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documento della Direzione Nazionale dei Democratici di sinistra
 
LE TASSE


Le promesse
“Meno tasse per tutti” fu, in campagna elettorale, uno slogan ripetuto in maniera martellante fino ad entrare profondamente nella mente di tutti gli elettori. Gli annunci della destra erano talmente seducenti da indurre milioni di italiani a credere che davvero il nuovo governo avrebbe elargito nuovo benessere e nuova ricchezza a tutti. La riforma fiscale promessa, fin da allora mostrava di costare molto di più di quanto i conti pubblici e i binari europei avrebbero potuto permettere, ma ciò – diceva la destra – non costituiva un problema perché i redditi sarebbero talmente aumentati da consentire ampi margini per il finanziamento degli sgravi. E il dato della pressione fiscale italiana, scesa negli anni di governo del centrosinistra dal 44,6% del ’97 al 42,6% del 2000 con una riduzione di 2 punti percentuali, veniva brandito come una clava contro la maggioranza di allora accusata di tartassare imprese e cittadini.

In realtà l’andamento della pressione fiscale si è rapidamente trasformato in un tema abbastanza scomodo per il governo in carica. Basta leggere in sequenza i seguenti dati:


Pressione fiscale per il 2001 indicata dal governo di centrosinistra
nel suo ultimo Dpef (luglio 2000)….……………………………………..42,4%

Pressione fiscale per il 2001 indicata dal governo della destra
nel suo primo Dpef (luglio 2001)……….…………………………..….....42,0%

Pressione fiscale per il 2001 rilevata a consuntivo………………….……..42,4%

Pressione fiscale per il 2002 indicata dal governo di centrosinistra
nel suo ultimo Dpef………………………………………………….……..42,0

Pressione fiscale per il 2002 indicata dal governo della destra
nel suo primo Dpef ………………………………………………………...41,7%

Pressione fiscale per il 2002 indicata dal governo della destra
nella RPP (Relazione Previsionale e Programmatica, settembre 2001)..41,9%

Pressione fiscale per il 2002 indicata dal governo di destra
nella RTC (Relazione Trimestrale di Cassa, aprile 2002).…………………42,3%

Pressione fiscale per il 2002 indicata dal governo di centrosinistra
nel suo ultimo Dpef…………………………………..…………………….42,0%

Che cosa si può dedurre da questa sequenza?
Che, dopo aver puntato su una diminuzione apprezzabile della pressione fiscale formulando un dato di partenza eccessivamente ottimistico per il 2001, gli uomini del Tesoro hanno dovuto procedere a successive correzioni man mano che la realtà dei fatti assumeva evidenza facendo emergere l’insostenibilità di quanto era stato precedentemente scritto. Di conseguenza, la pressione fiscale di cui era stata annunciata la rapida e forte discesa, resta, allo stato dei fatti, sostanzialmente invariata.
Si può rilevare, inoltre, che le politiche fiscali del centrosinistra avevano permesso una corretta previsione della pressione 2001 e possono quindi essere considerate credibili nell’indicazione di una riduzione valutata per il 2002 in 0,4 punti percentuali, cioè più energica per 0,3 punti percentuali rispetto al percorso indicato dalla destra.

I fatti
I primi interventi del governo in materia fiscale – che, come si è detto prima, non sono stati in grado di ridurre la pressione fiscale e ne provocano, anzi, un incremento rispetto al percorso indicato dal centrosinistra - sono stati i seguenti:

Per le famiglie

- cancellazione degli sgravi Irpef già codificati dalla Finanziaria per il 2001 dal precedente governo

- cancellazione della restituzione del drenaggio fiscale a lavoratori dipendenti e pensionati

- incremento delle detrazioni per figli a carico

Per le imprese

- introduzione della “Tremonti – bis” e contestuale cancellazione della Dit (Dual Income Tax)

Il risultato, per le famiglie, è quello illustrato negli esempi che seguono: un peggioramento netto per tutte le tipologie di contribuenti

All’appesantimento fiscale documentato, va poi aggiunto il generalizzato inasprimento delle addizionali locali (Regionali e Comunali), adottato a partire dal 2002 da moltissime amministrazioni per sopperire al calo di risorse messe a disposizione dallo Stato. Si tratta di incrementi che variano da località a località, ma nel complesso è possibile affermare che l’aumento del carico fiscale per i cittadini che in questi giorni affrontano la dichiarazione dei redditi sarà generalizzato e, in alcuni casi, molto sensibile.

Per le imprese, il risultato è stato, prima, quello di determinare – come si è detto sopra – un lungo periodo di stasi nell’attesa dei provvedimenti annunciati, poi quello di suscitare diffuse delusioni e grandi problemi dovuti al brusco cambiamento di regime fiscale per tutte le aziende che, avendo fatto in passato nuovi investimenti, contavano di utilizzare il meccanismo Dit per un abbattimento dell’onere fiscale che improvvisamente è divenuto impossibile. Il meccanismo della “Tremonti bis”, infatti, è molto diverso dal precedente e, per moltissime imprese, ha rappresentato un netto peggiorameto.

Per capire meglio la questione, è utile consultare la tabellina elaborata su dati della Commissione Europea proposta in apertura.
Dalla tabella risulta evidente che il sistema fiscale per le imprese introdotto dalla riforma Visco aveva prodotto un forte vantaggio, portando l’Italia ad un livello reale di tassazione fra i più bassi d’Europa. E’ importante notare che, a parte l’Irlanda, gli altri Paesi che possono vantare livelli analoghi a quelli italiani sono Paesi che hanno adottato regimi di Dual income tax. E che la Germania, la cui riforma fiscale il governo sta cercando di imitare, è il Paese in cui la tassazione risulta più elevata.

La riforma annunciata. Dopo averne fatto il cavallo di battaglia di tutta la campagna elettorale, la traduzione concreta dello slogan “meno tasse per tutti” – realizzato al contrario, come si è detto sopra, in questo primo anno - è stato affidato ad una legge delega presentata al Parlamento. Ciò che prevede la legge è noto; quello che non è noto, perché nella delega non è detto, è però di tale portata da rendere questa riforma del tutto virtuale ed astratta. Infatti non si sa:
- Quando e in quali tempi sarà realizzata;
- Come saranno articolate le deduzioni alle quali viene affidata la salvaguardia della progressività dell’imposta personale;
- Quanto sarà possibile risparmiare per le diverse categorie di reddito;
- A quanto ammonterà la perdita di gettito per l’erario
- Con quali risorse finanziarie quella perdita di gettito sarà coperta

Come si vede, ce n’è abbastanza per nutrire severi dubbi, ai quali va aggiunta la seria preoccupazione che deriva dagli esiti di tutte le simulazioni condotte da vari istituti sulla base dei dati noti. Da queste simulazioni risulta che il 70% degli sgravi programmati andrà a beneficio del 20% più ricco della popolazione. Alla grande maggioranza dei contribuenti (80%), che hanno redditi medi o medio bassi, verrà riservato solamente il 30% che consentirà risparmi non superiori alle poche decine di euro all’anno.

E’ probabilmente questa ripartizione che ha permesso al governo di promettere che l’avvio della riforma sarà varato con la prossima legge Finanziaria e riguarderà i redditi più bassi: il costo degli alleggerimenti per i redditi più bassi è infatti abbastanza contenuto: le cifre di cui si parla oscillano fra i 2,5 e i 3,5 miliardi di euro, pari a circa 5 – 7.000 miliardi di vecchie lire: non sarà inopportuno ricordare che l’ultima Finanziaria dell’Ulivo varò sgravi fiscali per 23.000 miliardi.

Come è noto, tuttavia, la riforma virtuale del governo non si limita all’imposta sui redditi delle persone: essa contempla la riduzione dell’Irpeg e l’abolizione dell’Irap. Un recente studio dell’Università Bocconi commissionato dall’associazione delle piccole e medie imprese, tuttavia, segnala che queste innovazioni, accompagnate dalla già realizzata abolizione della Dit, non portano molti benefici alle imprese e che, in alcuni casi, comportano un netto peggioramento. E in ogni modo, per ora, l’unica cosa che il governo ha dichiarato di voler fare per il prossimo anno è ridurre l’aliquota Irpeg dal 36 al 35%, cioè la stessa cosa che era stata già decisa dal governo Amato con la sua ultima Legge Finanziaria.

Sull’intera operazione, resta, comunque, la pesante incognita della copertura finanziaria, come risulterà più avanti.

 

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