Pier Paolo Pasolini
|
UNA VITA VIOLENTA CENNI BIOGRAFICI ACCATTONE attività dal romanzo UNA VITA VIOLENTA (Garzanti, Milano 1975 – prima edizione 1959) Tra le baracche che non erano state sfasciate, ce n’era una un po’ più all’asciutto: era quella che tutti guardavano. Una donna che c’abitava, ci s’era inchiodata, forse con la speranza di salvare un po’ di roba: s’era messa a raccapezzare tutto quello ch’era per terra, e che la fanga si portava via, entrando dalle finestre. Poi però un po’ alla volta la fanga era sempre più cresciuta, e lei era rimasta bloccata là, sola, nella sua capanna, e chiamava aiuto. La sua voce non si sentiva quasi per niente, col rumore della pioggia, del vento, della corrente del fiume. I pompieri avevano delle corde, e si davano da fare per andarla a prendere: Tommaso, accanito, ci si mise in mezzo, facendo tutta una manfrina, svociandosi per farsi dar retta: «Voi nun sete pratichi» gridava «nun conoscete er fondo! È tutto pieno de buche, ce sta er reticolato ... Fatemece annà a me, che io la so la strada!» Ma i pompieri non lo vedevano per niente tutti presi a preparare la corda sotto le sventagliate della pioggia. Uno se la legò ai fianchi, e s’addentrò. Ma non fece neanche due passi, che scivolò perché lì c’era la scesa, e s’immelmò fino agl’occhi. Fece per tirarsi su, ma non ce la sbroccolava, e allora gli altri lo riportarono indietro. «V’o’o detto!» strillava Tommaso. «V’o’o detto che nun ne magnate niente! Nun se passa de llì, bisogna fà er giro!» «Mannatece ’sto giovanotto, che sa indove deve mette i piedi!» intervenne allora Passalacqua. «Allora che devo fà?» continuava a gridare Tommaso, in campana, scalmanato, «ce devo annà io sì o no?» «Dà qua», fece il capoccia. Prese e legò alla cintola Tommaso. Senza nemmeno voltarsi indietro, per mostrare lui come si faceva, Tommaso si buttò dal ciglio della strada, e cominciò a fare il giro al largo, anziché andare dritto alla capanna. Pure lì la melma era alta, sopra gli stinchi, ma costeggiando le baracche che più o meno s’erano salvate, intorno allo spiazzaletto, un po’ alla volta, come Dio volle, ci s’accostò. La donna gridava aiuto, stirando il collo da una finestrella della baracca. «Mo’ arivo, a signò! Stateve bbona!» gridò Tommaso, dal pantano. [...] La donna, scarmigliata, fracica, con le mani giunte strette sulla pancia, l’aspettava: come fu lì, le venne un attacco di petto: tutto a una volta. Cominciò a smaniare e rigirarsi: «Famme pijà quarcosa» gridava «armeno un materasso, un vestito ...» «A signo’, ma mica so’ un facchino, io!» le gridò Tommaso di brutto, mentre lei diceva così e non si muoveva. «‘Namo! ‘Namo, signò, che qui la faccenda s’aggrava!» «Ma io c’ho paura, come famo?» diceva quella ripiegata in avanti, verso tutta quell’acqua, tremando, bianca, ingelita, coi capelli attaccati alle guance come bisce. «Venite qua, appoggiateve vicino a me, acchiappateve ar collo!» le faceva Tommaso, tirandola. «Ma nun ce la pòi fà,» gridava la donna, con una voce da ragazzina, facendo la pignarella, «ma nun vedi che c’è, li mortacci sua?» «Ce provamo, aaa cosa!».
Il romanzo è un vasto affresco della vita dei ragazzi che abitano in un villaggio di baracche a Pietralata, nella periferia romana più povera e degradata, sulle rive dell’Aniene: nel brano presentato, il fiume ha inondato e distrutto le baracche. Tommaso, il protagonista, rappresenta il proletariato urbano delle borgate. Cercherà una via d’uscita alla propria condizione nell’impegno politico. Con generosità aiuterà gli alluvionati dall’inondazione, ma questo sacrificio gli costerà la vita. CENNI BIOGRAFICI Autoritratto Pier Paolo Pasolini nacque nel 1922, l’anno in cui Mussolini prese il potere. Crebbe in diversi luoghi, ma soprattutto a Casarsa, in Friuli. Dopo un periodo d’insegnamento in una scuola media – che finì con un processo per corruzione omosessuale e con l’espulsione dal Partito Comunista Italiano, al quale era iscritto – nel ’49 Pasolini si trasferì a Roma, dove visse da disoccupato, prima nel quartiere ebraico, e poi in una borgata sulla via Tiburtina. Con il termine "borgata" si definisce una zona di edifici popolari, costruiti nella periferia in modo disordinato e provvisorio, quindi privi di servizi e strutture. E la casa di Pasolini era addirittura senza tetto. Ricominciò ad insegnare e, anche con l’aiuto dell’amico Sergio Citti (uno dei ragazzi conosciuti in borgata, con cui lavorò fino all’ultimo), scoprì il gergo romanesco e si avvicinò al popolo della periferia, che è il protagonista dei suoi romanzi di maggior successo (Ragazzi di vita del 1955 e Una vita violenta del 1959). Pasolini credé di trovare nel proletariato valori di spontaneità e purezza, in ribellione contro la società industriale e il "boom economico" di quel periodo. Tuttavia più tardi, negli anni ‘70, lo scrittore non colse più chiari segni di speranza nel popolo (vedi la dichiarazione da lui rilasciata sul film Accattone). Questa carica ideologica fu accompagnata da un’attenta ricerca stilistica e dalla rivalutazione dei dialetti, anch’essi evidentemente espressione di genuinità popolare. Pasolini sul set del Decameron Nel 1961, dopo un primo contatto con Fellini, si scoprì regista con il film Accattone. Pur continuando a scrivere, si dedicò quindi al cinema, proseguendo anche in questo campo le sue sperimentazioni. Per le sue scelte ideologiche e di vita privata, fu spesso al centro di critiche, odiato dagli ambienti borghesi, che si scandalizzarono quando il quotidiano "Il Corriere della Sera" gli affidò l’incarico di scrivere articoli di prima pagina. Idroscalo di Ostia: monumento a Pasolini All’alba del 2 novembre 1975, venne trovato ucciso in modo barbaro, in uno spiazzo polveroso all’Idroscalo di Ostia. Per una tragica fatalità, proprio nella periferia raccontata in Ragazzi di vita, Una vita violenta e Accattone. Ad ucciderlo era stato un ragazzo minorenne di borgata. A Pasolini è dedicata la canzone A Pa' di Francesco De Gregori. Intellettuale unico e sensibilissimo, ha rappresentato forse il meglio della cultura italiana degli anni ‘60-’70.
alcune delle sue opere: narrativa Ragazzi di vita, 1955 Una vita violenta, 1959 Amado mio – Atti impuri, 1962 (pubblicato 1982) Petrolio, incompiuto, 1975 poesia Le poesie in friulano: La meglio gioventù, 1954; La nuova gioventù, 1975 Le ceneri di Gramsci, 1957 La religione del mio tempo, 1961 Accattone, 1961 Mamma Roma, 1962 La ricotta, 1962-3 Il Vangelo secondo Matteo, 1963 Edipo re, 1967 Medea, 1969-70 Il Decameron, 1970-71
Accattone è il soprannome di Vittorio, un ragazzo di borgata che si fa mantenere da una prostituta, Maddalena. Passa il suo tempo con gli amici. Maddalena finisce in carcere, e Accattone conosce la fame. Un giorno incontra Stella. Accattone tenta di far prostituire anche lei, ma intanto se ne innamora. Inizia a rubare. Stella convince Accattone a cercarsi un lavoro, guadagnandosi da vivere in modo onesto, e lui per amore accetta quel posto di lavoro, ma non riesce ad adattarsi e torna a rubare. Dopo un piccolo furto s’imbatte nella polizia e, nel fuggire, cade dalla motocicletta e muore. Primo film di Pasolini, girato nel 1961 nelle borgate romane, Accattone porta sul grande schermo i motivi dei romanzi. Come nella sua produzione narrativa (vedi Una vita violenta), Pasolini incentra la storia sulla vita quotidiana di un giovane sbandato, che vive con altri ragazzi di strada tra bravate di vario genere, furti, ubriacature, prostituzione e violenza (inclusa quella della polizia). Il film, presentato fuori concorso al Festival di Venezia, fu seguito da forti polemiche, che si placarono solo con il divieto di visione ai minori di diciotto anni. La crudezza del linguaggio cinematografico (accompagnato dal sonoro con musiche di Bach e dialoghi in dialetto) era inaccettabile per la borghesia "perbene" dell’epoca. Ecco cosa dice Pasolini a proposito del film: «Nel ‘60 ho poi girato il mio primo film. Perché sono passato dalla letteratura al cinema? […] Ebbene, abbandonando la lingua italiana, e con essa, un po’ alla volta, la letteratura, io rinunciavo alla mia nazionalità. Dicevo no alle mie origini piccolo borghesi, voltavo le spalle a tutto ciò che fa un italiano, protestavo […]. Ma non ero del tutto sincero, ancora. Poiché il cinema non è solo un’esperienza linguistica, ma, proprio in quanto ricerca linguistica, è un’esperienza filosofica.» E ancora, a proposito del collegamento con i personaggi dei suoi romanzi, Pasolini dice che Tommaso nasce dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956 e la delusione provocata dal blocco comunista, mentre Accattone, due anni dopo, è girato in un momento in cui l’Italia è piombata nel grigiore: «Con Tommasino ho dato un dramma, con Accattone una tragedia: una tragedia senza speranza, perché mi auguro che pochi saranno gli spettatori che vedranno un significato di speranza nel segno di croce con cui il film si conclude.» Il segno della croce è quello che meccanicamente fa il ladro Balilla, alla morte di Vittorio. Sulla diversa visione di una speranza, nel romanzo Una vita violenta e nel film, Pasolini afferma: «in realtà tra quel mio libro ed Accattone si possono fare facilmente dei confronti. Direi che tutto sommato […] dal punto di vista ideologico-marxista, Accattone rappresenta un passo indietro. In Una vita violenta oltreché la denuncia, la denuncia di un mondo, di un modo di vivere, di una piaga spaventosa che lacera l’Italia del "benessere", c’era anche un’indicazione non soltanto implicita, ma esplicita di una prospettiva, nella speranza diciamo così ... Uno di questi personaggi esplicitamente trova il modo di superare questa sua condizione, di salvarsi attraverso un’esperienza politica, attraverso una scelta politica. Invece in Accattone tutto ripiomba dentro quel mondo. Pare che questo mondo non abbia aperture, non abbia prospettive di nessun genere. Quindi in un certo senso, questa immediatezza di una speranza non si intravede esplicitamente, è tutta incorporata dentro il film, nell’espressione poetica del film, e questo mi è accaduto perché possedevo meno il linguaggio cinematografico che non quello letterario.» Tommaso, il protagonista di Una vita violenta, riscatta la propria esistenza scoprendo l’impegno politico e sociale, mentre in Accattone Vittorio lotta per la sopravvivenza in una terribile condizione umana, liberata solo dalla morte. (Fonte: Le belle bandiere – dialoghi 1960-1965, n. 26 a. XVI, 1 luglio 1961, Editori Riuniti)
scrivere: produzione creativa su traccia Cambia tipo di testo: dal romanzo all’articolo di giornale Vai alla pagine http://www.mediaverde.it/nov_dic02/gola.htm sull’inondazione del fiume Adda del novembre 2002 http://www.lodionline.it/forum/forum_aperti_2.asp?IDForum=89 per forum testimonianze http://www.lapadania.com/2002/maggio/14/14052002p18a1.htm Immagina ora di essere un giornalista che deve scrivere un articolo sugli avvenimenti narrati nel brano tratto da Una vita violenta, legati all’inondazione del fiume Aniene. Segui queste indicazioni: 1) occhiello (breve frase sopra il titolo) maltempo – Sei le province più colpite: Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Pavia e Varese 2) titolo Lombardia, 15 milioni di danni 3) sommario (brevissimo riassunto del contenuto dell’articolo) Revocato il preallarme. L’Emilia Romagna chiede lo stato d’emergenza 4) notizia centrale in breve 5) sviluppo della notizia: l’ordine di presentazione delle informazioni va dalle più importanti alle secondarie. Puoi inserire nell’articolo le testimonianze che trovi nel sito sul forum. Se vuoi fare le attività di questa pagina, puoi scaricarle sul tuo computer cliccando qui: Pasolini
|