La Torre

solata lassù a 400 metri d’altezza, nel centro del paese, ormai dirupa, stava la storica Torre Colonnese. Ora vi è racchiuso, tra le turrite mura rovinate, un gran serbatoio d’acqua proveniente dalla sorgente in contrada "Toce", e che alimenta tutta la zona abitata a settentrione. Da questa Torre si emanavano gli ordini del Rettore di questo popolo guerriero che, dal 1000 in poi si alternarono i Principi e i Papi.

Da questa Torre che tanto rumore di anni si contesero alla difesa delle valli e dei monti circostanti, dove un tempo imperavano i primi romani, dove si rifugiarono i Benedettini mentre infestavano i barbari, dove furono Signori: gli Annibaldi, poi i Colonnesi, dove i plenipotenziari di Filippo II di Spagna e di Paolo IV mossero i passi per la nota Pace del 1557, si scorge l’altipiano di Ponticelli, dove fu piantata dai soldati di Sisto IV, la prima bombarda per distruggere questo Castello. Da questa Torre si odono le voci delle case appollaiate all’intorno si ammirano i villini sorti per incanto in tutti i punti cardinali dell’agro Cavese, più lungi L’Artemisio, Castel San Pietro, Palestrina, Rocca di Cave, poi i Simbruini e i Lepini e tanti altri Castelli medievali completano lo scenario di sì belle contrade.

Quale doveva essere in seguito il destino di questo Castello?

Il Comune di cave, al 23 ottobre 1631, con atto del notaio Cesare Astolfi, acquistava dal Contestabile Colonna, la Torre, per ivi fabbricarvi il Forno e farvi granai superiori.

L’acquisto fu pattuito per un corrispettivo di scudi 400, da pagarsi in due rate, con ogni singolo tugurio, abitazione, orto e qualunque altro membro esistente in detta terra di Cave, nel luogo chiamato "La Torre".

Nella vendita il Colonna si riserbava il patto di redimere fra sei anni.

Il 1° febbraio 1657, per atti dello stesso notaio Cesare Astolfi, il Comune di Cave, dall’acquisto della Torre, fatto dal Colonna con patto di redimerla, sul fondo acquistato, eretto vi aveva la costruzione del Forno, e non avendolo ultimato, dopo di avevi speso scudi 200, era con tre memoriali allegati all’atto, avanzati al Colonna con rescritto il permesso di poter ivi spendere altro denaro.

Ai 15 aprili 1685, nell’arch. Comunale, ai protocolli del notaio Massimo Mastricola, perciò i fratelli Gramiccia acquistano dal Comune, nelle persone dell’Ottavio Ufficiali de Luzi e Angelo Foschi, come deputati, la Torre col suo terreno posto dentro e fuori della terra di Cave che confinava con le case del signor Gramiccia, Polani, Carlo Laurenzini, Cesare Cecconi, Sante Luzi, Taddeo Mattei, via della Rifolta (oggi via Roma), e col Granaro Comunicativo detto della Grascia.

Tale vendita per il corrispettivo di scudi 260, con l’obbligo di restare a favore del Comune il passo del Granaro, e più, stare in carico del Gramiccia, le spese per l’acquisto e la vendita che s’intendeva a patti e condizioni con cui era stato acquistato dal Colonna.

Al 12 novembre, stesso anno e nei protocolli dello stesso notaio Massimo Mastricola, se ne rettificava la vendita a favore dei detti fratelli Gramiccia.

Indi passò alla famiglia Clementi, che acquistò le proprietà dei Gramiccia, compresa la Villa Ludovica, nei pressi della chiesa di San Carlo.

Nel 1870, Pietro Segarelli ragazzo svelto e vivace, figlio del Medico Condotto, piantò la bandiera italiana sulla Torre del Castello. Fu inseguito dai preti locali, ma sfuggì.

Le ingiurie del tempo e la devastazione degli uomini, la Torre abbandonata cominciò a cadere.

Nel 1897, se non erriamo, la Torre medievale pericolava danneggiare case e persone sottostanti sulla via oggi detta "Roma". Al concittadino Bernardino Mattei fu dato l’incarico dell’abbattimento. Fu necessario l’intervento di n. 28 pompieri chiamati a Roma, escludendo l’idea di chiamare l’arma del Genio.