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Le mutazioni
La scoperta delle mutazioni, che aggiunsero un nuovo importante
contributo alla teoria dell’evoluzione, fu dovuta al botanico olandese Hugo
de Vries (1848-1935).
De Vries scoprì in un prato delle piante di onagre americane, che erano
state introdotte da poco in Olanda, e notò che alcune di esse erano di
aspetto completamente diverso dalle altre.
De Vries le portò nel suo giardino, le coltivò separatamente e poco per
volta arrivò alle stesse conclusioni raggiunte da Mendel qualche decennio
prima: i caratteri individuali si trasmettono di generazione in generazione
senza mescolarsi e diventare intermedi; per di più,ogni tanto compariva una
nuova varietà di pianta, nettamente diversa dalle altre e che si perpetuava
nelle generazioni future.
De Vries chiamò “mutazioni” queste brusche
trasformazioni e si rese conto di trovarsi di fronte a un caso di
“evoluzione per sbalzi”.
Fenomeni di questo tipo erano noti ad agricoltori ed allevatori che
avevano constatato di frequente la nascita di “mostri” o “scherzi di
natura”. Per esempio, nel 1791 era comparsa nella Nuova Inghilterra una
pecora dalle zampe corte (era una mutazione). Dato che aveva le zampe troppo
corte per scavalcare le siepi era utile e fu allevata e la razza fu
conservata.
Nel 1900, quando de Vries era pronto a pubblicare lesue scoperte, un
controllo delle opere precedenti sull’argomento rivelò ai suoi occhi
sbalorditi gli scritti di Mendel vecchi di 34 anni. De Vries pubblicò le sue
opere citando i lavori di Mendel ed è per questo che si parla di leggi di
Mendel sull’ereditarietà.
La combinazione di queste leggi, insieme alle
mutazioni di de Vries, descriveva il modo in cui avevano origine e si
conservavano le variazioni.
Erano state così eliminate le lacune della teoria di Darwin.
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