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VITALISMO E MECCANICISMO

NELLA STORIA DELLA BIOLOGIA
L’idea di un principio evolutivo e l’opera di Darwin
 

 

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L’idea di Evoluzione

La classificazione di Linneo, che partiva da gruppi estremamente vasti e si divideva in gruppi sempre più ristretti, assomigliava a un vero e proprio “albero della vita”.
Esaminando una tale rappresentazione era inevitabile chiedersi se la disposizione potesse essere del tutto casuale o se invece non era possibile che due specie strettamente affini si fossero sviluppate da un antenato comune.
Linneo, che era un uomo molto religioso, aveva scartata questa ipotesi giudicandola sacrilega. Infatti il suo sistema di classificazione rispecchiava questa convinzione poiché si basava sull’aspetto esterno e non tentava affatto di rispecchiare le possibili relazioni (era come se si raggruppassero gli asini, i conigli e i pipistrelli nella stessa categoria solo perché hanno tutti le orecchie lunghe. D’altronde, se era vero che non esisteva alcuna relazione tra le specie, non aveva importanza il modo in cui si raggruppavano: tutte le disposizioni erano ugualmente arbitrarie e tanto valeva scegliere la più conveniente).
Tuttavia ciò non impedì ad altri di suggerire qualche processo di “evoluzione” in cui una specie si sviluppasse da un’altra e in cui, quindi, esistessero relazioni naturali tra le specie, relazioni che si sarebbero dovute riflettere nel sistema di classificazione.
La spinta in questa direzione divenne più forte dopo la Rivoluzione francese: si aprì allora un’era di trasformazione nella quale gli antichi valori vennero frantumati. La docile accettazione del Re e della Chiesa come autorità definitive scomparve e divenne possibile proporre idee e teorie che in passato sarebbero apparse eretiche.
Fu proprio all’inizio del 1800 che queste spinte si coagularono per opera di un naturalista francese: Jean Baptiste de Monet, cavaliere di Lamarck (nome con cui è generalmente conosciuto).
Lamarck riunì le prime quattro classi di Linneo (mammiferi, uccelli, rettili e pesci) nei “vertebrati”, animali dotati di una spina dorsale o colonna vertebrale interna, mentre le altre due classi (insetti e vermi) furono chiamate da Lamarck “invertebrati”. Successivamente si dedicò a queste due ultime classi nel tentativo di trovare un ordinamento migliore (per esempio, riconobbe che i ragni, con otto zampe, non potevano essere classificati insieme agli insetti, che di zampe ne hanno sei).
Tra il 1815 e il 1822 Lamarck presentò un’opera in sette volumi intitolata Storia naturale degli invertebrati, che fondò la moderna zoologia degli invertebrati. Già in questo lavoro si ventilava l’ipotesi dell’evoluzione, ipotesi che sarà ripresa e precisata in un libro del 1809 intitolato Filosofia zoologica.
La sua ipotesi era questa: le dimensioni degli organi aumentavano se nella vita questi venivano usati molto, mentre si riducevano se non venivano usati; e che questo sviluppo oppure atrofizzazione potevano essere trasmessi alla discendenza, ovvero veniva postulata quello che si chiama “ereditarietà dei caratteri acquisiti”.
Lamarck utilizzò la giraffa, allora riscoperta dopo un lungo oblio, come esempio della sua tesi:
un’antilope primitiva, alla quale fosse piaciuto brucare le foglie degli alberi, avrebbe allungato il collo verso l’alto con tutte le sue forze per arrivare al maggior numero di foglie possibile. Anche la lingua e le zampe si sarebbero allungate. Tutte queste parti del corpo, di conseguenza, sarebbero diventate un poco più lunghe e questo allungamento, sosteneva Lamarck, si sarebbe trasmesso alla generazione successiva. La nuova generazione avrebbe avuto in partenza parti del corpo più lunghe e le avrebbe allungate ulteriormente. Poco per volta l’antilope si sarebbe trasformata in giraffa.
Questa teoria non si reggeva perché non c’erano prove valide che i caratteri acquisiti si potessero ereditare, anzi tutte le prove disponibili lasciavano supporre che i caratteri acquisiti non fossero ereditari. Anche se questi caratteri fossero stato ereditabili, la teoria avrebbe spiegato quelli che potevano essere sottoposti a uno sforzo volontario, come l’allungamento del collo. Ma la pelle maculata della giraffa, che serviva da protezione mimetica, come poteva essersi sviluppata dalla pelle uniforme dell’antilope? Era concepibile che la giraffa primordiale avesse cercato di procurarsi una pelle a chiazze?
Lamarck morì povero e dimenticato e la sua teoria dell’evoluzione fu trascurata. Tuttavia essa aveva aperto una strada, che sarebbe stata ripresa più avanti con maggior successo.


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