Il Regno dei Borboni
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Verso la fine del Seicento, il ramo spagnolo degli Asburgo, discendente da Carlo V (Carlo I come re di Spagna), giunge all'estinzione con Carlo II, che muore senza eredi e lascia vacante il trono di Spagna. Si apre quindi la fase della successione spagnola, sulla cui Corona avanzano le loro pretese "dinastiche" gli arraffatori del momento, Luigi XIV di Francia (il Re Sole) e l'imperatore Leopoldo I d'Asburgo: dell'ultimo re spagnolo entrambi avevano sposato le sorelle. L'erede designato per testamento fu Filippo di Borbone-Angiò, nipote del re di Francia, che salì al trono col nome di Filippo V; ma questo nuovo assetto, in base al quale Francia e Spagna venivano a trovarsi sotto la Corona della stessa dinastia dei Borboni di Francia, provocò ovviamente la reazione dei principali Stati europei, Austria in testa, che in quella unione vedevano un indebito arricchimento territoriale a favore della Francia e, di questa, il sorgere di una possente egemonia. Si giunse quindi al formarsi di una coalizione contro Luigi XIV e alla cosiddetta Guerra di successione spagnola, che si protrasse dal 1700 per ben tredici anni, e si concluse con la Pace di Utrecht del 1713. Con essa Filippo di Borbone viene riconosciuto re di Spagna, a condizione però che non vengano mai unite le corone di Spagna e Francia (vanificando così il progetto del Re Sole che, fra i due Stati, "non esistano più i Pirenei"), e che nè l'uno nè l'altro sovrano avanzi pretese sullo Stato confinante. L'anno seguente, però, l'Austria pretese la sua parte, e fu così che la Spagna dovette cederle la Fiandra, il Milanese, il regno di Napoli e la Sardegna. In tal modo, dopo circa due secoli, cessava il predominio spagnolo in Italia e ad esso si sostituiva quello dell'Austria, nuova potenza egemone in Europa, e il nostro Meridione tornò nelle mani degli Asburgo, questa volta al ramo austriaco. . A questo punto, siamo nel 1715, entra in scena una donna, intelligente, volitiva e scaltra politica. E' l'italiana Elisabetta Farnese, erede del ducato di Parma e Piacenza, che sposa il re spagnolo Filippo V rimasto vedovo; il re, ormai malandato e in perenne stato depressivo, finisce col lasciare le redini del regno quasi completamente nelle mani di lei, che con un'accorta politica e dopo alterne vicende diplomatiche e militari, finirà, nel 1735, col veder insediato sul trono di Napoli (divenuta capitale di un nuovo regno) il proprio primogenito. Nacque così in Italia, con l'accorto e paziente operato di questa abile donna, un regno autonomo e indipendente da potenze straniere, il regno di Napoli e Sicilia, che sarebbe poi stato chiamato regno delle Due Sicilie. Ebbe inizio in tal modo la dinastia dei Borboni di Napoli: una casata che, pur essendo una costola dei Borboni di Francia e direttamente derivando da quelli di Spagna, ebbe una matrice italiana, e italianissima fu e divenne col tempo (i suoi re parlavano addirittura in dialetto napoletano). Italiana e con una politica estera ispirata a grande indipendenza dalle altre potenze, anche da quella spagnola, della quale era pur sempre una filiazione.
Questo atteggiamento dei re borbonici finì, nell'Ottocento, col suscitare la malevolenza dell'Inghilterra, che, dopo la caduta di Napoleone, era diventata padrona incontrastata del Mediterraneo e che vedeva, al centro di questo mare, un regno niente affatto disposto a una pedissequa acquiescenza alla sua politica imperialista, un regno che voleva essere padrone in casa propria. La motivazione ufficiale di questa ostilità era, da parte dell'Inghilterra, il continuo rifiuto da parte dei re borbonici di concedere al regno la Costituzione, nonché la reazionaria e repressiva conduzione dell'amministrazione della giustizia: in realtà le cause erano, come sempre negli attriti internazionali, esclusivamente mercantili. Ne fu un esempio la querelle sorta fra i due Paesi nel 1836 sullo sfruttamento delle miniere di zolfo siciliane (a quell'epoca le più importanti del mondo, con una produzione del 90% del fabbisogno mondiale). Il re Ferdinando II° aveva abolito nei propri territori la tassa sul macinato, e, per compensare la perdita di questo introito per le casse dello Stato, era venuto alla decisione di vendere lo zolfo siciliano non più ai mercanti inglesi (che glielo pagavano una miseria e lo rivendevano a prezzi altissimi), ma ad una società francese che gli garantiva maggiori guadagni, pagandogli il doppio di quanto avevano sborsato gli inglesi. Non l'avesse mai fatto: non avendo avuto soddisfazione in sede giudiziaria, il primo ministro inglese lord Palmerston mandò la flotta britannica nel golfo di Napoli, minacciando il bombardamento della città. Dovette intervenire, come mediatore, Luigi Filippo di Francia. "Il risultato fu che lo Stato napoletano dovette annullare il contratto con la società francese e pagare gli inglesi per quel che dicevano d'aver perduto e i francesi per il guadagno mancato. È il destino delle pentole di terracotta costrette a viaggiar tra vasi di ferro. Chi ci rimise fu il povero regno napoletano; ma l'Inghilterra se la legò al dito come oltraggio supremo." (Carlo Alianello, "La conquista del Sud" - Rusconi edit., 1982). E questa ormai dichiarata ostilità britannica favorì poi, nel 1860, anche il successo dello sbarco dei Mille a Marsala: è ben risaputo che questi ebbero la provvidenziale copertura della flotta britannica che, con il pretesto ufficiale di proteggere gli interessi dei cittadini inglesi che lì risiedevano, incrociava fra la costa e le navi garibaldine, rendendo quindi pressocché impossibile all'artiglieria borbonica di cannoneggiare le barche e contrastare lo sbarco, per il rischio di colpire le navi inglesi e provocare l'intervento armato della Gran Bretagna.
La dinastia dei Borboni di Napoli regnò sul nostro Meridione per centoventisei anni, fino a quando l'impresa garibaldina e il Piemonte dei Savoia non ne debellarono l'ultima resistenza a Gaeta nel 1861.
Il primo sovrano
Borbonico fu Carlo III (Madrid 1716-1788) figlio del re di Spagna Filippo
V (Versailles 1683 - Madrid 1746 - per breve tempo anche re di Napoli e
Sicilia). A quindici anni Carlo divenne duca di Parma nel 1731, poi quasi
ventenne nel 1735 re di Napoli e di Sicilia (Carlo VII 1734-1759); che lasciò
dopo 25 anni di regno, dopo la morte del padre per salire sul trono di Spagna.
Francesco I (1777-1830), figlio di Ferdinando I, seguì il padre in Sicilia allorché il Regno di Napoli fu invaso dalle truppe napoleoniche, divenendone Luogotenente. In tale veste fu costretto con il padre a concedere la Costituzione già ricordata sopra (1812). Visse anche lui la Restaurazione, l'esperienza dei moti del 1820 e il "tradimento" del padre. Salito al trono alla morte di Ferdinando (1825) anche lui governò dispoticamente per fortuna solo cinque anni. Ma il peggio per Napoli e per la Sicilia doveva ancora venire!
Ferdinando II (1810-1859), figlio di Francesco I e di Maria Isabella Borbone di Spagna. Salito ventenne al trono nel 1830 alla morte di Francesco, governò dapprima con molta moderazione e saggezza: concesse infatti amnistie e riforme, cambiò ministri e richiamò persino ufficiali murattiani; inaugurò la prima ferrovia italiana (Napoli-Portici, 1839), diede incremento alla marina mercantile (ebbe tra le sue navi il primo battello italiano a vapore in regolare servizio di linea) riformò quella militare ed allacciò Napoli alla Sicilia perfino con una pionieristica rete telegrafica. Tuttavia, gelosissimo della propria indipendenza (una eredità gia presente nel padre), finì col chiudersi in un isolamento diplomatico che doveva rivelarsi, a lungo andare, assai dannoso anche sul piano economico (crisi degli zolfi, 1840). Fu così strettamente legato al più rigido assolutismo. La pubblicistica "risorgimentale" lo presenta come "privo di grandi ideali" e lo
accusa di non aver saputo approfittare degli entusiasmi liberali che aveva
inizialmente sollevato con la sua giovane età, di indole democratica e perfino
plebea. Nel 1837 infatti, fece reprimere con disumana severità la rivolta
costituzionalista ed autonomista della Sicilia e nel 1844 fece fucilare i
Fratelli Bandiera. E' vero che nel 1848 fu il primo a concedere la Costituzione
(29 gennaio), ma in questo, c'è un distinguo "risorgimentale", che afferma che
non fu data con la sua pseudo-illuminata volontà, ma "vi fu costretto" dalla
pressione dell'opinione pubblica. Comunque negli eventi austro-piemontesi del
'48, fu il primo e il più generoso ad inviare soldati in Lombardia contro
l'Austria (12.000 uomini al comando proprio del generale ex ribelle Guglielmo
Pepe), ma, si obietta (sempre da parte risorgimentale) poco dopo ritornò sui
suoi passi riprendendo praticamente il potere assoluto (15 maggio) richiamando
le truppe, e lasciando nella disfatta i piemontesi. Ma la stessa cosa avevano
fatto i soldati pontifici, schierandosi il papa con i cattolici austriaci e non
con i "ribelli" "italiani" piemontesi, lombardi, toscani e partenopei (che
all'inizio aveva appoggiato).
Francesco II
di Borbone (1835-1894) successe all'età di 23 anni al padre Ferdinando II
nel 1859. Ma la sua reggenza si concluse subito con la inutile fuga e difesa a
Gaeta, ultimo baluardo borbonico all'inarrestabile avanzata delle truppe
garibaldine e piemontesi. Con il suo esercito allo sbando e una buona parte
anche disertori, alla fine rimasto solo con pochi fidati uomini l'11
febbraio 1860 si arrese. Ma lui lasciando Napoli aveva detto "Voi, amati sudditi, sognate l'Italia ma, arriverà il giorno che non avrete più nulla, nemmeno gli occhi per piangere".
Dopo la disfatta di Gaeta e la fine del suo regno, Francesco II andò in esilio a Roma (ancora papalina) con la moglie Maria Sofia, della casa reale di Baviera (sorella dell'imperatrice d'Austria-Ungheria, Elisabetta "Sissi"). Furono ospitati al Quirinale da Pio IX, per passare poi a Palazzo Farnese, che il re aveva ereditato dalla sua ava Elisabetta. Morì ad Arco, nel Trentino (austriaco) nel 1894. La moglie gli sopravvisse fino al 1925. Verso la fine della sua vita, andarono a farle visita nel suo modesto appartamento di Monaco di Baviera dove si era ritirata, due sue nipoti della dinastia Sassonia-Coburgo-Gotha: erano Elisabetta regina del Belgio (nonna dell'attuale re Alberto), e sua figlia Maria José (futura principessa di Piemonte e ultima regina d'Italia). Al momento del commiato, l'ex regina di Napoli chiese a quest'ultima se era vero che stava per fidanzarsi con Umberto di Savoia, principe ereditario dell'odiata casa dei "predoni" piemontesi. Poi, da questa giovane nipote si fece promettere (tanto energicamente quanto inutilmente) che non si sarebbe mai imparentata con una dinastia (i Savoia) che le aveva "rubato" il regno di Napoli. Antichi rancori che non si erano mai sopiti in più di sessant'anni. Ma a questa anziana aristocratica, che da giovane sovrana aveva combattuto a Gaeta nell'estrema difesa del proprio regno a fianco dei suoi soldati, chi potrebbe dare torto?
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