a chiesa e il convento di San Carlo sorgono su un colle che, anticamente, era chiamato Colle dell'Aquila. Più precisamente su un punto del colle detto "La villa" perché in quel posto esisteva, secoli prima, una villa romana di cui all'intorno si vedevano ancora i resti.
Non sappiamo chi fu l'architetto che progettò la chiesa e il convento, ma sappiamo che a costruirli fu una piccola comunità di frati minori conventuali di San Francesco che si era stabilita nel territorio di Cave nel 1567. Accolti con simpatia e cordialità, i quattro o cinque frati ebbero subito in dono, dalla Confraternita della Madonna del Rosario, alcuni terreni da coltivare ed una piccola chiesa da officiare la quale, trovandosi a mezza costa del monte che sorge in prossimità di Cave, era chiamata Santa Maria del Monte. Annesso alla chiesa trovarono, abbandonato e dirupo, un convento che avevano costruito i padri benedettini nel XII secolo, nel quale, dopo averlo convenientemente riattato, presero dimora.
La comunità dei francescani rimase in Santa Maria del Monte per circa settant'anni. Poi, realizzando un progetto da tanto tempo sognato, verso il 1630 si trasferì sul colle dell'Aquila nei pressi di Cave, ove una quindicina d'anni prima aveva iniziato la costruzione di una nuova chiesa e di un grande convento.
Il bel progetto poté essere realizzato grazie al volere, alla costanza e sopratutto alle possibilità finanziare di quattro fratelli della facoltosa famiglia Biscia di Cave, i quali vestirono tutti il saio dei francescani: tre di essi, Giuseppe, Bonaventura e Antonio entrarono a far della comunità di Cave, mentre il quarto, Bernardino, preferì la più stretta regola dei cappuccini.
I fratelli Biscia impiegarono le loro quote dell'eredità paterna, sia per sostenere le spese della fabbrica, sia per acquistare case e terreni che assegnarono in proprietà al convento. Le cronache riportano che spesero circa cinquantamila scudi romani, corrispondenti a circa duecentocinquantamila lire, una cifra enorme per quei tempi in cui circolavano più i baiocchi di rame che gli scudi d'argento.
A dirigere la fabbrica fu il dinamico e capace padre Bonaventura e sia lui che i fratelli ebbero la soddisfazione di veder compiuta la loro opera. Morirono fra il 1651 e 1666 e furono sepolti in San Carlo in una tomba comune sotto l'ampia cupola, presso il presbiterio, sulla cui lapide una scritta li ricorda come i fondatori della chiesa e del convento.
Pochi sanno che la chiesa e il convento dei francescani di Cave sono dedicati a due santi: San Francesco d'Assisi e San Carlo Borromeo. Il nome di San Francesco era stato scelto dalla comunità dei frati; San Carlo Borromeo fu aggiunto per volontà sia della famiglia Biscia che era di origine lombarde e volle così onorare quel santo della sua terra, sia del principe Filippo Colonna, signore di Cave, che di San Carlo era nipote.
La chiesa di San Carlo fu inaugurata nel 1640, come si legge sulla fronte dell'edificio, ma dovette attendere ancora molti decenni per essere completata con le cappelle, il pavimento, il campanile, la scalinata; decorata con stucchi ed affreschi e fornita degli arredi per il culto: il pulpito, l'organo, il coro. Così, soltanto nel secolo successivo poté dirsi pronta per la solenne consacrazione che avvenne il 19 giugno 1729, con grande concorso di popolo, ad opera del vicario generale della diocesi mons. Francesco Maria Loyer, venuto da Palestrina con un seguito di centocinquanta persone.
Il 15 giugno 1810 Napoleone Bonaparte, che aveva invaso il suolo italico e occupato lo Stato Pontificio, promulgò una legge con cui furono sciolte tutte le organizzazioni religiose dell'uno e dell'altro sesso. Anche la comunità francescana di San Carlo fu colpita da tale disposizione, per cui i frati, i conversi e i chierici furono costretti a tornarsene alle loro case in abiti borghesi e i beni della chiesa e del convento furono venduti al pubblico incanto.
Ma cinque anni più tardi, caduta la stella di Napoleone e ripristinati i diritti degli ordini religiosi, i beni furono in buona parte recuperati grazie anche al concorso del popolo di Cave, poiché "in segno di benevolenza, per decoro della casa di Dio, a carico del pubblico furono redenti tutti i mobili della chiesa e sacrestia e tali furono restituiti, nel punto della ripristinazione, in mano del Padre Antonio Dusi e del Padre Nicola Ziluca, Procuratore, entrambi di Cave".
Una sessantina di anni dopo, si rinnovò la situazione del periodo napoleonico ad opera del Governo Italiano, il quale, il 19 giugno 1873 estese al territorio dell'ex Stato Pontificio la legge del 7 luglio 1866, con la quale si disponeva la soppressione di tutti gli ordini religiosi e delle corporazioni e congregazioni religiose, regolari secolari, con confisca di tutti i loro beni da parte del Demanio dello Stato. Perciò anche la chiesa ed il convento di San Carlo furono confiscati e cinque anni dopo, il 13 giugno 1878, furono ceduti in proprietà al Comune di Cave che ne aveva fatto richiesta per adibirli a funzioni di pubblica utilità. La chiesa fu dal Comune affidata per l'officiatura ai religiosi ex conventuali, obbligati ora a vestire da preti secolari, ai quali fu lasciata per l'abitazione e l'attività pastorale circa la metà dei locali del convento.
La chiesa di San Carlo è ancora oggi di proprietà comunale, mentre il convento è tornato in proprietà ai francescani grazie a due operazioni economiche avvenute in tempi diversi; la prima, il 10 settembre 1907, con la quale i sacerdoti officianti la chiesa comprarono dal Comune, con la somma di ottomila lire, la parte del convento da loro occupata; la seconda, nel 1963, allorché i frati, con regolare atto di permuta, ottennero la proprietà della restante parte del convento, dando in cambio un nuovo edificio in Viale Orti Giorgioli, appositamente costruito per diventare una sede comunale.
Nell'ultimo conflitto mondiale, la chiesa e il convento di San Carlo furono più volte colpiti dai bombardamenti aerei che Cave subì in quell'infausto periodo. E la facciata della chiesa, nella sua parte inferiore, porta ancora molte tracce di quelle ferite.
I lavori di restauro e ammodernamento della chiesa e del convento avvenuti nel dopo guerra, principalmente nel quadriennio 1964 - 1967, hanno portato a sostanziali modificazioni dei due edifici. Specialmente la chiesa ha risentito il cambiamento dopo la sostituzione dell'antico pavimento ricoperto da seimila quadrelli in cotto e comprendente anche numerose pietre tombali, con l'attuale pavimento in lastre di marmo bianco; e dopo la rimozione del pulpito e dell'organo e la modificazione degli altari in seguito alle disposizioni della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II.
Ma anche i cambiamenti avvenuti, la chiesa di San Carlo ha mantenuto l'eleganza e la solennità del suo interno a croce latina, nello stile architettonico di transizione fra il Rinascimentale e il Barocco, decorato con numerosi affreschi del XVII secolo dovuti al pennello del pittore romano Angelo Alerii, e con finissimi stucchi fa i più belli nel loro genere in gran parte opera dello scultore Francesco Nuvoloni.
Nelle sei cappelle e nel transetto, quadri di autori diversi del periodo compreso fra la prima metà del 1600 e la prima metà del 1800, e un crocefisso ligneo del XVI secolo.
L'altare maggiore ed il pavimento del presbiterio sono rivestiti di pregiati marmi policromi acquistati a Palestrina nel 1700, provenienti da edifici romani, forse dal famoso tempio dedicato alla Fortuna Primigenia.
Due magnifiche opere dell'arte medievale, forse anch'esse provenienti da edifici romani, sono rappresentate da due colonne di marmo bianco finemente scolpite che ornano il presbiterio e che la tradizione vuole siano state donate dal Principe Marcantonio Colonna alla chiesa di San Lorenzo e poi trasportate in San Carlo, per volere del principe Filippo Colonna.
Infine, nascosto dietro l'altare maggiore, un capolavoro dell'arte secentesca: l'imponente coro ligneo di forma semicircolare addossato all'abside, scolpito nel 1689 dal mastro Giacomo Maschio di Venezia e restaurato del 1985.