Da Repubblica del 7 marzo 2005
La
Procura di Palermo diffonde il nuovo identikit del boss mafioso, ricavato dalle
indicazioni di un pentito. L'unica foto risale a 42 anni fa. Grasso lo ha
mostrato anche nel corso della trasmissione "Chi l'ha visto"
E' stato ricostruito con le indicazioni del
pentito Giuffrè
Sul volto i segni della stanchezza e della malattia
Provenzano non è più un fantasma
Dalla procura un nuovo identikit
Bernardo Provenzano non è più un fantasma. Ha le sembianze dell'identikit
preparato dagli esperti della polizia sulla base delle indicazioni fornite
dell'ultima persona che lo ha incontrato, il pentito Antonino Giuffrè.
Eccolo l'imprendibile capo di Cosa nostra siciliana: il volto scavato da 42 anni
di latitanza e potere, lo sguardo imperturbabile di chi decise l'inferno delle
stragi Falcone e Borsellino e poi all'improvviso decretò la fine della guerra
allo stato, non sappiamo ancora perché. Agli esperti della Scientifica, Giuffrè
ha indicato anche i segni della stanchezza e della malattia nel volto asciutto
di quell'uomo che il 31 gennaio ha compiuto 72 anni: per ben due volte, negli
ultimi quattro anni, il padrino di Corleone ha dovuto sottoporsi a un'operazione
di prostata, l'ultima volta a Marsiglia. "Ma poi, dopo una dieta
appropriata, è tornato ferrigno come sempre", ha precisato ai magistrati
il boss di Caccamo che un tempo stava al suo fianco e oggi è un collaboratore
di giustizia.
L'identikit della primula rossa di Cosa nostra è stato reso noto nel corso di
una conferenza stampa alla questura di Palermo dal procuratore Pietro Grasso,
dal prefetto Nicola Cavaliere, capo del Dipartimento anticrimine centrale della
polizia e dal questore del capoluogo siciliano Giuseppe Caruso.
La foto è una elaborazione al computer: fu tracciata nell'estate del 2002,
subito dopo il pentimento di Giuffrè, e da allora è stata la bussola per gli
investigatori che sono impegnati nella ricerca del superlatitante. L'identikit
rassegna ancora il piglio del padrino, lo stesso che 47 anni fa restò impresso
nella prima e unica foto segnaletica di Bernardo Provenzano, scattata nella
caserma dei carabinieri di Corleone: era il 17 settembre 1958, quel giovane di
25 anni aveva rubato sette quintali di formaggio insieme ad altri complici poi
diventati tristemente famosi anche loro. In carcere rimasero pochi giorni; poi,
il 2 ottobre, a casa di Provenzano arrivò una diffida della Questura di
Palermo, "per le sue frequentazioni pericolose". Il 9 maggio 1963 seguì
una convocazione nella caserma dei carabinieri di Corleone, "per nuovi
accertamenti", ma quella volta non si presentò nessuno. Il 18 settembre,
dopo la strage in cui morirono tre mafiosi del clan perdente di Corleone,
Provenzano era già ufficialmente latitante.
L'identikit presentato dal procuratore Grasso è quello
mostrato nei giorni scorsi a medici e infermieri di Marsiglia che hanno avuto in
cura il boss, a luglio e a ottobre 2003: quella volta, il capo di Cosa nostra si
finse un anonimo pensionato della provincia di Palermo. "Corporatura
robusta, occhi castano chiaro, capelli castano scuri - così ha spiegato Giuffrè
- cercate una cicatrice al collo". Ma qualche anno fa, arrivò una soffiata
agli investigatori: "Provenzano ha fatto ricorso a un chirurgo
plastico". Il mistero continua.