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Le promesse
La promessa di realizzare grandi opere pubbliche era uno dei
5 punti del "contratto con gli italiani". L'impegno di
"aprire i cantieri previsti dal «Piano decennale per
grandi opere», comprendente strade, autostrade, metropolitane,
ferrovie, reti idriche e opere idrogeologiche per le difese dalle
alluvioni" è uno dei punti qualificanti del programma
del Governo. A quell'impegno si sono poi accompagnati nei primi
mesi della legislatura ripetuti, enfatici annunci. "Faremo
dell'Italia un grande cantiere, siamo il governo del fare",
è il ritornello preferito di Berlusconi e Lunardi, che hanno
annunciato opere per almeno 125 miliardi di euro (244 mila miliardi
di lire) in dieci anni.
I fatti
Nel primo anno l'attività del Governo si è concentrata
su due fronti: da un lato l'approvazione della legge-obiettivo per
la realizzazione delle infrastrutture strategiche, dall'altro le
modifiche alla legislazione sugli appalti di lavori pubblici. Ma
ad oggi non vi è stato alcun rilancio delle opere pubbliche.
"Un anno dopo non sta partendo niente", ha scritto il
"Corriere della Sera". Mentre appare sempre più
evidente la pericolosità di una politica che comporta per
le regole sugli appalti un vero e proprio ritorno al passato.
La legge obiettivo: una legge sbagliata e inefficace
Di opere pubbliche lItalia ha bisogno:
ferrovie, strade più moderne e sicure, reti idriche, reti
di trasporto nelle città, difesa del suolo, porti e aeroporti.
Ma la legge-obiettivo è profondamente sbagliata, perché
colpisce regole essenziali per la trasparenza e la correttezza degli
appalti pubblici, crea un doppio mercato per le opere pubbliche
a vantaggio solo di poche grandi imprese, svuota il nuovo Piano
generale dei trasporti, smantella la valutazione di impatto ambientale,
soffoca con un centralismo brutale le funzioni delle Regioni e degli
Enti locali. Al tempo stesso essa appare inefficace, destinata a
non funzionare.
La pubblicazione della delibera CIPE sul piano delle opere ha reso
evidente che il Governo si è infilato in un operoso
pantano (Sole 24 ore).
Il piano delle opere: un (brutto) libro dei sogni
Il piano delle cosiddette infrastrutture strategiche
indicato nella delibera CIPE è un elenco lunghissimo e confuso
di opere. Se ne contano 276, tra grandi e piccole. Assomiglia terribilmente
ai vecchi famigerati piani degli anni 70 e 80
come il Piano decennale della viabilità fatti di lunghi
elenchi di opere destinate a rimanere sulla carta. Per evitare conflitti
con le Regioni e poter continuare a fare promesse in giro per lItalia,
Lunardi ha fatto finta di accontentare tutti. Salvo poi ammettere,
in Parlamento, che il Governo applicherà la legge obiettivo
a 19 grandi opere, per le altre si vedrà. Ma se le
cose stanno così vuol dire che il Governo sta ingannando
le stesse Regioni.
Il piano delle opere appare fortemente squilibrato, nientaffatto
coerente con la necessità di riequilibrare il sistema dei
trasporti, dotare il paese delle infrastrutture di cui ha più
bisogno, dare attuazione al Protocollo di Kyoto, favorire il riequilibrio
tra Nord e Sud. Dei 125 miliardi di euro annunciati come investimenti
per il decennio, la fetta più grande andrebbe a strade e
autostrade (circa il 42%), e poi alle ferrovie (35%) ai sistemi
urbani (11%), ai sistemi portuali e aeroportuali (4%), a interventi
specifici come il Ponte sullo Stretto e il Mose di Venezia (5%).
Vi è quindi un profondo cambiamento rispetto alle previsioni
del nuovo Piano Generale dei trasporti, approvato dal Governo di
centrosinistra, che indicava come prioritari gli investimenti per
le Ferrovie (56%) rispetto a quelli per la viabilità (28%).
Territorio: l'ambiente da sacrificare
Del tutto residuali vengono considerati, nella delibera CIPE, gli
interventi sul territorio più significativi dal punto di
vista ambientale. Agli impianti per le risorse idriche andrebbe
una quota assolutamente insufficiente, poco più di 4 miliardi
di euro (3%), mentre neppure un euro è previsto ad oggi per
la difesa del suolo e il riassetto idrogeologico, che dovrebbe invece
essere considerata una delle grandi priorità nazionali. Già
nella Legge Finanziaria erano stati ridotti in misura consistente
i finanziamenti per lambiente ed il territorio. Daltra
parte è tutta la politica del Governo basta ricordare
la legge delega sullambiente presentata alle Camere, una vera
e propria controriforma in campo ambientale, e la gigantesca ipoteca
che viene messa sul patrimonio dei beni naturali e culturali con
la creazione della società "Patrimonio SpA"
a rivelare una concezione vecchia e sbagliata che vede la tutela
dellambiente solo come un fastidioso vincolo e non come elemento
di innovazione, competitività, qualità dello sviluppo
oltre che, prima ancora, come condizione di qualità della
vita e di civiltà.
Meno soldi per le opere pubbliche
Nonostante la ricerca di nuove e talvolta discutibili
fonti di finanziamento (Cassa depositi e prestiti, Fondazioni bancarie,
fino alla creazione di "Infrastrutture SpA" che rischia
di produrre effetti assai negativi sui bilanci pubblici), il piano
delle opere pubbliche annunciato dal Governo è senza copertura
finanziaria. Quando parla di 125 miliardi di euro non parla di risorse
disponibili, ma semplicemente di quanto sarebbe necessario per realizzare
il piano decennale. Per il triennio 2002-2004 il Governo annuncia
investimenti per 24 miliardi di euro: ma le risorse effettivamente
disponibili e certe, cioè quelle per il 2002, sono solo 2,7
miliardi di euro, mentre il resto sono semplici previsioni programmatiche.
Le risorse ad oggi davvero disponibili sono pari, quindi, al 2%
di quelle promesse per lintero piano e al 10% di quelle necessarie
nel triennio. Laltro dato certo è che nella legge finanziaria
il Governo ha ridotto gli investimenti per le infrastrutture del
5,4%, mentre dal 98 al 2001, con i governi dellUlivo,
cera stato un incremento medio annuo pari al 10,6%.
Conclusione? Nessun nuovo importante cantiere sarà aperto
nel 2002, se non quelli decisi e finanziati dal precedente Governo.
Che ha lasciato in eredità al Governo Berlusconi non un "deserto",
come dice Lunardi, ma un significativo patrimonio di opere pubbliche
già progettate, finanziate, appaltate e di cantieri già
aperti.
La verità è che il centrodestra aveva detto di voler
semplificare le procedure, ma per certi versi le ha complicate.
Ha rimesso in discussione decisioni già prese per proporre
nuovi progetti, ha aperto conflitti con le Regioni sui tracciati.
È il caso, ad esempio, del Corridoio tirrenico da Grosseto
a Civitavecchia, o del passante di Mestre. Risultato? L'avvio dei
lavori, che poteva essere già avvenuto, si allontana nel
tempo. E perché gli interventi previsti nel rinnovo delle
convenzioni con le società autostradali, per circa 18.000
miliardi di lire, non sono ancora partiti? Insomma, il centrodestra
aveva detto di voler accelerare la realizzazione delle opere, ma
lha rallentata.
Le regole per gli appalti: un ritorno al peggior passato
Il centrodestra sta smantellando, pezzo a pezzo,
le regole di trasparenza e tutela della concorrenza per i lavori
pubblici. Si tratta di norme dirette ad una deregulation che non
comporta una maggiore apertura del mercato, ma al contrario un suo
restringimento.
Con la legge-obiettivo si sono sottratte alle regole sugli appalti
le cosiddette opere strategiche. Con la legge sulle
infrastrutture collegata alla Finanziaria si prevede il ritorno
agli affidamenti diretti, senza gare, per i lavori dellAlta
velocità ferroviaria e si consente laffidamento senza
gara anche per tutti i lavori dei concessionari (decine di miliardi
di euro, ad esempio, solo nel settore autostradale).
Gran parte dei lavori pubblici verranno realizzati quindi senza
gare di appalto e senza procedure trasparenti: un ritorno al passato,
al tempo in cui pochi si sedevano ad un tavolo e si spartivano gli
appalti. Si vuole riconsegnare il mercato a poche grandi imprese
e far ripiombare nel cono della subalternità quelle piccole
e medie. Si riduce la possibilità da parte della Pubblica
Amministrazione di controllare tempi, costi e qualità dellopera,
e si rischia di invertire il processo di qualificazione delle imprese
avviato in questi anni. Si reintroduce la possibilità delle
varianti in corso dopera, si aumenta dal 30% al 50% la possibilità
di subappalto e si allentano i controlli antimafia sui piccoli subappalti.
Si abbassa pericolosamente la soglia di legalità, con il
rischio di tornare alla situazione da cui si sviluppò Tangentopoli,
aprendo varchi alla criminalità organizzata e mafiosa, come
ha denunciato anche il procuratore nazionale antimafia Vigna.
Non solo: il modo di agire del Governo riporta il settore dei lavori
pubblici in una situazione di incertezza e confusione. Modificare
così le regole sugli appalti, pezzo a pezzo, senza un disegno
organico e senza aspettare la nuova direttiva europea, significa
fare un danno anche alle imprese e a tutti gli operatori, che avrebbero
bisogno di regole certe e chiare.
Casa
Dietro laccattivante ed improprio slogan padroni a casa
propria il provvedimento del Governo per la semplificazione
delle autorizzazioni edilizie non fa altro che ricopiare in larga
parte, per gli interventi che interessano la grande maggioranza
delle famiglie italiane, quanto già previsto dal testo unico
emanato dal Governo di centrosinistra. E preoccupante invece
non aver previsto adeguate garanzie per la tutela dei centri storici,
per il rispetto degli standard urbanistici, per la lotta allabusivismo.
Con la Finanziaria il Governo aveva previsto di metter fine alla
positiva esperienza delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione
delle abitazioni (più di 1 milione di famiglie ne hanno usufruito
dal 98 al 2001): grazie anche agli emendamenti dellopposizione
la norma è stata prorogata a tutto il 2002.
Grave, infine, è stato il taglio di risorse al Fondo sociale
per la casa. Circa 100 mila famiglie non avranno più da questanno
il contributo previsto per aiutare i più disagiati a sostenere
le spese per laffitto.
Nulla per la mobilità nelle città
Di fronte allemergenza smog, ai
problemi di inquinamento e di congestione del traffico nelle città,
gli interventi annunciati dal Ministro Matteoli sono nullaltro
che quelli già decisi e finanziati dal Governo dellUlivo.
Sarebbe necessario un piano straordinario per la mobilità
sostenibile - facendo leva sui piani urbani della mobilità
(PUM), su un aumento dei finanziamenti statali e su maggiori poteri
da attribuire ai Sindaci - ma il centrodestra ha respinto le nostre
proposte. Non esistono risorse aggiuntive sul bilancio 2002; anzi,
sono state tagliate le risorse al trasporto pubblico locale.
In particolare:
Le risorse stanziate nel 2000 (30 miliardi di lire per il mobility
management, 10 miliardi per car sharing, 40 miliardi per conversione
veicoli a GPL e metano) non sono stati ad oggi utilizzati. Stessa
cosa per i progetti sperimentali per la mobilità sostenibile.
Il Ministro non firma gli accordi di programma relativi al programma
strategico per la mobilità nelle aree urbane (300 miliardi
di lire).
Matteoli parla di 244 milioni di euro per un piano d'azione di acquisto
di veicoli a metano o elettrici negli anni 2002-2005, pari a 60
milioni di euro all'anno, ma nel 2002 le risorse si riducono a 15,5
milioni di euro.
Lunardi taglia gli stanziamenti per trasporto pubblico locale e
per il trasporto rapido di massa. Per il 2002 non cè
una lira per il rinnovo parco autobus. Alle Regioni viene semplicemente
ripartito lex fondo nazionale trasporti senza una lira in
più.
I piani urbani della mobilità (PUM), individuati dalla legge
340/2000 e dal Piano generale dei trasporti, sarebbero uno strumento
molto utile in mano ai sindaci. Ma non possono essere utilizzati
perché il Governo non ha predisposto il regolamento e non
ha individuato le risorse necessarie.
Ferrovie
Mentre Lunardi e Berlusconi continuano ad inaugurare
cantieri già aperti dal centrosinistra, le continue modifiche
delle norme sugli appalti ritarderanno i programmi delle FS, mentre
negli scorsi anni si erano impegnati circa 10.000 miliardi di lire
allanno per investimenti. Sono state resuscitate le concessioni
TAV (Alta velocità) in contrasto con le norme comunitarie
e con il parere con lAutorità Antitrust; ciò
comporterà un aggravio di oltre 4.000 miliardi di lire e
probabilmente un rallentamento dei lavori. Viene penalizzato il
Sud: sono stati tagliati infatti 200 miliardi di lire per il trasporto
merci ferroviario in Sicilia ed in Sardegna.
Trasporto aereo
Cè una totale assenza da parte
del Governo di una strategia sul trasporto aereo e sulla compagnia
di bandiera. Per non parlare del dilettantismo sul problema della
sicurezza: dopo lincidente di Linate si sono tagliati i fondi
per lENAC, lENAV, lAgenzia per la Sicurezza del
Volo. Lattuazione del programma per il potenziamento degli
aeroporti (1.000 miliardi lire) è in ritardo.
Autotrasporto
Il Governo ha lasciato passare 12 mesi senza
affrontare i problemi degli autotrasportatori, a partire dalla richiesta
da parte dellEuropa di restituzione del bonus fiscale per
gli anni dal 92 al 94. Mentre spiegava alle imprese
che non avrebbero pagato gli ecopunti, il Governo ha predisposto
una circolare per linvio delle cartelle esattoriali. Un vero
e proprio imbroglio a danno degli autotrasportatori. Né sono
state individuate adeguate politiche per il settore.
Economia marittima
Nessun intervento è stato attuato per
il sostegno alla cantieristica. Il decreto ministeriale attuativo
della legge 88/2001 è stato emanato solo alla fine del 2001,
malgrado ripetute sollecitazioni parlamentari e delle associazioni
imprenditoriali e sindacali. Nel frattempo alcune industrie cantieristiche
minori sono fallite. Anche la legge 51 (navi a doppio scafo e sicurezza
della navigazione) subisce ritardi ed inadempienze.
Le risorse per le infrastrutture portuali non state ancora erogate,
mentre la delega per lautonomia finanziaria delle autorità
portuali, nonostante la scadenza dei termini, non è stata
ancora attuata dal Governo. Labbattimento dei contributi previdenziali
per i naviganti che esercitano il cabotaggio (una misura introdotta
dal centrosinistra che aveva favorito lo sviluppo del settore) è
stato reintrodotto nella finanziaria, ma in modo inadeguato, solo
per larmamento privato ed in una misura pari al 43%. La nostra
proposta di riportarla all80% è stata finora respinta.
Le imprese stanno riprendendo la strada delle iscrizioni nei registri
navali esteri. La tonnage tax ha una copertura finanziaria insufficiente,
mentre il percorso avviato dal centrosinistra per la formazione
professionale dei naviganti è stato interrotto.
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