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un ritratto del primo governatore del governo dei napoleonidi: Giuseppe Bonaparte



 

l'800: dai Napoleonidi al post_Unità d'Italia

Con la  vittoria di Austerlitz del 2 dicembre 1805 Napoleone regolerà definitivamente i conti con la dinastia borbonica, dichiarandola a tutti gli effetti decaduta.
La nomina di suo fratello
Giuseppe Bonaparte a Re di Napoli apre il
decennio di governo (1806-1816) dei cosiddetti Napoleonidi.
Quando, l'8 maggio del 1806, il nuovo sovrano giunse a Foggia venne ricevuto con tutti gli onori del caso da parte delle famiglie dei notabili foggiani e da tutto il Capitolo ecclesiastico. 
Il suo primo atto formale riguardante la
Capitanata fu il progetto di legge
elaborato dal legislatore  Saverio Barbarisi (anch'egli foggiano) il quale in appena due mesi (la promulgazione risale al il 21 maggio 1806) varò un provvedimento che aboliva  la Dogana e il suo Tribunale speciale, istituendo al contempo l'Intendenza di Capitanata.
Con la nuova legge le terre del
Tavoliere venivano concesse dietro pagamento di un canone ai "possessori in atto"  o viceversa, per chi non rientrava in questa categoria, attraverso la corresponsione di una tassa di entratura.
Il provvedimento  si rivelò in realtà estremamente svantaggioso per gran parte della popolazione rurale
perchè, da un lato i "possessori in atto " erano per lo più abruzzesi, dall'altro gli onerosi canoni di entratura a carico dei i piccoli censuari limitavano di fatto l'accesso all'acquisizione delle terre da parte di questi ultimi.
Un provvedimento che confinò ad una condizione di estrema miseria le classi rurali di Capitanata  ed i
terrazzani in particolare, creando i presupposti per l'avvento di quel fenomeno storico che passerà alla storia con la definizione di brigantaggio.

Nonostante tutto, il decennio 1806-1816 si contraddistinse per l'intesa attività riformatrice dei luogotenenti napoleonici. Mentre nel 1808
Giuseppe Bonaparte otteneva da Napoleone il trono di Spagna, Gioacchino Murat divenne il detentore del trono di Napoli. Fu sotto il suo regno che venne creata la Società di Agricoltura (denominata successivamente nel post_Unità d'Italia, Real Società Economica di Capitanata).

Gioacchino Murat

Gioacchino Murat

Tale istituzione nasceva con l'intento di favorire lo sviluppo dell'attività agricola, avviando un processo di dissodamento delle terre del
Tavoliere da destinare all'agricoltura.
Fu sempre opera di
Murat l'istituzione a Foggia del Tribunale del Commercio per la disciplina delle transazioni commerciali e degli scambi. Queste due istituzioni, insieme alla Camera Consultiva di Commercio e Borsa Cambi, decretata successivamente dai Borboni (1820), rivestiranno grande importanza nel panorama mercantile ottocentesco di Foggia.
Il governatorato di Murat si contraddistinse anche per la breve ma intensa svolta di "laicizzazione" che interessò le organizzazioni e le strutture religiose della città. I monasteri di S.Antonio, di S.Giovanni di Dio e San Domenico subirono, per effetto dei noti editti murattiani una vera  e propria opera di profanazione. In particolare il convento di  San Domenico che i Padri Domenicani  dovettero abbandonare. L'intero complesso venne destinato ad un utilizzo più profano: le sue strutture vennero infatti adibite ad alloggi per gli Ufficiali del Presidio militare.

Il crepuscolo del dominio napoleonico era comunque vicino.
Waterloo rappresenta per il grande imperatore francese il tragico epilogo della sua avventura storica. Murat dopo alcuni tentativi di resistenza dovette capitolare e, dopo la sconfitta di  Tolentino ad opera degli austriaci, abbandonare il trono. E' la fine dell'esperienza dei napoleonidi.
Cominciava quindi anche per Foggia e la Capitanata
il periodo della Restaurazione

La Restaurazione

Con il ritorno al potere dei Borboni "Foggia - parafrasando lo storico Carlo Villani - fu assillata da tre nemici potentissimi: la miseria,  l'epidemia tifoidea e i briganti".
Il primo atto deliberato nel nuovo corso borbonico riguardante la
Capitanata fu la legge del 13 gennaio 1817 che reintroduceva, pur se in forma parziale il sistema della Dogana. Il provvedimento si rivelò anacronistico in quanto tentava di ripristinare un assetto economico ormai definitivamente superato generando grandi scompensi in un territorio che aveva cominciato a scoprire la sua vocazione agricola.
Aveva inizio così la storica contrapposizione tra gli interessi legati al mercato dell'allevamento e della pastorizia e quelli connessi al commercio cerealicolo. Questo aspro confronto che caratterizzò la prima metà dell'800 a Foggia finì per alimentare un grande fermento tra i tanti esponenti della borghesia rurale, fortemente penalizzata dal nuovo corso legislativo, che trovò un concreto appoggio tra gli elementi avanzati dei ceti emergenti.
E' in questo frangente storico che si sviluppò quell'intensa rete di attività clandestine legate alle 
vendite carbonare nelle quali convergevano anime ed orientamenti diversi accomunati tuttavia da un'univoca avversione nei confronti dei Borboni.

La risonanza e l'influenza degli avvenimenti della rivoluzione spagnola furono devastanti. L'insurrezione del luglio 1820
guidata da Guglielmo Pepe  convinse Ferdinando II a concedere, suo malgrado, una Costituzione, la cui promulgazione si rivelò ben presto nella sua reale forma di atto di pura convenienza politica.
Da più parti  nel Regno si rivendicava una più concreta attuazione dei principi che la animavano. Incalzato dall'intensa attività politica di vari esponenti del mondo liberale, tra cui due cittadini foggiani
Saverio Barbarisi (già conosciuto come legislatore durante l'esperienza dei luogotenenti napoleonici) e Luigi Zuppetta, Ferdinando gettò la maschera e ordinò la repressione.
A Foggia si tentò disperatamente di arginare la reazione attraverso l'istituzione di un governo provvisorio che tuttavia non ebbe gli esiti sperati in quanto lentamente la repressione borbonica fece conoscere il crudele linguaggio della vendetta attraverso arresti ed esecuzioni di numerosi attivisti foggiani di quel periodo.
Alla successiva abrogazione  della Costituzione fecero seguito nuovi provvedimenti fiscali che finirono per vessare ulteriormente i
censuari del Tavoliere. L'economia locale precipitò in un vero e proprio collasso economico, alimentando pericolosi fenomeni di usura e di vorace speculazione dei mercanti napoletani.
A nulla  valse l'operato del commissario regio
Nicola Santangelo inviato in Capitanata sul finire del 1824 per risollevare le sorti di un tessuto economico oramai depresso.
L'attuazione di provvedimenti quali dilazioni e abbuoni dei debiti, riduzioni dei canoni e l'istituzione nel 1834 della  Banca del Tavoliere che dovevano rappresentare la risposta delle istituzioni borboniche al dilagare della piaga dell'usura non riuscirono a ridare ossigeno all'attività agricola e armentizia. L'insuccesso di queste misure coincise peraltro con la cessazione dell'attività della Banca nel 1839.

Il dibattito sulla questione del Tavoliere e la "nuova" città

Piuttosto vivace risultò in questi anni il dibattito tra intellettuali ed economisti  sui destini del Tavoliere e sulle ricette da adottare per risollevare la sua economia. Da un lato si levò, tra le altre, la voce di Giustino Fortunato, convinto sostenitore dell'affrancazione; dall'altro quella di Carlo Afan de Rivera che considerava momento necessario e preliminare ad essa l'opera di bonificazione delle terre che avrebbe potuto garantire al Tavoliere migliori prospettive in termini ripopolamento.
La prima metà del XIX secolo si  caratterizza anche per un fiorente sviluppo dell'edilizia pubblica. Gran parte delle opere sono firmate dall'ingegnere provinciale
Luigi Oberty, il quale conferì alla città una marcata impronta neo-classica con i Propilei della Villa Comunale, il Real Teatro Ferdinando (oggi Teatro Giordano) , la facciata delle chiese di San Francesco Saverio e di Santa Maria della Croce, l'Orfanotrofio "Maria Cristina", il Palazzo Municipale (specialmente, per quanto riguarda quest'ultimo, su Porta Arpana).
La toponomastica del tempo ci restituisce un immagine della nuova città borghese che avanza e  si sviluppa con i palazzi dei "nuovi ricchi", secondo le direttrici tracciate lungo le importanti assi viarie e con la funzione del nuovo centro cittadino che non è più Piazza Cattedrale, bensì
Piazza XX settembre. Da qui l'isolamento del centro storico antico e dei suoi quartieri settecenteschi.

Gli sviluppi del '48 in Capitanata e il declino dei Borboni

Nei moti europei del
1848 le vicende italiane ebbero un particolare rilievo. Ovunque in Italia la partecipazione dell'opinione pubblica ed, entro certi limiti, delle masse popolari fu più ampia.
Nel Mezzogiorno ed in particolare in Capitanata i venti di fronda delle plebi contadine, che andavano sempre più prendendo coscienza della propria condizione e del proprio ruolo, assunsero un'intensità tale da preoccupare
Ferdinando II il quale avviò una nuova svolta in senso reazionario.
E' per questo motivo che la notizia della morte del sovrano  fu accolta  a Foggia con la diffidenza di chi non poteva credere alla fine della tirannia della
Restaurazione borbonica che era coincisa con uno dei periodi più bui della storia della città.
L'
avvento al trono del successore Francesco II rappresentò con l'inizio del lento declino dei Borboni
. Il nuovo sovrano non appariva come l'uomo in grado di fronteggiare una crisi oramai irreversibile alimentatasi sia tra i componenti della sua corte, che gli rimproveravano  una eccesssiva flessibilità nei confronti delle rivendicazioni del popolo, sia sul fronte esterno dove l'opposizione a regime borbonico incalzava il nuovo sovrano agitando in continuazione lo spettro di una rivolta
La nuova Costituzione emanata da
Francesco II il 26 giugno 1860 rappresentò un atto di mera opportunità politica che non sortì gli effetti sperati.
La tensione era oramai altissima. Le politiche borboniche di compressione della borghesia agraria, la cui condizione di profondo disagio aveva inevitabili ricadute sulle masse contadine, indusse  molti suoi esponenti ad opporsi contro i
Borboni, organizzandosi i comitati (a Foggia sorsero i Comitati dell'Azione e dell'Ordine).
Quando
Garibaldi entra a Napoli l'eco della sua impresa raggiunge Foggia, dove la popolazione si riversò per le strade lasciandosi andare a scene di giubileo sventolando il tricolore proprio mentre i vari  funzionari del re abbandovano la città.  Giuseppe Ricciardi venne nominato da Garibaldi governatore di Foggia.


Il plebiscito e l'Unità d'Italia

Alla caduta dei  
Borboni ed  al plebiscito del 21 ottobre del 1860, nel quale Foggia si mostrò compattamente favorevole all'Unità, fece seguito un periodo nel quale si alternavano rigurgiti reazionari, anche sotto le forme di attività clandestina quali il brigantaggio) e atti di repressione e vendetta nei confronti di tutti coloro che in qualche modo erano stati collusi con il vecchio regime.
In questo frangente storico Foggia conobbe riconoscimenti di rilievo
, ma anche grandi disillusioni.
Il trasferimento o il mantenimento ad altre sedi (Bari, Lecce, Lucera ecc. ) di importanti uffici e organismi statali  costituirono motivi di grande delusione nei confronti del Nuovo Stato
.
Le classi più povere che non intravedevano nel "nuovo ordine" speranze di riscatto dalla loro miserevole diedero vita ad una serie di tumulti, inneggiando al contempo ai
Borboni e al Papa. L'errore strategico commesso in un primo tempo dai rappresentanti del nuovo Stato fu quello di indugiare e sottovalutare il fenomeno riducendo le sommosse ad un problema di ordine pubblico. Ma l'adesione al brigantaggio cominciò a raggiungere livelli preoccupanti, tanto da indurre ad un massiccio intervento militare per risolvere una questione che era oramai diventata politica ed economica.
Era la questione del
Tavoliere che, posta al Parlamento italiano nel 1861 da alcuni deputati pugliesi con tre disegni di legge, fu dibattuta fino al 21 febbraio del 1865 quando, con il voto positivo del Senato, finalmente si poteva dare inizio all'affrancamento delle terre di Capitanata.

Il post Unità d'Italia in
Capitanata
ed in particolare a Foggia si caratterizza per l'opera di Lorenzo Scillitani, illustre figura cittadina. Sindaco di Foggia dal 1861 al 1872, anno in cui venne nominato Presidente della provincia, Scillitani si contraddistinse per la sua intensa attività amministrativa e politica. Il suo mandato incise notevolmente sulle vicende economiche e formative di Foggia attraverso la elaborazione di interessanti programmi di sviluppo dell'istruzione pubblica e urbanistiche della città.
Ma gli anni immediatamente post-unitari si contraddistinguono anche per l'inaugurazione dei tronchi ferroviari per Castellamare Adriatica (parte dell'odierna Pescara) , Barletta e Bovino. Questa importante opera infrastrutturale consentirà a Foggia di diventare uno dei nodi ferroviari più importanti del Regno. Con i ferrovieri e con gli occupati della officina riparazioni della Società Meridionale si modificava sempre più la stessa connotazione sociale della città .

La crisi di fine secolo e i tumulti contro l'aumento del pane

Infine gli ultimi decenni  del secolo che nel complesso portarono poco o nulla di buono alla città: in crisi la pastorizia, il mercato della lana e l'industria lattiero-casearia, sempre in difficoltà l'agricoltura, per l'immobilismo dei grandi proprietari, per il perdurare del latifondo, per la scarsità di capitali e per la conseguente mancanza di piccole imprese.  Foggia aveva perso ormai il ruolo di piccola capitale mercantile del Regno: cominciava una lunga stagione di emigrazioni e di lotte contadine, di calamità (il colera del 1884, che poi si sarebbe ripresentato nel 1910) e di sommosse.
Alla sommossa per il carovita dell'aprile del 1898 è legato l'episodio - funestissimo per la ricostruzione della storia cittadina - dell'assalto al Palazzo Municipale di una folla di popolani che appiccò l'
incendio ai documenti dell'Archivio comunale.

 
 
 
 
 
       

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