Le tre Chiese di Santo Stefano

Cave, le chiese dedicate a Santo Stefano protomartire, sono state tre, costruite in epoche successive.

Della prima, che si trovava nella località oggi chiamata "Campo" e che è ricordata con il nome di Santo Stefano vecchio, non è rimasta traccia; della seconda, Santo Stefano nuovo, che sorgeva entro le mura del castello, si vedono ancora i resti sotto la struttura della terza e più recente costruita nel XVIII secolo ed ancor oggi aperta al pubblico culto.

Ma procediamo con ordine.Chiesa di Santo Stefano

Esisteva nell'alto Medio Evo, nella zona di Cave chiamata "Campo", una chiesa con annesso convento dedicata al martire S. Stefano. Chiesa e convento appartenevano alle monache del monastero di San Ciriaco in Via Lata a Roma, alle quali li aveva donati nell'VIII secolo il pontefice Stefano III, esercitando uno dei primi atti del potere temporale dei papi.

Officiarono la chiesa, fino al secolo XI i padri benedettini, i quali furono poi costretti ad allontanarsi da Cave probabilmente a causa dell'insediamento nella diocesi prenestina del cardinale scismatico Ugone Candido, nominato vescovo di Palestrina dall'antipapa Clemente III.

Dopo la partenza dei benedettini, la chiesa di S. Stefano fu officiata dal clero secolare e divenne nel tempo la principale chiesa del paese. In un documento del 5 novembre 1295, conservato nell'archivio della Collegiata di Santa Maria Assunta, si conveniva che il primo giorno di Quaresima il clero di San Lorenzo e quello di Santa Maria, nonché i rettori, preti e chierici di San Pietro, Sant'Angelo Maggiore e Sant'Angelo Minore, dovessero recarsi processionalmente in Santo Stefano per ricevere le sacre ceneri dalle mani dell'arciprete di quella chiesa.

L'officiatura del clero secolare continuò anche dopo che, nel 1385, presero possesso della chiesa e del convento i padri eremitani di Sant'Agostino, provenienti dalla vicina Genazzano, che li avevano ottenuti, per acquisto o per donazione, dalle monache di Via Lata.

Gli agostiniani rimasero nella chiesa e nel convento di Santo Stefano per qualche decennio, fino a quando si trasferirono nella nuova chiesa e nel nuovo convento che si erano costruiti dentro le mura del castello di Cave, per volontà del pontefice Martino V.

Martino V era un Colonna. Fu eletto papa nel conclave di Costanza l'11 novembre del 1417, nel giorno della festa di san Martino di cui volle prender il nome.

Martino V amò molto la sua famiglia e le popolazioni di cui era stato signore. Fu lui che, ritenendo la chiesa di Santo Stefano troppo lontana dal centro abitato e mal protetta, volle che fosse costruita all'interno delle mura del castello una nuova chiesa da intitolare al Santo protomartire.

Con bolla del 3 dicembre 1428, diretta al padre agostiniano Clemente Bartolomeo, vescovo di Veroli, dette facoltà di vendere alcune proprietà per poter, con il ricavato, costruire la nuova chiesa.

Così, raccolti i fondi necessari, fu dato mano alla nuova opera trasformando un'antica cappella dedicata a San Giovanni Battista, donata agli agostiniani da Mascia Annibaldi che, avendo sposato Giordano, fratello del Papa, di Martino V era cognata. La nobildonna non si limitò a donare la cappella, ma offrì anche un appezzamento di terreno adiacente, in modo da permettere l'ampliamento dell'edificio; e, più tardi, donò anche il suo palazzo che confinava con la chiesa e che fu trasformato in convento. Come contropartita chiese soltanto di essere sepolta nella nuova chiesa e certamente lo fu, poiché, quando Mascia morì, il nuovo Santo Stefano era già costruito.

Alla nuova chiesa furono trasferiti come aveva voluto Martino V tutti i diritti del vecchio Santo Stefano, meno il diritto all'officiatura che continuò ad essere esercitato da un arciprete. Ma nel 1461, il papa Pio II, di passaggio per Cave, concesse agli agostiniani il diritto di esercitare l'ufficio parrocchiale, dirimendo così alcuni contrasti sorti fra i padri e l'arciprete.

Santo Stefano conservò il titolo di chiesa principale del paese fino al 1572, anno in cui il titolo fu trasferito alla chiesa di Santa Maria Assunta in seguito alla sua erezione a collegiata. Peraltro, anche dopo la cessione dei diritti di chiesa principale, Santo Stefano continuò, per più di un secolo, a somministrare il sacramento del battesimo e ad eseguire la registrazione dei battezzati.

Nella seconda metà del XVIII secolo e precisamente nel venticinquenne 1768/1793 fu costruita, sopra l'edificio voluto da Martino V, una grande chiesa con la facciata rivolta verso il borgo, contrariamente alla chiesa precedente che aveva l'ingresso dalla parte del fossato (1). Progettista del bel tempio e dell'annesso convento fu l'architetto Fagiolo, allievo del celebre Luigi Vanvitelli ideatore della Reggia di Caserta. La direzione dei lavori fu affidata al fratello laico, Agostino Visconti. La nuova chiesa settecentesca è una navata unica con sei cappelle laterali una delle quali è stata trasformata in fonte battesimale. La vasca del fonte è di antica data e reca scolpiti lo  stemma dei Colonna e quello di Cave. L'altare maggiore è di marmi policromi e l'abside è ornato con un affresco che ritrae l'episodio del martirio di Santo Stefano.

Nel 1873, per effetto della legge 7 luglio 1866, con la quale furono soppressi tutti gli ordini religiosi, il convento di Santo Stefano passò in proprietà allo Stato italiano (la chiesa non fu confiscata perché parrocchiale), il quale, più tardi, nel 1877, lo cedette al Comune di Cave affinché fosse destinato a fini di pubblica utilità. Infatti il Comune vi stabilì i suoi uffici che vi rimasero fino a quando gli stessi furono trasferiti nei locali ricavati dalla ristrutturazione dell'antico convento di San Carlo, anch'esso divenuto di proprietà comunale.

Da parte loro, i padri agostiniani, che non avevano lasciato il convento, ma si erano ristretti a vivere in alcuni locali appositamente attrezzati per loro dal Comune, continuarono ad officiare la chiesa e ad esercitare l'attività parrocchiale fino al 13 giugno 1953. Quel giorno, dopo sei secoli di permanenza in Cave, si allontanarono richiamati dall'Ordine, lasciando ai padri francescani di San Carlo il compito di continuare l'officiatura e l'esercizio pastorale e ai parrocchiani l'amarezza dell'addio e il ricordo del tempo trascorso insieme.

 

 

 

 

(1) Siamo scesi, per un lungo e malridotta scalinata, sotto l'attuale chiesa di Santo Stefano, per visitare i resti della quattrocentesca chiesa voluta da Martino V. Non senza emozione abbiamo potuto vedere, ancora abbastanza conservato, il vetusto edificio: ha forma pressoché quadrata e alte volte a crociera, così da richiamare subito in mente la primitiva cappella donata ai religiosi da Mascia Annibaldi. Si nota il punto dov'era l'altare e affreschi dell'epoca ricoprono ancora parte delle pareti.

Le modeste dimensioni e forse anche le precarie condizioni dell'edificio, furono certamente le ragioni che indussero i padri agostiniani, nel 1768, ad iniziare la costruzione di un nuovo e più grande tempio, più rispondente alle necessità della popolazione, notevolmente accresciuta dopo trascorsi più di tre secoli.