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Aulularia Atto I Testo Aulularia Atto II Testo Aulularia Atto III Testo Aulularia Atto IV Testo Aulularia Atto V Testo

Aulularia Trad. Atto I Aulularia Trad. Atto II Aulularia Trad. AttoIII Aulularia Trad. Atto IV Aulularia Trad. Atto V

 

                  

                                            Aulularia  Atto II

                                                Traduzione


EUNOMIA MEGADORO
EUNOMIA
Ci tengo, fratello, ad una cosa: che tu sia convinto che le parole, che
sto per dirti, nascono dal mio affetto e per il tuo interesse, come si
addice ad una sorella germana; anche se sono convinta che le donne son
ritenute delle scocciatrici. E già, noi tutte siamo giudicate delle gran
chiacchierone. Ma sì, dicono che né oggi né mai, in alcun secolo, si è
trovata una donna che sappia star zitta. Tu però, fratello, tieni presente
una cosa, una sola: che io sono la parente più stretta che hai, e tu il
mio. Perciò è giusto che, quando è in ballo l'interesse comune, noi due ci
scambiamo consigli e ammonimenti, tu a me, io a te. Ed è giusto che non ci
siano segreti tra di noi, e nemmeno reticenze dovute a paura che ci
impediscano di confidarci, io con te, tu con me. Ecco, io ora ti ho fatto
venir qui, in disparte, per parlare con te in tutta confidenza, per una
cosa che ti tocca molto da vicino.
MEGADORO
Dammi la mano. Tu sei una perla di donna.
EUNOMIA
E dov'è? E chi è questa perla?
MEGADORO
Tu.
EUNOMIA
Lo dici tu?
MEGADORO
Se mi smentisci, mi smentisco.
EUNOMIA
Però bisogna che ti dica la verità. Di perle, fra le donne, non se ne
trova da nessuna parte. Fratello mio, una è peggio dell'altra.
MEGADORO
Anch'io la penso così. Sorella mia, su questo non ho nulla da obiettarti.
EUNOMIA
Tu, per favore, prestami attenzione.
MEGADORO
È tua, la mia attenzione. Prendila e servitene, se ti piace.
EUNOMIA
Sono qui per consigliarti quel che ritengo più utile per te.
MEGADORO
Sorella mia, lo fai sempre.
EUNOMIA
Voglio una cosa...
MEGADORO
Che cosa, sorella?
EUNOMIA
...una cosa che ti metta al sicuro, e per sempre. Perché tu abbia figli...
MEGADORO
Così vogliano gli dèi!
EUNOMIA
Voglio che tu prenda moglie.
MEGADORO
Ahi, sono perduto.
EUNOMIA
Perché mai?
MEGADORO
Perché le tue parole, sorella, mi squassano il cervello. Sono pietre, le
tue parole.
EUNOMIA
Suvvia, fa come tua sorella ti consiglia.
MEGADORO
Se mi andasse a genio lo farei.
EUNOMIA
È per il tuo bene.
MEGADORO
Meglio morire che prender moglie. Però, se proprio vuoi darmene una, io la
prenderò, ma a queste condizioni: che arrivi domani e venga portata al
cimitero il giorno dopo. A queste condizioni la prendo, la moglie che tu
vuoi darmi. Prepara le nozze.
EUNOMIA
Fratello, posso dartene una con una splendida dote, ma non è di primo
pelo, anzi è di mezza età. Fratello mio, se mi comandi di andare a
chiedertela, io la chiederò per te.
MEGADORO
Tu, adesso, mi permetti di farti una domanda?
EUNOMIA
Ma certo! Chiedimi quel che vuoi.
MEGADORO
Se un uomo, che ha passato la mezza età, si porta a casa una moglie di
mezza età, se poi il vecchio, per caso, mette incinta la vecchia, lo sai o
no quale nome è bell'e pronto per il bambino? Postumo. Ora io, sorella, ti
risparmio questa fatica, te ne libero. Per grazia degli avi e degli dèi,
sono abbastanza ricco. Questi grandi partiti, il sussiego, le pingui doti,
gli applausi, il potere, le carrozze d'avorio, i mantelli e la porpora, a
me non fanno né caldo né freddo. Son cose che rendono schiavi gli uomini,
con tutte le spese che comportano.
EUNOMIA
Dimmelo, per favore: chi è quella che vuoi sposare?
MEGADORO
Ti dirò. Lo conosci Euclione, quel vecchio morto di fame che abita qui
vicino?
EUNOMIA
Sì che lo conosco, per Castore. E non è un uomo malvagio.
MEGADORO
Sua figlia, quella giovinetta, vorrei che mi fosse promessa in moglie. So
quello che stai per dirmi: che è povera. E povera mi piace.
EUNOMIA
Che degli dèi ti assistano.
MEGADORO
È quel che spero anch'io.
EUNOMIA
Senti. Hai ancora bisogno me?
MEGADORO
Statti bene.
EUNOMIA
E tu pure, fratello. (Si allontana.)
MEGADORO
Adesso vado da Euclione, se è in casa. Ma eccolo là. Non capisco da dove
stia arrivando, quell'uomo.

EUCLIONE MEGADORO
EUCLIONE
Me lo diceva, il cuore, mentre uscivo di casa, che ci sarei andato
inutilmente. E per questo ci andavo a malincuore. E già, della curia
nessuno si è fatto vivo, meno che meno il capo che doveva distribuire la
pecunia. Che fretta, ora, di fare in fretta per arrivare a casa. Perché io
sono qui, ma il mio cuore è a casa.
MEGADORO
Che tu sia sempre sano e fortunato, Euclione.
EUCLIONE
Che gli dèi ti proteggano, Megadoro.
MEGADORO
E tu? Vai proprio bene come desideri?
EUCLIONE (tra sé)
Non è un caso, no, che un riccone si rivolga con cortesia a un poveraccio.
Questo qui sa già tutto del tesoro mio, per questo mi fa tanti
complimenti.
MEGADORO
Che mi stai dicendo? Stai bene?
EUCLIONE
Per Polluce, io, quanto a pecunia, niente bene, no.
MEGADORO
Per Polluce, se hai l'animo in pace, ne hai abbastanza per viver bene.
EUCLIONE
Accidenti, la vecchia gli ha soffiato qualcosa del tesoro. È sin troppo
evidente. Ma io, a quella, non appena arrivo a casa, le taglio la lingua,
le cavo gli occhi.
MEGADORO
Ma che stai dicendo tra di te?
EUCLIONE
È della mia povertà che mi lamento. È da marito, mia figlia, ma non ha
dote, e allora chi se la prende? Non mi riesce proprio di maritarla.
MEGADORO
Stattene buono, Euclione, e su con la vita. Avrà la sua dote, io stesso ti
aiuterò. Parla, se hai bisogno, comanda.
EUCLIONE
Promette di dare, lui, ma vuole prendere. Eccolo lì a bocca aperta per
divorare il mio tesoro. Nasconde il sasso in una mano, con l'altra mostra
la pagnotta. Non mi fido, no, di un riccone che fa tante smorfie a un
poveraccio. Con la mano che offrono da amici, loro ti rifilano qualche
malanno. Li conosco bene, questi polipi, che non mollano più tutto quel
che riescono a toccare.
MEGADORO
Prestami un poco di attenzione, Euclione, se ti va. Voglio parlarti,
brevemente, di qualcosa che ci riguarda tutti e due. Io e te.
EUCLIONE
Oh povero me! Là dentro il tesoro mi è stato rapinato. E lui vuole,
adesso, lo capisco, venire a patti con me. Vado subito in casa a
controllare.
MEGADORO
Dove vai?
EUCLIONE
Ritorno subito da te. Adesso ho qualcosa da controllare in casa. (Entra
nella sua casa.)
MEGADORO
Per Polluce, credo proprio che, quando gli parlerò della figlia perché me
la conceda, lui si crederà che lo voglia sfottere. No, non c'è nessuno che
sia più tirchio di lui, per colpa della sua povertà.
EUCLIONE (tra sé, uscendo)
Grazie a dio, il mio tesoro è salvo. Salvo è ciò che non è perduto. Troppa
paura mi son preso. Prima di entrare ero proprio mezzo morto. (A Megadoro)
Sono da te, Megadoro, se da me desideri qualcosa.
MEGADORO
Ti ringrazio; e ti prego: non ti rincresca di rispondere a quanto ti
chiederò.
EUCLIONE
Ma sì, purché tu non mi venga a chiedere cose cui mi rincresca di
rispondere.
MEGADORO
Dimmi, tu che ne pensi della mia famiglia?
EUCLIONE
Bene.
MEGADORO
E della mia reputazione?
EUCLIONE
Buona.
MEGADORO
E della mia condotta?
EUCLIONE
Cattiva no, disonesta neppure.
MEGADORO
La mia età, la conosci, no?
EUCLIONE
So che è abbondante come la tua ricchezza.
MEGADORO
Te, io ti ho sempre considerato, e sempre ti considero, come uomo privo di
ogni malizia.
EUCLIONE (tra sé)
Questo sta fiutando il tesoro. (Forte) Che cosa vuoi da me?
MEGADORO
Visto che sai di me come io so di te, con il voto che tutto possa riuscir
bene per me, per te e per la giovane, io ti chiedo in moglie tua figlia.
Dammi la tua parola.
EUCLIONE
No, Megadoro, non è bello che tu faccia così, prendendo in giro un
poveraccio come me, che non ha fatto torto a te e ai tuoi. Mai me lo sono
meritato, per fatti o parole, che tu mi trattassi come stai facendo.
MEGADORO
Per Polluce, non ti ho deriso, io, e non ti derido, e sono convinto che tu
non meriti di esserlo.
EUCLIONE
Perché allora mi chiedi mia figlia?
MEGADORO
Perché tu viva meglio, per opera mia, ed io pure, grazie a te e ai tuoi.
EUCLIONE
Sai cosa mi assilla, Megadoro? Che tu sia ricco e influente, mentre io
sono il più misero dei miseri. Se ti concedessi mia figlia, penso che
saresti tu il bue ed io l'asino. Una volta che fossi aggiogato con te, e
non potessi sostenere i pesi come te, io finirei nel fango e tu, bue, non
ti degneresti nemmeno di guardarmi, come se non fossi mai nato. Me la
farei con uno troppo in alto e i miei pari mi deriderebbero. Non avrei una
stalla sicura da nessuna parte, nel caso che nascesse tra noi un
contrasto; gli asini mi sbranerebbero a morsi, i buoi mi prenderebbero a
cornate. C'è questo pericolo, ed è grande, a promuoversi da asino a bue.
MEGADORO
Quanto più ti congiungi in parentela con gente dabbene, tanto meglio ti
trovi. Accoglila, la mia domanda, ascoltami, promettimi tua figlia.
EUCLIONE
E la dote? Io non ho nulla da darle.
MEGADORO
E tu non darla. Basta che venga da me ben costumata, la sua dote è
sufficiente.
EUCLIONE
Te lo dico perché tu non abbia a credere che io ho trovato dei tesori.
MEGADORO
Lo so, non farmi la lezione. Concedimi tua figlia.
EUCLIONE
Sia. Ma per il sommo Giove, forse che sono già morto, io?
MEGADORO
Che ti succede?
EUCLIONE
Cos'è questo rumore? Proprio ora... Sembra un ferro... (Rientra
rapidamente in casa.)
MEGADORO
L'ho dato io, l'ordine di zappare nel mio giardino. Ma dove si è cacciato
quell'uomo? È andato via e manco mi ha risposto. Gli sono antipatico
perché vede che sto cercando la sua amicizia. Fa come tutti. Perché se un
ricco va a chiedere un favore a chi è più povero, questi ha paura di
incontrarlo e, per tale paura, butta via l'occasione. E poi, quando
l'occasione è perduta, si mangia le dita, ma è tardi.
EUCLIONE (esce di casa ma si rivolge verso l'interno)
Per Ercole, la lingua, a te, se non te la faccio strappare sin dalle
radici, io stabilisco e comando, io: consegnami a chi vuoi perché mi
castri.
MEGADORO
Per Ercole, capisco che tu mi consideri, Euclione, l'uomo giusto da
sfottere per via dei suoi anni. Ma io non me lo merito.
EUCLIONE
Ma no, Megadoro, non è questo che sto facendo. E poi, anche se volessi
farlo, non ne sarei capace.
MEGADORO
E allora? Ti decidi a concedermi tua figlia?
EUCLIONE
Alle condizioni che sai, con quella dote che ti ho detto.
MEGADORO
Me la concedi, allora?
EUCLIONE
La concedo.
MEGADORO
Che gli dèi ci siano benevoli.
EUCLIONE
Benevoli, sì. Ma tu cerca di ricordartelo: siamo d'accordo, noi, che mia
figlia di dote non ti porta niente.
MEGADORO
Certo che me ne ricordo.
EUCLIONE
Ma lo so, lo so io come imbrogliate le carte, voialtri: il patto non è un
patto, il non patto è un patto, così come vi gira.
MEGADORO
No, non ci sarà nessuna bega tra di noi. Ma le nozze, perché non le
facciamo proprio oggi?
EUCLIONE
Per Polluce, è un'ottima idea.
MEGADORO
Allora vado, e preparo. Desideri qualcosa?
EUCLIONE
Questo: va' e stammi bene.
MEGADORO (rivolgendosi ad un servo)
Ehi, tu, Strobilo, vieni con me. Presto, al mercato!
EUCLIONE
Se ne è andato! O dèi immortali, vi chiamo a testimoni: com'è potente
l'oro! Sono convinto che quello l'ha fiutato già che a casa ci ho un
tesoro, io. Spalanca le fauci, lui, ed è per questo che insiste per
imparentarsi con me.

EUCLIONE STAFILA
EUCLIONE (rivolgendosi verso la sua casa)
Ehi, dove sei tu che hai strombazzato a tutti i vicini che sto per dare
una dote a mia figlia? Ehi, Stafila, è te che sto chiamando. Ci senti o
non ci senti? (La donna esce.) Sbrigati a lavare le stoviglie, in casa, e
a tutta velocità. Ho promesso in sposa mia figlia. Oggi stesso la darò in
moglie a Megadoro.
STAFILA
Che gli dèi ci aiutino. Non si può, per Castore. Subito subito è troppo
presto.
EUCLIONE
Taci e va'. Fa' che tutto sia pronto, quando sarò di ritorno dal foro. E
chiudi bene la casa. In un attimo sarò di nuovo qui. (Esce.)
STAFILA
E io, adesso, che cosa faccio? La rovina, ora, è vicina a noi, a me e alla
figlia del padrone, ora la vergogna ci precipita addosso perché il parto
sta per avvenire. Ciò che sinora era celato e nascosto, ora non può più
esserlo. Rientro in casa perché, quando ritorni il padrone, sia pronto
tutto quel che ha comandato. Per Castore, ho una gran paura che dovrò
sorbirmi mali e malanni mescolati. (Rientra in casa.)

STROBILO ANTRACE CONGRIONE
STROBILO (arrivando dal mercato con due cuochi, due flautiste e varie
provviste)
Ha fatto la spesa in piazza, il padrone, e ha ingaggiato i cuochi e queste
flautiste. Mi ha anche ordinato di dividere la spesa, qui, in due parti.
ANTRACE
Per Ercole, di me - te lo dico chiaro e tondo - non farai due parti. Se
invece vuoi che me ne vada tutto intero da qualche parte, lo farò senza
meno.
CONGRIONE
Quanto è bello e pudico questo pubblico lupanare. Se qualcuno volesse, non
ti spiacerebbe, neh, di farti aprire di dietro.
STROBILO
Ma Antrace! Io l'intendevo in altro modo, non come fingi di credere tu. Il
fatto è che il mio padrone oggi si sposa.
ANTRACE
Chi prende in moglie?
STROBILO
La figlia di questo Euclione qui, il vecchio nostro vicino. Mi ha ordinato
di dargli la metà della spesa, uno dei due cuochi, una delle due
flautiste.
ANTRACE
Vuoi dire metà qui e metà in casa vostra?
STROBILO
Come hai detto.
ANTRACE
Come? Il vecchio non poteva farsela lui la spesa per la figlia?
STROBILO
Puah!
ANTRACE
Che c'è?
STROBILO
Tu mi chiedi che c'è? La pomice stessa è meno arida di questo vecchiardo.
ANTRACE
Dici sul serio?
CONGRIONE
È davvero come dici tu?
STROBILO
Giudica, tu stesso. [...] Quello dice che la roba sua è andata persa, che
lui stesso è spiantato. Non smette mai, quello, di invocare il soccorso
divino ed umano, solo che un fil di fumo s'involi dal suo focolare.
Quello, quando va a dormire, s'attacca alla bocca un soffietto.
ANTRACE
E perché?
STROBILO
Per non perdere, mentre dorme, neanche un poco di fiato.
ANTRACE
E la bocca di sotto? Se la tappa anche quella per non perdere, nel sonno,
qualche po' di quel fiato?
STROBILO
Credo che tu debba credermi, come io credo a te.
ANTRACE
Ti credo, altroché.
STROBILO
Ma non sai il resto? Per Ercole, quando si lava piange. Per l'acqua che va
persa.
ANTRACE
Tu pensi che si possa andare da questo vecchio a chiedergli un talento
perché possiamo farci liberi?
STROBILO
Per Ercole, lui non ti darebbe nemmeno la fame, se gliela chiedessi in
prestito. Tempo fa il barbiere gli aveva tagliato le unghie: e lui li
raccoglie, quei ritagli, e se li porta via. Tutti quanti.
ANTRACE
Per Polluce, l'uomo che dipingi è uno spilorcio sputato.
STROBILO
Ti sei convinto di quanto avaro sia? Di come miseramente viva? Un nibbio,
giorni fa, gli ha rubato un pezzo di carne, e lui corre dal pretore, tutto
in lacrime, e lì frignando e uggiolando chiede di poter intentare un
processo al nibbio... Ce ne fosse il tempo, potrei raccontartene a
bizzeffe. Ma tra voi due chi è il più svelto? Fammelo sapere.
ANTRACE
Il più svelto sono io, e tanto.
STROBILO
Sto cercando un cuoco, non un ladro.
ANTRACE
Parlo proprio del cuoco.
STROBILO (a Congrione)
E tu, che mi dici?
CONGRIONE
Sono come mi vedi.
ANTRACE
È un cuoco da strapazzo, buono per mercati da strapazzo.
CONGRIONE
Osi insultarmi, tu, uomo da due sillabe: ladro.
ANTRACE
Tu invece, furfante da triplice forca...

STROBILO ANTRACE CONGRIONE
STROBILO
Taci, subito, tu. L'agnello più grasso, fra questi due, prendilo su ed
entra in casa nostra.
ANTRACE
Va bene.
STROBILO
Tu, Congrione, prendi l'altro e vattene là dentro; e voi seguitelo.
Voialtri entrate da noi.
CONGRIONE
Per Giove, hai fatto le parti ingiustamente. Loro hanno l'agnello più
grasso.
STROBILO
E allora beccati la flautista più grassa. Da brava, Frigia, vattene
insieme con lui. Tu invece, Eleusia, vieni con noi in casa.
CONGRIONE
Tu, imbroglione di uno Strobilo, mi sbatti qui dentro, eh, dal vecchio più
spilorcio che ci sia? Se chiederò qualcosa, qui dentro, dovrò gridare sino
a perdere la voce prima che mi sia data...
STROBILO
Sei uno sciocco e un ingrato. Far del bene a te, è fatica sprecata.
CONGRIONE
E perché?
STROBILO
Me lo chiedi? Punto primo, in questa casa non c'è pericolo di ressa. Ti
serve qualcosa? Te la porti da casa tua senza perder tempo a chiederla. Da
noi invece c'è troppa gente, troppa servitù, suppellettili, oro, vesti,
vasi d'argento. Se per caso manca qualcosa, - lo so che tu non tocchi
nulla, se non hai nulla sottomano - tutti a gridare: «L'han rubata i
cuochi, prendeteli, legateli, frustateli, sbatteteli nel pozzo». A te, di
là, nulla di questo può succedere, dato che non c'è nulla che tu possa
fregare. Avanti, per di qua, seguimi.
CONGRIONE
Ti seguo.

STROBILO STAFILA CONGRIONE
STROBILO
Ehi, Stafila, vieni fuori, apri la porta.
STAFILA (affacciandosi alla porta della casa di Euclione)
Chi mi cerca?
STROBILO
Io, Strobilo.
STAFILA
Che cosa vuoi?
STROBILO
Che tu faccia entrare questi cuochi, la flautista e la spesa per le nozze.
Megadoro mi ha ordinato di portare tutto ad Euclione.
STAFILA
O Strobilo, che si fanno in onor di Cerere queste nozze?
STROBILO
Perché?
STAFILA
Perché qui, di vino, vedo che non ne han portato nemmeno una goccia.
STROBILO
Lo porteranno, sì, non appena il padrone fa ritorno dal foro.
STAFILA
Qui da noi non c'è legna.
CONGRIONE
Ci sono le travi?
STAFILA
Certo che ci sono.
CONGRIONE
Allora c'è, la legna, senza cercarla fuorivia.
STAFILA
Ma cosa vuoi, razza di puzzone? Poi che sei devoto a Vulcano, che
pretendi? Che la casa la mettiamo a fuoco per la cena o per la tua paga?
CONGRIONE
Non pretendo tanto.
STROBILO
Falli entrare.
STAFILA
Seguitemi. (Entrano nella casa di Euclione: Congrione, la flautista, i
servi; Strobilo si allontana.)

PITODICO (STROBILO?)
PITODICO (esce dalla casa di Megadoro e si rivolge verso l'interno)
Attenzione, voi. Io vado a vedere che combinano i cuochi. Oggi ho questo
compito, io. È il più serio, dover sorvegliare quella gente. A meno che io
non faccia così: loro cucinano nel pozzo e i piatti, poi, vengon tirati su
con delle ceste. Ma se quelli là sotto sbafano quel che vanno cucinando,
che succede? Che i superi restano a pancia vuota, gli inferi a pancia
piena. Ma perché mi perdo in chiacchiere, come se non ci avessi nulla da
fare, con tutti quei rapaci che si aggirano per la casa...

EUCLIONE CONGRIONE
EUCLIONE (arrivando dal foro; tra sé)
Oggi volevo tirarmi su il morale, e trattarmi bene, visto che mia figlia
si sposa. Arrivo al mercato, chiedo il prezzo dei pesci. Me ne mostrano,
cari. Caro l'agnello, caro il bue, vitello e tonno e porco: tutto caro.
Più cari che mai, dato che non avevo un soldo. Me ne vado via, indignato,
perché non c'è nulla che possa comprare. Ma così li ho fregati tutti, quei
puzzoni. E poi strada facendo comincio a ragionare tra di me. «Se nel
giorno di festa sperperi, in quelli feriali dovrai tirar la cinghia, per
non aver risparmiato». Dopo aver regalato questo bel discorso alla mia
pancia e al mio cuore, l'animo mio si volse a questa decisione: maritar la
figlia con il minimo dei minimi di spesa. Ho acquistato, quindi, un
pizzichino di incenso, questo qui, e corone di fiori. Le appenderò sul
focolare del Genio domestico perché le nozze di mia figlia siano
fortunate. Ma cosa vedo? La mia casa è tutta spalancata! E che razza di
baccano là dentro! O povero me, forse mi stanno rapinando?
CONGRIONE (dentro casa, ad un servo)
Una pentola più grande, se è possibile. Chiedila ai vicini. Questa è
piccola, non basta.
EUCLIONE
Ahimè! Sono morto, per Ercole! Rapiscono il tesoro, cercano la pentola.
Finito, sono finito, se non mi precipito là dentro. Apollo, ti prego,
aiutami tu, soccorrimi tu. Trafiggili, tu, con le tue frecce, i rapitori
del tesoro, come hai già soccorso altri in simili casi. Ma perché me ne
sto qui invece di precipitarmi prima di essere distrutto? (Entra di corsa
in casa.)

ANTRACE
ANTRACE (si affaccia alla porta della casa di Megadoro ma si rivolge
all'interno)
Tu, Dromone, squama i pesci; tu, Macherione, togli le lische al grongo e
alla murena, meglio che puoi. Io vado qui presso a chiedere in prestito a
Congrione una teglia. Questo gallo, tu, se sei capace, devi farmelo
diventare più liscio di un ballerino depilato. Ma chi è, che è questo
trambusto che ci arriva dai vicini? Per Ercole, i cuochi, mi pare, fanno
il loro mestiere. Rientro di corsa, che non succeda anche qui lo stesso
casino.


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Ultimo aggiornamento: 21-03-05.