I santuari greci extraurbani
Parole chiave:
Immagini, rural landscape history,
religione, culto, santuari, Magna Grecia, Messapi, templi, confini, paesaggio, storia,
Taranto, Puglia, Italia Meridionale
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I rapporti fra la sfera del sacro e
la storia della colonia greca di Taranto sono di stretta interdipendenza, cadenzati da
formali
momenti rituali. Questi esordivano con i riti propiziatori (con l’interrogazione dell’oracolo)
che precedevano l’impresa
coloniale stessa e proseguivano con quelli
connessi con la fondazione, con la presa di possesso della terra e con la ricognizione
dei confini della chora.
La religione costituiva anche nella vita quotidiana della polis
occasione per la definizione dei delicati
equilibri politici interni. La capacità di veicolare il
consenso sociale spiega l'accesa rivalità esistente fra le
famiglie più in vista per l'occupazione di posti di prestigio in seno alle
gerarchie
religiose.
Oltre a occasionare ulteriori motivi di discordia all'interno del consesso
politico, tuttavia, proprio la celebrazione delle solennità religiose
rappresentava, con un apparente paradosso e nel ricordo di
eventi che coinvolgevano la comunità nel suo complesso, uno
dei pochi momenti di pausa delle contrapposizioni intestine. |
Sommario:
Religione e società
coloniale
La ierà chora
I santuari
extraurbani
Saturo
Templi e confini
Riferimenti
bibliografici
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Quella parte, consistente, della
chora tarantina
destinata alle
istituzioni religiose era indicata come ierà chora.
I beni fondiari dipendenti dai templi derivavano sia da
dedicazione pubblica (tale era la destinazione di parte dei bottini di
guerra) sia da doni di privati, sia da confische ai danni di
cittadini macchiatisi di reati di tipo religioso, ma non solo.
La produttività di queste terre si realizzava, come attestato dalle tavole di
Eraclea, con la loro assegnazione in lotti a coloni;il
ricavato, in
genere in natura, veniva destinato alla erezione ed alla manutenzione dei
santuari.
Parte delle terre ad essi pertinenti, in particolare boschi o corsi d'acqua, particolarmente legati al culto
della divinità dedicatoria, dovevano rimanere incolte, pena il reato di
sacrilegio.
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A seconda della loro distribuzione topografica i santuari di età greca vengono
distinti in urbani, suburbani e extraurbani.
I santuari extraurbani rappresentavano un riscontro relativamente
frequente all'interno del paesaggio rurale di
età classica.
Essi costituivano non solo un costante riferimento quotidiano
nella vita sociale delle popolazioni rurali, ma anche un tassello della
complessa, e variamente interpretata, rete di rapporti che legavano
gli abitanti della polis alla chora.
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Saturo (Leporano) è uno dei siti archeologici più interessanti del
Mezzogiorno.
Già sede di un insediamento indigeno e di
attività
cultuale, all'arrivo
dei Greci venne confermato in questo suo ruolo, divenendo sede del
più
importante tempio extraurbano (nell'immagine l'area sacrale).
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Il più importante luogo di culto extraurbano era certamente
costituito il santuario di Saturo, particolarmente radicato nell’immaginario collettivo della
città in quanto già sede di assidua frequentazione micenea e,
almeno nella tradizione, momento
importante nelle fasi preparatorie della fondazione di Taranto da parte dei
coloni spartani.
Un primo edificio di culto venne eretto all’indomani della conquista
sull’acropoli
dell’abitato indigeno; il più importante insediamento sacro venne, però,
eretto nel corso del V secolo intorno ad una sorgente naturale, sul sito che
la
tradizione vuole già dedicato alla ninfa indigena Satiria.
Su questo culto si
impiantò quello di Kore-Persefone, sostituito dalla metà del IV secolo con quello di Afrodite basilis.
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Masseria
Agliano (Sava) sorge su un sito che fu occupato in Età
Classica da un importante tempio greco dedicato al
culto di divinità ctonie (cioè particolarmente legate
alla terra), quindi con un notevole seguito presso le
popolazioni rurali, come Demetra e Kore.
L'attuale denominazione del toponimo fa riferimento ad un prediale
romano (in -ano); in età
medievale fu sede di un casale,
abbandonato nel corso della crisi
trecentesca.
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La posizione di molti templi extraurbani, giusto
a ridosso del confine Est della chora,
quelli appunto più minacciati dai Messapi, ha suggerito che essi potessero
svolgere anche una importante funzione di marcatore ideologico nei confronti della popolazioni
circostanti.
Coerente con questa ipotesi è il frequente riscontro del culto di Artemide che
è una tipica divinità di frontiera, molto venerata
anche dai pastori
in quanto protettrice delle greggi.
Molte delle divinità oggetto di culto nei santuari di frontiera
rientravano anche nel pantheon della cultura indigena, messapica, per cui non si può
escludere neanche che essi svolgessero un delicato ruolo di condizionatore
ideologico, integrando localmente popolazioni i cui i
rapporti non furono né solo, né sempre, né ovunque, contraddistinti da
ostilità.
Riferimenti
bibliografici
Alessio A: Pion
demos, in La
Puglia prima della colonizzazione, Taranto, 1997, pp 57-86.
Alessio A-Guzzo P G: Santuari
e fattorie ad Est di Taranto. Elementi archeologici per un modello di
interpretazione, in Scienze dell’Antichità, 3-4 (1989-90).
Lippolis E.: Le
testimonianze del culto in Taranto greca, in Taras II (1982),
I-II, pp. 81-135
Osanna M.: Territorio
coloniale e frontiera. La documentazione archeologica, in Atti
del XXXVII Convegno
di Studi sulla Magna Grecia: Confini e frontiera nella grecità
d’Occidente, Taranto 1997, pp. 273-292.
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17 dicembre, 2001 00:07
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