Dal marzo 2001 ad agosto 2001
l'America offre un ultimatum ai talebani: se ci consegnate bin Laden (e
ci lasciate costruire il gasdotto Unocal, ndr) vi copriremo d'oro,
altrimenti vi seppelliremo di bombe.
Collettivo di fisica, gruppo "guerra e pace", un. "La
Sapienza", Roma
7.12.2001
Questo lavoro
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"pensa
diverso, agisci virale"