quanto
pare noi abbiamo finora divagato e non siamo entrati nel nocciolo della
questione: noi vogliamo sapere, senza latinizzare, come sia
derivato il nome
Cave.
Il Nibby asserisce che la terra ebbe denominazione dalle molteplici cavae o cave praticate fra le rupi affine di passare la via che va a congiungersi a quella Latina sotto Anagni, e non vi è dubbio che il suo nome derivò appunto dai numerosi cavi o grotte da dove si estrasse la pozzolana e far passare la via Provinciale che taglia per metà il paese.
Difatti ciascuno può osservare quante cave di tufo e pozzolana veggonsi nei dintorni; l’estrazione di queste materie servì in ogni tempo a far calcestruzzi per la riedificazione della vicina Preneste tante volte distrutta e per la fabbricazione della stessa cittadina Cave. In questo territorio non manca quanto occorre per fabbricare, poiché è pure vicina la pietra calcarea per formare calce, e le acque sono abbondantissime e salubri.
Il centro urbano si presenta al forestiero in forma tutta bizzarra e fa l’impressione che la caratteristica disposizione di tutte le case siano state dirette da testa bislacca, mentre il susseguire delle fabbricazioni, ha trovato il suolo e il sottosuolo vario e scosceso adatto per le fondazioni di mura e bastioni necessari alla difesa contro gli assalti degli invasori, come vedremo in appresso. Colla andare del tempo il paese si è ingrandito e le ramificazioni delle strade principali hanno dato una topografia simile alle branchie di un polipo, che abbraccia ogni punto di comunicazione interna ed esterna.
Possiamo dividere il paese in tre distinte parti: vecchio, nuovo, moderno.
Il vecchio o antico paese di Cave sorge tuttora sopra un poggio in declivio su dura pozzolana verso levante, e comprende quella parte che dal Rio sale al palazzo baronale e va sino alla cosiddetta torre, ora dirupa, avanzo del Castello medievale dei Colonna, allora feudatari; passato inseguito ai Barberini. L’accesso al Castello si aveva per mezzo di un ponte levatoio; mentre tutto il nucleo della fortezza e di case urbane erano circoscritti da un fosso o fossato che proseguiva sino alla contrada detta ancora oggi Rifolta, e si congiungeva al Rio che circoscrive la parte di ponente e mezzogiorno.
Esiste tuttora l’arco d’ingresso al Castello con i relativi grossi cardini della ferrata porta distrutta. Quest’arco dopo le devastazioni e le guerre, prese il nome d’Arco Mastricola, perché ivi furono appoggiate alle antiche costruzioni, altre nuove fabbriche della nobile famiglia omonima, ed ora degli eredi di Filippo Cecconi. E verso il secolo X, questo nucleo di case s’ingrandì, contornando il Castello dalla parte di tramontana, sino alla contrada Rifolta.
Il nuovo paese comprende le contrade, Borgo, Corso, Cona, S. Carlo. I gruppi di queste case sorsero dopo terminate le guerre di Campagna e le scissure tra i Colonna feudatari e la Santa Sede, cioè vivente Urbano VIII Barberini, fu abolita la qualifica di feudo, rimanendo solo il titolo di principe.
Nei tempi odierni, con la buon’iniziativa di privati cittadini, il paese è stato sempre più ingrandito, sviluppato ed abbellito di strade, di villini, di case e questo è detto moderno.
Il Comune ha due Parrocchie: S. Stefano, tenuta dai PP. Agostiniani; S. Maria tenuta dai Preti regolari.
Inoltre vi sono altre chiese, come: S. Carlo, S. Lorenzo, S. Maria in Plateis, S. Pietro, S. Anatolia e Madonna del Campo, delle quali parleranno di tutte più dettagliatamente appresso.