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documento della Direzione Nazionale dei Democratici di sinistra
 
L'INFLAZIONE, I CONSUMI, L'OCCUPAZIONE ED IL "SOMMERSO"


l'inflazione
Il dato armonizzato di aprile indica una crescita dell’inflazione al 2,6%. Si tratta di un dato allarmante e di uno dei peggiori d’Europa, la cui media si colloca al 2,2%. Particolarmente pesante è poi il fatto che i prezzi dei beni alimentari di largo consumo registrano, rispetto all’aprile 2001, un incremento record di 4,2 punti percentuali. La causa di questo fenomeno è generalmente individuata nella mancata attuazione di strumenti di efficace monitoraggio sul change over dalla lira all’euro, ai quali il governo Amato stava lavorando e che sono stati del tutto abbandonati dal nuovo governo;

I consumi
L’andamento dei consumi sembra aver imboccato una traiettoria discendente che rappresenta, probabilmente, il più immediato riscontro del progressivo peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Il calo dei consumi risulta evidente confrontando l’ultimo dato disponibile sull’andamento del commercio al dettaglio, che a febbraio registrava un +2,1% nominale, con il dato dell’inflazione che nello stesso mese era al 2,5%: la differenza implica un calo dei consumi reali di 0,4 punti percentuali, ampiamente sufficienti a motivare il preoccupato grido d’allarme e di protesta lanciato recentemente dalla Confcommercio.

l'occupazione

Indicata dal centrodestra come assoluta priorità che solo le sue politiche liberiste avrebbero potuto affrontare efficacemente, è stata recentemente segnalata con accenti trionfali citando il dato grezzo dell’Istat che registra un aumento di circa 400.000 unità rispetto all’anno precedente. In realtà le cose stanno in maniera opposta, come dimostra la tabellina qui riportata costruita con gli stessi dati Istat non destagionalizzati a cui faceva riferimento il governo: secondo quei dati, l’incremento di occupazione registrato a gennaio 2002 rispetto al gennaio 2001 c’è ma risulta realizzato tutto nel primo semestre del 2001, ben prima, cioè, di quando qualsiasi intervento del nuovo governo potesse avere effetti. Questi dati, malamente utilizzati dalla destra, dimostrerebbero, infatti, una sorta di coincidenza fra la nascita del nuovo governo e una progressiva riduzione dell’occupazione – dopo un lungo periodo di crescita (dal luglio 1996 al luglio 2001, gli occupati sono passati da 20.344.000 a 21.713.000, con un incremento di 1 milione e 369.000 unità) - protratta per i due trimestri successivi.

Il lavoro
Fra le “22 priorità” che il governo aveva elencato, compariva la “Pace sociale”. Il primo sciopero generale di tutte le sigle sindacali (comprese – fatto senza precedenti – quelle delle organizzazioni legate alla destra) contro lo stralcio dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è il primo risultato di quel programma.
Ma alla grave preoccupazione diffusa nel Paese per il clima sociale che si sta instaurando, bisogna aggiungere due elementi non trascurabili:

- il contratto per il pubblico impiego, siglato con annunci trionfali da parte del governo, implica aumenti che, ad oggi, sono privi di copertura;

- la riforma del sistema pensionistico – altra “priorità” giudicata irrinunciabile – è impantanata dal tentativo del governo di compensare il trasferimento del Tfr dalle imprese – che già hanno molte ragioni di scontento - ai fondi pensione con un abbattimento dei contributi che aprirebbe gravi buchi nel sistema pensionistico e che incontra la drastica opposizione dei sindacati;

Il “Sommerso”
E’ stato anche questo un cavallo di battaglia della destra, in ciò sostenuta a spada tratta dalla Confindustria: la lotta al sommerso era indicata come condizione irrinunciabile per procedere al risanamento dell’economia e alla ripresa del Mezzogiorno. La legge varata dal governo aveva il dichiarato obiettivo di risolvere il problema ottenendo la regolarizzazione di 900.000 lavoratori “in nero”. I dati a tutt’oggi disponibili, dopo circa 6 mesi, dicono che il provvedimento ha permesso l’emersione di poche centinaia di persone: un fallimento totale che, oltre ad avere conseguenze sociali ed economiche, si ripercuote pesantemente anche sui conti pubblici poiché il governo prevedeva di ricavarne entrate per oltre un miliardo di euro.

Le privatizzazioni e le liberalizzazioni
Anche questo versante è stato uno dei più propagandati: la presentazione di una destra liberalizzatrice e privatizzatrice (“meno Stato, più mercato”) a confronto con un centrosinistra accentratore e statalista è stata lo sfondo su cui l’attuale maggioranza ha costruita tutta la propria immagine propagandistica. La realtà fa cadere la maschera.

Per quanto riguarda le privatizzazioni, gli incerti andamenti del mercato mobiliare sono sicuramente un elemento di freno, ma non sufficiente a giustificare una paralisi totale dei processi di dismissione il cui andamento è riportato dalla tabella qui sotto che riguarda un arco di tempo nel quale pure si sono registrate fasi difficili per la borsa.
Per quanto riguarda le liberalizzazioni, la paralisi nell’attuazione dei decreti 79/99 e 164/00 è totale: questioni come la Borsa elettrica, l’Acquirente unico, i codici di rete del gas, potevano essere definite da tempo e i ritardi di attuazione rappresentano un ulteriore elemento frenante per lo sviluppo economico.



La competitività
La insoddisfacente competitività del sistema produttivo italiano era impugnata come una delle accuse più gravi a carico del centrosinistra: dopo un anno di governo della destra tutti gli indicatori di competitività resi noti negli ultimi tempi segnalano una stazionarietà o un peggioramento delle posizioni italiane. L’indicatore della Banca d’Italia segnala, proprio a partire dalla primavera 2001 e fino all’ultimo dato di dicembre 2001, una diminuzione di competitività. L’ultimo dato elaborato da Confindustria, reso noto al convegno di Parma, indica una perdita di 2 posizioni.

Il credito
Accanto ai malumori che il governo sta suscitando nel mondo imprenditoriale per le promesse non mantenute (e difficili da mantenere), sta emergendo uno stato di grave confusione nel mondo bancario a seguito delle nuove norme stabilite dal governo per le fondazioni bancarie. Il nuovo regime di fatto annulla la riforma Ciampi e concentra un nuovo potere nelle mani del governo e della maggioranza: lo scontro con le fondazioni è aperto e l’intero mondo del credito ne sta subendo i costi.

  documento della Direzione Nazionale dei Democratici di sinistra

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