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La nostra Piana
Cittanova
"E' la cara mia terra: un bel paese/ da le strade diritte larghe e piane,/ ove
d'estate danno ombra cortese/e pioppi ed olmi
e pergole nostrane" (V. Toscano).
Un po' di storia
La rivolta di Spartaco.
Il governo romano sotto Giulio Cesare stava attraversando un periodo di
crisi per le ingenti spese belliche,
allorquando nel
73 a.C. si verificò la rivolta degli schiavi. Settantaquattro gladiatori,
capeggiati da Spartaco, dopo essersi
impossessati
delle armi destinate alle truppe regolari, si rifugiarono sulla sommità del
Vesuvio. Da qui mobilitarono ad una velocità
allarmante un gran numero di fuggiaschi e sfidarono le autorità.
Il pretore Gaio Claudio Glabro tentò di circondare i ribelli ma, dopo
una serie di sconfitte, fu costretto a
lasciarli
padroni dell'Italia meridionale. Il crescente afflusso di reclute permise la
formazione di due eserciti indipendenti, il
primo affidato a Spartaco e l'altro a Crixus.
Spartaco avrebbe desiderato oltrepassare le Alpi e cercare la libertà
in Gallia, ma nel frattempo il seguito
dell'alleato si
era abbandonato ad un'inconcludente politica di brigantaggio.
L'anno successivo il Senato Romano nominò due nuovi consoli e Crixus unitamente
alle sue forze fu annientato.
Spartaco -
invece - dopo alcune vittorie, tornando dalla sua avanzata verso il nord e
rinunciando alla conquista di Roma, mirava ad
impadronirsi della Sicilia per la causa degli insorti. Intanto, si era ritirato
tra i Bruttii.
A combatterlo ci pensò il Senato che diede al più grande latifondista romano
Marco Licinio Crasso il potere di proconsole e
il comando di dieci legioni.
Teatro di scontro con il gladiatore pare fosse stata una zona posta lungo la
linea che congiunge Gioia Tauro e Locri, il
Dossone della Melìa nell'Aspromonte.
Per confinare il nemico e farlo arrendere Crasso iniziò la costruzione
di un muro lungo 60 Km attraverso la punta
dell'Italia. La presenza di ruderi nella zona aspromontana potrebbe essere
riconducibile all'imponente opera militare. Anche
un pozzo nei piani dello Zòmaro è creazione romana.
I ribelli - comunque - riuscirono a spezzare le linee nemiche, tanto da spronare
Crasso a sforzi più febbrili e fare spostare
anche a Pompeo, appena rientrato dalla Spagna, il suo esercito a sud.
Dopo vari scontri, a motivo del coinvolgimento nello
scontento fra i compagni e l'annientamento degli insorti guidati da due
colleghi, Spartaco si dovette ritirare. Nel
tentativo, quindi, di raggiungere Brindisi e da lì varcare l'Adriatico venne
sorpreso sul Sele e ucciso. Così, dopo sei mesi
dalla nomina, Crasso poté assistere anche alla crocifissione di seimila
prigionieri lungo la via Appia da Capua a Roma.
La nascita della città.
L'antico "Fondaco" della famiglia genovese dei Grimaldi di Gerace
distrutto dal sisma del 1616,
regnante Filippo III di Aragona, con il bando di edificazione del 12
agosto 1618 assunse il nome di "Nuovo Casale di Curtuladi".
Fu Girolamo Grimaldi, subentrato al governo del feudo, a far riunire i
superstiti dei villaggi cancellati dal terremoto e
creare in posizione strategica ai fini commerciali quel centro poi
Casalnuovo.
Altri movimenti tellurici, purtroppo, ne ritardarono lo sviluppo. Il colpo
finale fu inferto dal "Flagello" del 5 febbraio
1783 che causò oltre duemila vittime, compresa la bella principessa Maria
Teresa Grimaldi che dalla morte di Girolamo con
affetto di madre era alla guida delle nostre popolazioni.
Dopo una lenta e difficile ripresa, finalmente nel 1851 il sindaco Domenico
Avati deliberò in Consiglio di chiedere al Re
Ferdinando II di Borbone la trasformazione toponomastica di
Casalnuovo in Cittanova in vigore dal 1° aprile 1852.
Leggende e curiosità
L'albero dell'ulivo.
Allorché Nostro Signore G. Cristo entrava in Gerusalemme accavalcato sopra un
asino, tutto il popolo lo accompagnava portando
in mano ramoscelli di ulivo e cantandogli osanna per indicare la pace ch'Egli
doveva apportare ai popoli; e portando ancora
rami di palma per indicare la vittoria ch'Egli doveva riportare sul paganesimo e
sugli altri culti degli dei falsi e
bugiardi.
G. Cristo, per lo più, si riconcentrava nell'orto degli ulivi, quando voleva
darci esempio di pregare, detto di Getsèmani; e
per darci ad intendere, che la solitudine è la vita della virtù e la morte dei
vizi secondo quanto ci insegna S. Bernardo:
Solitudo vita virtutis, mors vitiorum.
(Dall'appendice del "Vocabolario calabro-italiano" di Domenico De Cristo -
Michele D'Auria - Napoli, 1895).
Detti e proverbi
"Quandu hiuri la bruvera, è venuta la primavera".
(Quando fiorisce l'erica è primavera).
"Amaru chidu aviri chi lu patruni no' lu vidi".
(Misero quel podere che il padrone non vede).
"Tantu mu dura la mala vicina, pe' quantu dura la nivi marzina".
(Possa tanto durare la mala vicina, quanto dura la neve di Marzo).
(Da: "La Calabria" - Rivista di letteratura popolare - del gennaio 1901).
Canti popolari
(L'uomo alla donna)
Si' facci di 'na rosa cilestina,
chi di li belli tu si' la suprana;
ti meritassi d'essari rigina,
'ncurunatedha a la palermitana.
Quantu luci 'nu capillu di 'ssa scrima,
pe' tantu luci la stilla Diana;
di òssa vuccuzza nesci medicina,
ch'a ogni malatu lu cori 'nci sana.
(La donna all'uomo)
Si' c'cciu di corallu lavuratu,
culonna chi s'appoja l'arma mia,
si' tuttu bellu e tuttu 'nzuccaratu,
bellu ti fici mammata pe' mia.
Di pìcciuli e di 'randi tu si' amatu,
finu a li petri d'ammenzu la via:
mo' chi ti viju accantu a mia assittatu,
ora sarà cuntenta l'arma mia.
(Dai "Canti popolari calabresi" per cura di Raffaele Lombardi Satriani).
Poeti e scrittori
Salve, o Calabria!
Mollemente adagiata tra i due mari
di zaffiro e cobalto, o mia Calabria,
incontro alla Sicana terra ardente
tra Sila ed Aspromonte verdeggianti
di opache selve che cantar gli antichi
ausoni aedi, giunta è la tua ora.
Francesco De Cristo
(Estratto da "Calabria d'oggi" di Cittanova - n.1-2 del Gennaio-Febbraio 1954).
Pensieri vagabondi
Si è soli in tanti modi perché tante sono le solitudini:
I - Vi è quella dell'asceta: comunione libera, intima con un Dio personale e
isolato.
II - Vi è quella del poeta: gioco di immagini spontanee, nuove, fuse dalla
fantasia.
III - Quella del sognatore: groviglio di chimere, di impossibili grandezze,di
baci indicibili, di amori puri senza traccia
nel mondo.
IV - Quella del pensatore: creatrice del mondo e della libertà.
Ma tutte hanno un elemento comune, inconfondibile:
La povertà.
Si è poi poveri in tanti modi perché tante sono le povertà:
quella dell'ebete: stupefatta incomprensione dei valori della vita;
quella dell'asceta: rinunzia cosciente ma apparente perché essa cerca al di là
della vita un'altra vita, ma sempre la vita;
quella del poeta: imprigionamento della vita nella fantasia;
quella del sognatore: mondo staccato di sentimenti liberi ed esaltati fino alla
grandezza;
quella degli umili: credenza e paura di un mondo straordinario e grande;
quella infine del pazzo: maniera onesta di condurre la vita.
Ma tutte hanno un elemento comune e inconfondibile:
La solitudine.
Enrico Marvasi di Corrado
(Da: "Calabria d'oggi" di Cittanova - n. 7 del Luglio 1952).
Il dialetto (dal Vocabolario di D. De Cristo)
Voci riguardanti animali, pesci e uccelli:
alicia - acciuga
arcera - beccaccia
arcignola - beccaccino
asturi - avvoltoio
batticuda - ballerina, cutrettola
carcarazza - gazza
ciavula - cornacchia
cocciulu - tellina
cocciulu pateda - conchiglia, guscio
crapiu - capriolo
cristarellu e farcuni - falco, falcone
cuccu - cucco, cucolo
cucugghiata o cucciarda - allodola, lodola
dormituri - lumaca, chiocciola
duccu - gufo reale
farvetta - beccafico
gadina - gallina
goleo - gufo
jumenta - giumenta
lindaneda - rondinella
marvizza - tordo
nannata - avannotto
nia - tacchino
palamitu - palamita
papara - oca
perciasipali - forasiepe, scricciolo
pipituni - upupa, bùbbola
pruppu - polpo
puditru - puledro
rapinu - sparviero
scropiu - gufo
siccia - seppia
spatu - spada
spingiuni - fringuello, pincione
stacca - cavalla
strumbu - sgombro
testanigra - capinera
voi - bue
vopa - boga
vurpi - volpe
Voci varie (Dal Vocabolario di De Cristo):
a panza 'nterra - bocconi, all'ingiù
abbuzzarsi - carpare, piegare, curvare, abbassare le spalle
accia - sèdano
azzidari - spruzzare
biveri - guazzatoio
bricciu - ciottolo
cafuni - uomo ruvido e intrattabile; avvallamento
cannatuni - caratello
crivu - buratto
darrupu - discosceso, dirupo
ferlazza - ferula, graticcia
fraccomutu - difficile a prestarsi; adagiato
gravigghia - graticola
landa - latta
mbuzzunari ad unu - dare affanno, collera
mbuzzunarsi di dispiacere - addolorarsi; indispettirsi
ngruppari - annodare; far nodo nella gola
pannizzi dei bambini - pannolini
pannizzi di neve - fiocchi
puliciari - torcersi, contorcersi
russaina - rosolia, morbillo
scifulari - sdrucciolare, scivolare
sdarrupu - precipizio
sirinu - brina, rugiada
tocca - battola, raganella
varda - borda, basto
zimba - pulciaio; porcile
zimmaru - caprone, becco
(L'argomento è stato trattato da D. Caruso nelle riviste "La Piana" - Anno IV n.
1 Gennaio 2005 e "Calabria Letteraria - Anno
LIV n. 1/3 Gennaio/Marzo 2006).
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