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PSICOLOGIA: TRA STORIA E PROSPETTIVE FUTURE

di Simona Baldanza

Un dottore in Psicologia che si trovi a parlare dei suoi studi con dei "profani", cioè persone che si occupano di tutt’altra cosa nella vita, si sente spesso commentare il proprio titolo di studio, con un espressione tra l’ironico e un sano timore, "…curi i matti!". A volte l’interlocutore continua dicendo che oggi il mondo è pieno di pazzi o che lui stesso avrebbe bisogno di uno psicologo, quasi mettendo le mani avanti prima che il famigerato strizzacervelli possa esprimere temuti giudizi in merito.

Per coloro che non si occupano di Psicologia, dire Psicologia, o Psichiatria, o Psicoanalisi, è spesso solo un gioco di parole.

In realtà, non solo esiste una profonda differenza tra queste diverse discipline, ma la stessa Psicologia si propone oggi come un settore in grado di offrire una vasta panoramica di potenzialità per quanto riguarda i contenuti di cui si occupa.

La Psicologia nasce come una propaggine della medicina verso la metà dell’800, anche se i primi germi sono rintracciabili già nella filosofia di epoche precedenti. Come tale, in effetti, essa è paragonabile alla Psichiatria, cioè finalizzata allo studio e alla cura degli "insani di mente", basandosi sulle componenti organiche, più che puramente psichiche, dell’essere umano.

E’ con il padre della Psicoanalisi, S. Freud, che all’interno della Psichiatria nasce la necessità di considerare componenti non osservabili della mente umana, ma tuttavia realmente esistenti e non "magiche". L’elemento più rivoluzionario introdotto da Freud, che sarà poi il pilastro su cui lavorerà tutta la Psicoanalisi, è l’inconscio. In questo contesto tutto il comportamento umano è frutto di spinte interiori, necessità e desideri di cui quasi sempre non siamo consapevoli.

Da allora la Psicoanalisi ha subito varie evoluzioni, che non è possibile descrivere qui, ma può essere definita a ragione ancora oggi "Psicologia del profondo".

Il termine Psicoterapia sta a sottolineare gli aspetti curativi, laddove si presentino sintomi psichici o comportamentali più o meno gravi. La Psicoterapia può essere o no parte di un trattamento o di una teoria psicoanalitica, poiché esistono psicoterapie ad orientamento psicoanalitico, mirate a sviscerare i contenuti psichici più nascosti e reconditi ed altre non psicoanalitiche, come quella cognitivista e comportamentista. In queste ultime forme di trattamento, lo scopo del terapeuta non è quello di portare alla coscienza del paziente eventi, pensieri e desideri rimossi, quindi inconsci, ma quello di guarire il disturbo intervenendo sugli aspetti cognitivi del problema.

Attualmente, le forme di trattamento non psicoanalitiche sono quelle più diffuse, infatti permettono di ottenere buoni risultati in un tempo più breve rispetto a quelle tipicamente psicoanalitiche. Naturalmente il dibattito tra psicoterapeuti ad indirizzo psicoanalitico e non-psicoanalitico è tuttora quanto mai vivo.

Uno psicologo può diventare psicoterapeuta o psicoanalista solo dopo aver conseguito un titolo di specializzazione post-lauream, associato ad un periodo di tirocinio e di analisi personale nel caso dello psicoanalista. Inoltre, è indispensabile l’abilitazione alla professione di psicologo, che si ottiene sostenendo il temuto esame di stato, dopo aver svolto un anno di tirocinio obbligatorio subito dopo la laurea. Il percorso, come si vede, è tutt’altro che breve e semplice. Al contrario, uno psicologo non potrà diventare psichiatra, a meno che egli non sia tanto ardito da conseguire una seconda laurea in medicina. La Psichiatria, infatti, è una specializzazione post-lauream della medicina, per questo uno psichiatra, a differenza di uno psicologo, può prescrivere farmaci ai suoi pazienti proprio come farebbe un medico.

Rimanendo nel campo clinico, uno psicologo può esercitare la sua professione a prescindere dalla Psicoterapia e dalla Psicoanalisi, fornendo un servizio di "counseling". Si tratta di quel servizio che troviamo ad esempio all’interno delle A.S.S.L. e dei consultori e che consiste nel dare una consulenza a persone con problemi e disturbi non eccessivamente gravi, non psichiatrici e transitori, che possono essere risolti con alcuni colloqui clinici con lo psicologo.

Spostiamoci in settori diversi da quello clinico, che rimane comunque il più tradizionale.

Uno dei campi meno conosciuti, almeno in Italia, è quello della Psicologia sperimentale. Come dice la denominazione, lo scopo di questa disciplina è principalmente quello di far ricerca; non una ricerca sul campo o di tipo etologico, bensì condotta in laboratorio. La Psicologia sperimentale si occupa di contenuti come la percezione, la memoria, l’apprendimento, l’intelligenza artificiale, la neuropsicologia, la psicofisiologia del sonno e molti altri. Una caratteristica importante di questo ramo della Psicologia è il metodo che essa utilizza: rigoroso ed obiettivo, tipico delle scienze. In Italia c’è una certa resistenza verso questo tipo di Psicologia, anche all’interno del corpo degli psicologi stessi, i quali in molti casi formulano giudizi di eccessiva aridità e riduzionismo materialistico. In realtà si tratta di un approccio nuovo allo studio di tematiche che finora sono state di appannaggio medico, che vengono affrontate dallo psicologo sperimentale, soffermandosi, a differenza del medico, non solo sulle componenti fisiologiche della mente umana, ma su tutti quei processi cognitivi non direttamente osservabili. Più successo si riscontra all’estero, soprattutto in America.

Un’altra branca della Psicologia "moderna" è la Psicologia del lavoro, uno dei settori in maggior espansione. La figura dello psicologo del lavoro è spesso associata a quella di quella che spesso si incontra in sede di concorsi o di colloqui di lavoro, che sottopone il candidato a miriadi di test per poi dare infine il responso di idoneità o inidoneità mentale, relativa a quel tipo di lavoro. Resta noto nella memoria della maggior parte dei ragazzi il ricordo dello psicologo e dei test che somministrava durante la "prova dei tre giorni" per la selezione per il servizio militare. E, in effetti, alcuni psicologi del lavoro è proprio di questo che si occupano: selezione. Uno dei campi che si è sviluppato di recente maggiormente, però, è quello della formazione, relativo alla formazione psicologica e professionale di varie categorie di lavoratori. Lo psicologo del lavoro trova impiego anche all’interno di molte aziende ed enti pubblici, nell’ambito della gestione delle risorse umane. Fine, almeno teorico, di tale attività è quello di sfruttare al massimo le potenzialità lavorative di una persona, le sue risorse appunto, impiegando al meglio le sue attitudini e competenze.

Infine, per comprendere meglio le tendenze della Psicologia di oggi, sarà utile, dare qualche accenno sulla Psicologia della salute, una branca a metà tra il campo clinico ed altri, diversi secondo il caso specifico. Il motto della Psicologia della salute potrebbe essere "prevenire è meglio che curare". Gli obiettivi che essa si prefigge, infatti, sono inerenti alla prevenzione della psicopatologia e del disagio e, ancor più, alla promozione della salute, intesa come benessere psicofisico della persona e conduzione di un sano stile di vita. I contesti dove uno psicologo della salute può operare sono molteplici: dagli ambienti scolastici dove intervenire con percorsi di educazione alla salute (prevenzione delle tossicodipendenze, educazione sessuale, etc.), a quelli del lavoro, dello sport, sanitari, etc. I vari interventi hanno in comune la promozione del benessere dell’individuo, aiutandolo a trovare una connessione tra eventuali disturbi ed errate abitudini di vita, come nel caso dello stress. Dopo di ciò si tenta di fornire i mezzi per modificare lo stile di vita.

Queste illustrate qui sono solo alcune delle tendenze che attualmente caratterizzano la Psicologia. Essa, infatti, rappresenta una disciplina in continua evoluzione, poiché, oltre a subire l’influenza di altre discipline come la medicina e la sociologia, presenta la necessità di adeguarsi alle esigenze di ogni singolo luogo ed epoca: è solo attraverso la comprensione della cultura, delle credenze, delle tradizioni e dei modelli di interazione familiare che è possibile intervenire sul disagio e pervenire alla conoscenza dei meccanismi che lo hanno creato.

 

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