|
|
La nostra Piana
Terranova Sappo Minulio
Un po' di storia
Situata su un suggestivo terrazzo naturale, per cinque secoli - dal 1283 al Flagello
del 1783 - la città di Terranova divenne il centro e il cuore della Piana (variamente definita nel
tempo: Vallis Salinarum, Planitiae Sancti Martini, Piana di Palmi o
di Gioia Tauro). La sua importanza ebbe inizio allorquando il re Carlo I d'Angiò la scelse
per la sua particolare posizione strategica al fine di contrastare le conquiste aragonesi. Mentre il
campo rimaneva nel piano di S. Martino, il quartiere generale veniva trasferito
tra le mura e il castello di Terranova elevata al rango di contea (1305) con primo
feudatario l'ammiraglio Ruggero di Lauria. Dopo questi, passò ai vari discendenti: Ruggero II
Sanseverino (1365), Roberto I ed Enrico coinvolto in una congiura e decapitato (1392). Da un
feudatario all'altro (Battista Caracciolo, Alfonso d'Aragona, Carlo Ruffo; di nuovo i Caracciolo)
giunse fino a Marino Correale (1458) e Consalvo di Cordova (1502) che ottenne da Ferdinando il
Cattolico il titolo di duca. Fu il periodo di maggiore splendore per Terranova, già dichiarata
città a motivo del rilevante numero di abitanti.
Nel 1561 il ducato, che era stato comprato da Tommaso de Marinis, contava dalle 9000 alle 12000
persone. Nel 1574 passò a Battista Grimaldi. Il dominio spagnolo, i terremoti, il brigantaggio la
depauperarono a tal punto che nel 1595 la città era diminuita di circa 3000 unità. Ma il colpo di
grazia giunse il 5 febbraio 1783 con il Flagello che la rase al suolo, provocando 1452
vittime su circa 2000 abitanti. I superstiti, quindi, si trasferirono in altra località.
Nel 1807 Terranova ricevette il titolo di università e nel 1811 divenne Comune
autonomo ottenendo la frazione di Scroforio. Nel 1928 venne accorpato a Radicena e Iatrinoli per
formare il Comune di Taurianova e, finalmente, il 23 aprile 1946 poté riacquistare la propria
autonomia amministrativa.
La torre civica
La torre dell'orologio di Terranova Sappo Minulio (risalente agli inizi del XX secolo), progettata
dal geometra Antonino Pellicano Loschiavo di Radicena, è un manufatto in mattoni a vista
prodotti nell' antico e rinomato ceramediu (fabbrica di laterizi) del luogo.
Essa venne completata e inaugurata nel 1902, dopo importanti lavori di bonifica, consolidamento e
livellamento della zona circostante. E' ubicata nella Piazza XXIV Maggio (già Largo Convento e Largo
Principe Amedeo in seguito alla morte del duca d'Aosta), con il prospetto orientato verso corso
Roma, principale arteria cittadina. Su un lato della torre è collocato il bassorilievo-lapide, stile
liberty, in onore dei Caduti della prima guerra mondiale, dello scultore Ermanno Germanò.
L'opzione dell'area d'innalzamento fu molto contestata, anche per le difficoltà relative
all'acquisizione del terreno: nel progetto iniziale, infatti, la torre doveva essere costruita nella
parte alta, al termine del corso Roma (esattamente nel versante opposto, dirimpetto all'attuale
sito). Prima di essere finalmente edificata, dietro delibera dell'amministrazione comunale guidata
dal sindaco Antonio Cento di Carmelo, la scelta si era spostata verso Piazza Duomo (ora Piazza
Cesare Battisti), a fianco della Chiesa di Maria SS. Assunta.
La torre è dotata del meccanismo dell'orologio, prodotto da una fabbrica specialistica di
Lagonegro. Le campane che scandiscono le ore furono acquistate, mezzo secolo dopo, per
interessamento del sindaco in carica Raffaele Germanò. La struttura, nei piccoli centri agricoli
meridionali, non rispondeva soltanto a finalità architettoniche o urbanistiche, ma assolveva a
necessità di carattere pratico. Ad esempio, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento,
effettuava la ripartizione degli scoli della pubblica fontana, come pure la scansione della
giornata lavorativa nei campi.
La torre - nel complesso - "venne ad assumere, quasi, la funzione di elemento
sociale egalitario, visibile, unificante tra la zona altimetricamente medio-alta
ed alta [...] e la zona periferica, [...] socialmente meno evoluta, non ancora incrementata dallo
sviluppo viario di collegamento con le località viciniori [...]", come sostiene Agostino Formica
(Storia di Terranova Sappo Minulio - Società, economia, politica: 1920-1928. La sommossa
popolare del 1921. L'affaire Taurianova - Forgraphic, Polistena 1998).
(Rid. e adatt. dal sito Internet del Comune di Terranova S. M.).
Qualche divagazione economica
Le monete più diffuse dei secoli passati erano il tornisi (tornese), equivalente a
1/2 grano, ossia a 6 cavalli; il granu o grana (grano), pari a un centesimo di ducato, cioè
12 cavalli; il carlino, valevole 10 grana; il tarì, del valore di 2 carlini; il
ducato, pari a 10 carlini o 100 grana; l' oncia, cioè 6 ducati. Dagli encomiabili
studi condotti dal taurianovese prof. Giosofatto Pangallo risulta che nel 1600 il prezzo della terra
variava da zona a zona e in rapporto al tipo di conduzione. Ad esempio, in media una
tomolata (mq. 3350) si pagava a Terranova da 7 e mezzo a 9 ducati, mentre quella in semina
da 10 a 12; da 10 a 16 a Jatrinoli e 20 a Varapodio. Nel territorio di S. Martino valeva più il
terreno coltivato a vite, per l'ottimo vino che si produceva. Una vigna con mille viti e altri
alberi costava 50 ducati.
Il SS. Crocifisso di Terranova
La fama di Terranova è oggi legata al Santuario del SS. Crocifisso e alla sua prodigiosa statua
lignea di colore nero.
Il 3 maggio di ogni anno una moltitudine di fedeli, per una tradizione mai venuta meno, si
ritrova nell'omonimo Santuario in segno di riconoscimento per le grazie ricevute e per un
impellente bisogno interiore.
Scrive Mons. Giuseppe Larosa: "In quale epoca il bel volto del Salvatore abbia incominciato
a vegliare sulle vicende ora liete ora tristi del nostro popolo, noi non lo sappiamo. E' da supporre
che il santo Simulacro, splendente di luce miracolosa agli inizi del Cinquecento, quando portato
processionalmente a Palmi fu visto stillare sangue, il 20 luglio 1533, all'incontro con l'immagine
della Vergine, venerata col titolo di Madonna del Soccorso, fosse già al centro, da tempo, della
devozione e dell'amore riverente delle comunità della Piana. Ed è lecito pensare che esso trovasse
già il suo posto d'onore nella chiesa di San Salvatore verso la metà del Quattrocento, quando emerse
più fervido il culto alla Passione di Gesù Crocifisso sull'onda della rinascita religiosa segnata
dall'apostolato francescano del beato Paolo da Sinopoli, che nel 1444 fondò il Convento degli
Osservanti alla Certara in Terranova".
Gli eventi straordinari che si tramandano nei riguardi della Santa Croce inducono i credenti alla
preghiera e alla riflessione.
Raffaele Germanò così precisa: "Nel secolo XV quando i Saraceni infestavano, tra le altre
contrade del Mezzogiorno, la Calabria, proprio in questo paese di Terranova avveniva un fatto
inaudito. Siffatti nemici di Cristo, avendo saputo che presso la Porta del Vento sorgeva un tempio
detto la Giudecca dove una miracolosa immagine del SS. Crocifisso veniva onorata con grande
devozione..., giurarono di disfarsene. Era d'inverno e gli acquazzoni del libeccio si alternavano
sempre più frequenti... Tutto era avvolto nel cupo terrore dell'ansia e dell'oscurità profonda. Un
manipolo di Saraceni, sfondata la porta della sacrestia, entrava nell'abside della chiesa...ed
accendeva le torce per meglio vedere. E là, sul sacro altare...era il SS. Crocifisso. Una voce
rauca, tra lo sdegno e la gioia, si udì in quel divino silenzio: - Ecco il miracoloso
Crocifisso! - Due degli uomini più robusti lo presero...e lo portarono fuori le mura della
chiesa a circa cento passi, seguiti da tutto il manipolo.
- Plasmatelo di pece, - ordinò il capo... - date il fuoco e le fiamme lo
salveranno per sempre! - Così fecero. Una rossa fiamma, come di sangue, illuminò quel
luogo, mentre i sacrileghi presi di spavento si diedero a precipitosa fuga per l'improvvisa forte
scossa di terremoto avvenuta verso le ore 21 del 27 Marzo 1638".
Era trascorso parecchio tempo dal triste episodio, quando alcuni contadini notarono dei lumi accesi
laddove si celava la Croce.
Informate le autorità civili e religiose, tutti insieme - accompagnati dal popolo osannante - si
recarono sul posto e trassero intatta dalla vegetazione selvaggia la Nera Immagine di Cristo.
Nel luogo fu poi edificata una splendida chiesa, che chiamarono della Giudecca, distrutta
dal catastrofico sisma del 5 febbraio 1783. La Croce, rimasta miracolosamente illesa, venne
prelevata e posta nella Chiesa delle Grazie. Come se ciò non bastasse, una piccola vena
d'acqua, che in epoche diverse rivelò le sue virtù terapeutiche, scaturì nel sito del
ritrovamento.
Altri prodigi, testimoniati in passato da numerosi ex voto, giustificano la sincera
devozione e i solenni festeggiamenti che vengono tributati al SS. Crocifisso. Questi ultimi hanno
inizio la vigilia del 3 maggio con il rito, dopo la S. Messa delle ore 11, della discesa ed
esposizione della Croce sulla vara.
In serata, davanti al tempio, si procede all'incanto - riservato ai terranovesi - per
l'aggiudicazione della Sacra Effigie da portare a spalla.
Alle 20,30, quindi, è programmata la prima processione dal Santuario alla Chiesa Matrice, con
fervorino religioso nella piazza antistante.
Il giorno successivo - dopo la S. Messa - la miracolosa Effigie, fra un bagno di folla, passa per le
vie cittadine a benedire ogni dimora.
Rientrata al Santuario vi rimarrà esposta fino al 26 maggio, data in cui verrà ricollocata
sull'altare.
Una forte impressione suscitano gli spinati, cioè quei fedeli che per assolvere un voto
seguono il corteo ricoperti da una corona e una cappa di spine di ginestra (spàlassi) sul
torso nudo.
Altri eventi e luoghi religiosi
Oltre al Santuario del Crocifisso nero (già appartenente alla Chiesa del San Salvatore), a
Terranova vi è la Matrice (Santa Maria Assunta), costruita dopo il Flagello del 1783 - che
custodisce pregevoli opere d'arte (come il gruppo marmoreo della Donna che prega, la statua
di S. Caterina d'Alessandria, la pietra tombale del sepolcro di Roberto
Sanseverino, la Madonna del Soccorso).
La 2^ domenica di ottobre si ricorda la Madonna del Santo Rosario. La vigilia, dopo la celebrazione
della Messa, la sacra effigie si porta in processione (dal Santuario alla Matrice) per dare inizio
ai festeggiamenti.
Le prugne di Terranova
Le prugne di Terranova, dette anche prugne dei frati (i pruna di frati)
perché importate probabilmente nel '500 dai monaci benedettini celestini, hanno ottenuto il marchio
De.C.O. e raggiunto la Corte di Svezia.
Prodotte nel piccolo centro del reggino, sono state presentate con successo nella grande
manifestazione organizzata dall'Associazione Nazionale Città dei Sapori ad
Hassleholm. Le susine si presentano con forma ellissoidale, ricoperte di pruina bianca, di colore
verde fino a maturazione (luglio-agosto) con riflessi dorati e viola intensi. Genuine e salutari,
nonché dolci e aromatiche, dalla polpa consistente, vengono anche trasformate in confetture per
essere immesse sul mercato. Anche questa è Calabria!
(L'argomento è stato trattato da Domenico Caruso nella rivista "La Piana" - Anno IX n. 3 - Marzo
2010).
|
|