Scrittori e Roma
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Scrittore che inaugura la stagione del neorealismo italiano, nacque a Roma nel 1907 (il suo vero nome era Alberto Pincherle) e iniziò la carriera con "Gli indifferenti". Lo pubblicò a proprie spese nel 1929. Accolto con ostilità dalla cultura fascista, che ne proibì la diffusione la diffusione, il romanzo fu salutato con entusiasmo solo da pochi critici per il linguaggio concreto e l’analisi della società borghese dell’epoca, borghesia priva di ideali, appunto "indifferente". Moravia collaborò a riviste e quotidiani. Sposò la scrittrice Elsa Morante. Colpito dalle leggi razziali e sempre più ostile al fascismo, fu costretto al confino in un paesino laziale e a firmare i suoi articoli con uno pseudonimo, ma continuò a pubblicare altri romanzi, fra cui "La mascherata" (1941), che fu censurata alla seconda edizione, perché conteneva una satira del fascismo. Ritratto di Moravia eseguito da Carlo Levi Nel nuovo clima culturale del dopoguerra troviamo la migliore produzione dello scrittore nella direzione del realismo e dell’indagine psicologica e sociale. Moravia ebbe un’importante funzione culturale in Italia, attraverso le sue collaborazioni a vari periodici di larga diffusione. Morì nel 1990. Qui lo ricordiamo per: i racconti romani I "Racconti romani" e i "Nuovi racconti romani" si riallacciano a una tradizione iniziata dal Belli con la sua opera monumentale e poi continuata da poeti e narratori romani come Trilussa e altri. Qui ritroviamo il popolo o la piccola borghesia romana, che parla in prima persona, raccontando i suoi casi e quelli della sua gente. Il linguaggio non è più il dialetto, ma un italiano colorito da espressioni romanesche, come si legge nel racconto "La raccomandazione": «Era ancora presto, ma già faceva quel caldo speciale che i romani chiamano callaccia e che è il caldo tenuto a bollore dal sole» e ancora: «con le grinze della pancia che mi giocavano a tresette, pensai di consultarmi con un amico mio al quale per giunta ero legato dal San Giovanni, perché, tempo addietro, gli avevo tenuto a battesimo un figlio» dove si notano espressioni popolari per indicare la fame e l’essere padrino. La città e il popolo di Roma sono naturalmente molto cambiati da un secolo a questa parte: non più la plebe furba e storica del Belli, ma la Roma moderna del primo decennio del dopoguerra; una Roma libera e insieme a tratti patetica, molteplice, vitale, piena di incontri, di imprevisti, di avventure, ma anche di rassegnazioni e di angosce. Una Roma di poveracci disperati, anche, come il disoccupato dello stesso racconto, "La raccomandazione", che cerca, fra avventure divertenti ma amare, una soluzione al suo problema. Le due raccolte di racconti sono umanamente ricchissimi: lo sguardo disincantato dell’autore ci lascia ad «una voce rimbombante e affettuosa, ma fredda: l’affettuosità dei romani che non significa niente» ("La raccomandazione"). Dai "Racconti romani" fu tratto il film omonimo, interpretato, fra gli altri, da Totò. bibliografia essenziale Gli indifferenti, 1929 Agostino, 1945 Il conformista, 1951 Racconti romani, 1954 La ciociara, 1957 La noia, 1960
Nacque a Roma nel 1912, nel popolare quartiere del Testaccio. Imparò a leggere e a scrivere da sola senza bisogno di frequentare le scuole e cominciò presto a comporre le sue prime poesie e fiabe. Non si laureò, perché troppo occupata dall'attività letteraria, avendo cominciato a scrivere novelle e racconti pubblicati su riviste femminili. Nel 1941 uscì la sua prima raccolta di novelle "Il gioco segreto". Nello stesso anno si sposò con lo scrittore Alberto Moravia, con il quale condivise gli anni del confino, dal quale l’autore era stato colpito. Il suo primo romanzo, "Menzogna e sortilegio", fu pubblicato nel 1948 e ricevette il Premio Viareggio. Nel 1957 Elsa Morante vinse anche il Premio Strega per "L'isola di Arturo". La scrittrice condusse una vita appartata e solitaria a Roma, intervallata da diversi viaggi all’estero. Nel 1974 scrisse la sua più famosa opera: "La Storia", romanzo in cui si sperimenta un linguaggio nuovo (numerose sono le espressioni popolari, ma anche quelle ricercate), che vuole ribellarsi alla tradizione, anche nei valori proposti: i personaggi umili sono i veri protagonisti della Storia, in una sorta di realismo-idealismo su cui la critica di sinistra si divise quando il libro uscì (il romanzo fu considerato da alcuni "romantico" dal punto di vista ideologico). Tuttavia, aldilà delle critiche, La Storia ebbe enorme successo. In questo romanzo si riflettono anche i periodi difficili della vita della scrittrice, chiusa negli ultimi anni in una drammatica solitudine esistenziale. Nel 1983 tentò il suicidio, a causa di grave malattia che l’aveva colpita. Morì dopo due anni di coma nel 1985. bibliografia essenziale Menzogna e sortilegio, 1948 L’isola di Arturo, 1957 Il mondo salvato dai ragazzini, 1969 La Storia, 1974 Aracoeli, 1982 LA STORIA È un romanzo ambientato, durante gli anni 1941-1947, a Roma. Sotto un’apparente volontà di registrare la cronaca (e nel libro, per ogni anno, vi sono raccolti in ordine cronologico gli avvenimenti storicamente rilevanti), si presenta la tragedia di una famiglia (e due cani). È l’odissea dei deboli e dei vinti, che, nella storiografia della Seconda Guerra Mondiale (la Storia con la maiuscola), non hanno voce e volto, come il soldato tedesco, anonimo protagonista dell’inizio del romanzo, vittima e portatore di violenza. Ecco l’inizio: «Un giorno di gennaio dell'anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomeriggio di libertà, si trovava, solo, a girovagare nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Erano circa le due del dopopranzo, e a quell'ora, come d'uso, poca gente circolava per le strade. Nessuno dei passanti, poi, guardava il soldato, perché i Tedeschi, pure se camerati degli Italiani nella corrente guerra mondiale, non erano popolari in certe periferie proletarie.» Il tono distaccato è apparente, nel senso che gli innumerevoli vezzeggiativi, che accompagnano le descrizioni e i nomi stessi dei personaggi (Iduzza, Useppe, Ninnarieddu), coinvolgono il lettore, in particolare attraverso il sentimento di compassione, sia inteso nel senso comune del termine, che in quello di "com-sympatheia". Particolarmente dolorose sono anche le pagine della descrizione dei bombardamenti a San Lorenzo, quartiere popolare e piccolo-borghese, e della vita in scantinati di periferia, nel sobborgo di Pietralata, dove la popolazione colpita trova rifugio per sottrarsi ai bombardamenti. Ida, la protagonista del romanzo, ebrea per parte di madre, si ritrova anche più volte nel Ghetto di Roma, ossessionata dalle leggi razziali del ’38. «Il Ghetto era un piccolo quartiere antico […] In quelle solite quattro straducce e due piazzette, ci si arrangiava a stare a migliaia. C’erano molte centinaia di lupetti e ragazzini, per lo più riccetti, con gli occhi vispi; e ancora al principio della guerra, avanti che incominciasse la grande fame, ci giravano diversi gatti, domiciliati fra le rovine del Teatro di Marcello.» Ida ritroverà i conoscenti del Ghetto nel momento in cui vengono deportati. Li segue da lontano, fino alla stazione, e li vede allontanarsi così verso destinazioni a lei ignote: i campi di sterminio nazisti. Dal romanzo il regista Luigi Comencini trasse il film "La Storia".
il ghetto di roma Il luogo scelto per il ghetto di Roma (istituito ufficialmente nel 1555) fu una parte bassa e umida del Tevere , una zona non salubre che il fiume inondava regolarmente. La popolazione ebraica totale (circa 5000 persone) era affollata in quest’area. Nel 1555 papa Paolo IV Carafa ordinò la chiusura del ghetto durante la notte e permise una sola sinagoga, ma poiché c'erano diversi riti religiosi presenti fra gli ebrei, furono costruite cinque sinagoghe (o scuole come sono chiamate oggi). Nel Seicento, nella ristretta zona del ghetto, circondato da un muro che lo chiudeva, vivevano circa 9000 ebrei. Il ghetto fu abolito soltanto nel 1848, anche se già Napoleone se ne era occupato, abolendone le leggi durante l’invasione di Roma (1808). Oggi in questa zona, che conserva la fisionomia dell’antica città e che si trova proprio nel centro storico, vivono circa 100 famiglie di religione ebraica. Il ghetto di Roma ha vissuto momenti drammatici durante la Seconda Guerra Mondiale: il 16 ottobre 1943 vengono portate via 1022 persone. «La grande razzia nel vecchio Ghetto di Roma cominciò attorno alle 5,30 del 16 ottobre 1943. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono nelle 26 zone operative in cui il Comando tedesco aveva diviso la città alla ricerca di altre vittime. Quando il gigantesco rastrellamento si concluse erano stati catturati 1022 ebrei romani. Due giorni dopo in 18 vagoni piombati furono tutti trasferiti ad Auschwitz. Solo 15 di loro sono tornati alla fine del conflitto: 14 uomini e una donna. Tutti gli altri 1066 sono morti in gran parte appena arrivati, nelle camere a gas. Nessuno degli oltre duecento bambini è sopravvissuto.» (F. Cohen, 16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei di Roma; tratto dal sito: http://www.santegidio.org/it/deportazione/16ottobre1943.htm) «Per tutta la mattinata dilagò per Roma un'ondata di terrore e di angoscia. Invano si attese una presa di posizione pubblica da parte del Vaticano. Il papa Pio XII ritenne più opportuno tacere. » (dal sito: http://webscuola.tin.it/risorse/storia/sommario/razzismi/4/s1.htm)
scrivere: produzione guidata – lessico Leggi i paragrafi sulla "Storia" di Elsa Morante e sul ghetto di Roma. Individua vocaboli che conosci ma che consideri difficili, e prova a darne una definizione. Poi usa queste definizioni per inserire delle note nel testo. Ad esempio: "La Storia" è un romanzo ambientato, durante gli anni 1941-1947, a Roma. È l’odissea [1] dei deboli e dei vinti, che, nella storiografia della Seconda Guerra Mondiale (la Storia con la maiuscola), non hanno voce e volto. «Un giorno di gennaio dell'anno 1941, un soldato tedesco di passaggio, godendo di un pomeriggio di libertà, si trovava, solo, a girovagare[2] nel quartiere di San Lorenzo, a Roma. Erano circa le due del dopopranzo, e a quell'ora, come d'uso [3] poca gente circolava per le strade. Nessuno dei passanti, poi, guardava il soldato, perché i Tedeschi, pure se camerati degli Italiani nella corrente [4] guerra mondiale, non erano popolari in certe periferie proletarie.» 1) odissea = serie di avvenimenti dolorosi 2) girovagare = andare in giro senza una meta precisa 3) come d’uso = di solito era così 4) corrente = attuale, che si verifica adesso Queste note possono aiutarti a scrivere un riassunto di ciò che hai letto, o semplicemente ad avere un testo semplificato. Se vuoi fare le attività di questa pagina, puoi scaricarle sul tuo computer cliccando qui: Scrittori e Roma |