05/03/1922
nasce a Bologna da una famiglia tipicamente borghese, suo
padre discende da una famiglia nobile della Romagna e sua madre
da una famiglia di contadini friulani
|
1939
si iscrive all'Università di Bologna, facoltà di
lettere. Collabora con alcune riviste, come "Il Setaccio".
|
1943
viene arruolato sotto le armi a Livorno, e all'indomani dell'8
settembre disobbedisce all'ordine di consegnare le armi ai tedeschi
e fugge insieme al fratello. Guido, però, non accetta di
rimanere nascosto e dopo aver preso un biglietto per Bologna si
arruola nelle file partigiane. |
1945,
nel febbraio suo fratello Guido viene ucciso |
1945
si laurea discutendo una tesi intitolata "Antologia della
lirica pascoliniana", si trasferisce nel Friuli, dove trova
lavoro come insegnante in una scuola media. |
1947
si avvicina al PCI, e comincia una collaborazione col periodico
"Lotta e Lavoro". |
1949
trasferitosi a Roma svolge un'intensa attività partecipando
alle accese polemiche di quegli anni intorno al rapporto tra letteratura
e politica. Il 15 ottobre è segnalato ai carabinieri per
corruzione di minorenni e il 26 ottobre è espulso dal partito
dei comunisti per indegnità morale |
1954
lascia l'insegnamento e si trasferisce a Monteverde Vecchio |
02/11/1975
muore assassinato ad Ostia |
|
1954:
"La
meglio gioventù" |
1955
"Ragazzi di vita", romanzo, ambientato nei quartieri
romani della periferia |
1957
"Le ceneri di Gramsci" libro di poesia |
1958
"L'usignolo della Chiesa cattolica" libro di poesia
|
1959
"Una vita violenta", romanzo. |
1960
"Passione e ideologia" saggio letterario |
1962
"La religione del nostro tempo" libro di poesia |
1964
"Poesia in forma di rosa" libro di poesia |
1970
"Transumanar e organizzar" |
|
|
Era
la notte del 2 novembre 1975 quando, Pier Paolo Pasolini, a colpi di bastone,
fu ucciso e abbandonato a duecento metri dal mare nei pressi di Ostia.
Pasolini fu trovato privo di vita, in un campo incolto, chiuso intorno
a stentate costruzioni in lamiera. Saranno le stesse baracche contaminate
dalla povertà, invisibili agli occhi dei politicanti, astratte
alla cultura, a fare da sfondo alle sue pellicole in bianco e nero. Non
è un caso che inizio a parlare di quest'eclettico personaggio,
ricordando la sua morte. Un uomo versatile come lui, che dal primo momento
si è distinto per originalità e anticonformismo, che ha
mosso la cinepresa sulla memoria della vita, scrutando e studiando lo
scenario della periferia romana, non poteva "scegliere" luogo
diverso, dove sacrificare la sua anima.
Nella
periferia romana, Pier Paolo Pasolini ha estratto per "lenta evaporazione"
i disagi, gli impulsi e i problemi di una classe sovvertitrice. In Mamma
Roma la Magnani ha un moto di riscatto sociale; da prostituta sottoproletaria,
emigra a Cinecittà, integrandosi in un ambiente piccolo borghese.
In Accattone, Vittorio rappresenta la "sconfitta"; lui appartiene
ad una categoria costretta a muoversi in un labirinto di miseria e pessimismo,
dove non si trova la via d'uscita, e l'elemento speranza sembra annullarsi
con l'illusione di una rivincita. La particolarità che accomuna
queste due pellicole, uguali tra loro nel soggetto, ma distanti nel ricercare
la sete di rivalsa, è la scelta degli attori.
La genialità e la sensibilità di Pasolini sono straordinarie.
Da subito mostra interesse nella gente di borgata, perché la considera
spontanea e manipolabile, al contrario di un attore professionista, influenzato
dalle impostazioni accademiche che lo portano ad intervenire con un'esposizione
recitata nelle scelte stilistiche del film. Gli attori sono prelevati
sul luogo di ripresa; sono persone indistinte, sconosciute, "catturate"
all'entrata dei bar, nei mercati, per le strade; un genere vivente adatto
al cinema di poesia. Quello che il regista chiede a queste persone, è
la completa libertà, ad interpretare se stessi. La recitazione
è ridotta a brevi battute, con la frammentazione delle sequenze
in sede di montaggio, allo scopo di porre l'accento su uno stato d'animo,
o risaltare dei particolari di un soggetto, piuttosto di un altro. Non
mancano, in ogni modo nei suoi film presenze d'attori professionisti come:
Totò, Magnani, Mangano… per citarne qualcuno; ma non per decisione
del regista, ma per imposizioni editoriali. Un'altra particolarità
del cinema di poesia è il doppiaggio degli attori. Pasolini rifiuta
la presa diretta, tecnica tipica del cinema d'autore di quegli anni, dove
il sonoro è ripreso in sincronia con l'immagine in corso di registrazione.
Lui preferisce il doppiaggio, perché data l'eterogeneità
del suo cast, ha bisogno di utilizzare una lingua, che porti all'omogeneità
le varie recitazioni. Non sempre, poi la presenza fisica o il volto di
un attore, concorda con la sua voce del tutto inadatta, problema che spesso
accade, ma si risolve traducendo il sonoro in un'altra lingua.
Pasolini, fin dal primo momento, utilizza lo schermo come strumento di
comunicazione, perché capace di sollecitare la comprensione culturale
e sociale. La realizzazione d'alcuni cortometraggi come "Appunti
per un film sull'India", "Appunti per un'Orestiade africana",
e "Le mura di Sana'à" testimoniano la sua capacità
di trascegliere e coordinare i vari aspetti di diverse ideologie. Nei
filmati sono numerose le immagini di paesi che gravitano nella così
detta area della fame. I suoi epicentri si trovano in Africa, nell'Asia
e nell'America Latina. Pasolini ascolta e registra i commenti della gente,
coglie sui volti magri, dei poveri emarginati, la sofferenza di una classe
sociale sottosviluppata, ma con un'incontenibile ricchezza interiore ed
espressiva.
"Il fiore delle mille e una notte", "Decameron"
e "I racconti di Canterbury" sono film che il regista
definisce "La trilogia della vita". Gli argomenti dominanti
sono: Il sesso, l'amore e la morte. Da una parte il regista, con ironia
denuncia la classe borghese, individualistica e ricca, dall'altra denuncia
il dramma della lotta per la vita, colto nelle classi umili e diseredate.
I personaggi comuni sono calati in un ambiente realistico, che vivono
e soffrono la lotta per la vita, dominata da una legge impetuosa. Questo
mondo di passioni elementari, quale l'amore, il sesso, che ispirano e
dimostrano delicati sentimenti, non scendono mai nel patetico, nemmeno
nel volgare, anche se il tema sessuale, rimane sempre uno degli elementi
di provocazione nei suoi film. La morte è un tema molto ricorrente
nella cinematografia pasoliniana. Lui aderisce al mondo dei diseredati
sfruttati e oppressi da una società che li rifiuta, e tragicamente
rassegnati al loro destino di sofferenza. I suoi film sono costruiti
sull'infelicità della persona. Questo pessimismo radicale raggela
le speranze e le vicende dei protagonisti, la sventura e la morte sommergono
implacabilmente l'ansia di vita dei suoi personaggi.
Con "Edipo re" e "Medea", Pasolini,
rappresenta quella che ancora oggi è l'elemento essenziale del
nostro patrimonio culturale: I miti greci. In Edipo re, Laio tornato
a Tebe sposa Giocasta, interpretata da una splendida Silvana Mangano,
ma poco dopo le nozze, un oracolo lo avvisa che un figlio nato da Giocasta
sarà la causa della sua morte. La scena iniziale del film ha luogo
in un paesino del Nord Italia degli anni Venti, per spostarsi, come se
si andasse a ritroso nel tempo, nell'antica Grecia sul monte Citerone.
La sequenza finale d'immagini, ritraggono Edipo e il messaggero, sotto
i portici di una Bologna, ai fini degli anni Sessanta. Edipo suona il
flauto, attraversa la periferia, sconsolato, e giunge al prato dove negli
anni Venti, da bambino, ha aperto gli occhi per la prima volta. In "Medea",
la protagonista è Maria Callas. In genere Pasolini, quando scrive
una sceneggiatura, non pensa chi sarà l'attore, in questo caso,
sa che è lei, quindi pondera la sceneggiatura in funzione della
famosa cantante lirica. Pasolini sceglie i miti greci per descrivere luoghi,
stirpi e gerarchie politiche, allo scopo di identificare all'interno d'ogni
narrazione mitologica, forme alternative e contraddittorie dell'epoca
che sta vivendo. In "Edipo re", per esempio, la cecità
d'Edipo, rappresenta l'incapacità dell'uomo di vedere le cose,
come si presentano realmente, senza sforzarsi di comprendere la drammaticità
dei fatti. E' come se l'uomo voglia estraniarsi da tutto ciò che
lo circonda. Pasolini, conosce la realtà. Il suo compito principale,
è quello di richiamare l'attenzione dei suoi contemporanei sulla
politica, sulla morale, sulla cultura. Non a caso, nel film, si evidenziano
tracce autobiografiche: Con l'entrata in scena del regista, nelle vesti
del gran sacerdote, e le immagini di una Bologna contemporanea.
La pellicola più bella, è il "Vangelo secondo Matteo".
Pasolini, qui ripercorre fedelmente quella che è la storia di Cristo,
dalla sua nascita, alla cattura, alla morte, fino alla sua resurrezione,
senza deformare e adulterare i testi e la situazione storica. Il regista
ricostruisce i luoghi del Vangelo secondo Matteo, nel Sud Italia: La Puglia,
il Lazio e la Calabria diventano i luoghi di Galilea, mentre una zona
della Basilicata, di Palestina. Nel Vangelo di Pasolini, il Cristo è
rappresentato, come una persona dolce e mite, che a tratti reagisce con
rabbia, di fronte all'ipocrisia e alle falsità umane. Per Pasolini
Cristo è un "rivoluzionario", perché capace di
fare miracoli, e perdonare il suo nemico. In un mondo dove per Rivoluzione
s'intende una lotta fatta a suon di mitraglia, dire alla gente "porgi
l'altra guancia", è anticonformista e quindi rivoluzionario,
tanto da decretarne la crocifissione.
Pasolini ama la musica, soprattutto quella classica, i suoi musicisti
preferiti sono Mozart e Bach, ma non disdegna le ballate locali, come
gli stornelli romani, che accompagnano spesso le scene nei suoi film:
Un esempio "Violino tzigano" in Mamma Roma. Prima di iniziare
la carriera cinematografica, il regista, accetta l'umile lavoro d'insegnante,
in una scuola privata, impara a suonare il violino, che poi chiuderà
definitivamente nell'astuccio, per dedicarsi al cinema. La musica rimane
nel suo cuore, tanto che costituisce una parte non secondaria, della sua
opera cinematografica. Preferisce usare musica di repertorio, (brani classici
già noti), piuttosto che farla comporre "su misura",
perché, secondo Pasolini, è più efficace una buona
musica collaudata, che un componimento mediocre, dove più delle
volte è il rifacimento di uno già esistente. Continua invece
a coltivare la sua passione per la pittura; infatti, durante la lavorazione
dei film, utilizza disegni e schizzi per indicare la disposizione dei
personaggi sulla scena, oppure gli elementi paesaggistici. In Mamma Roma,
la scena iniziale del banchetto, ricorda "L'Ultima Cena " di
Michelangelo; invece una scena di Ettore, ricorda la figura di un quadro
di Caravaggio.
Altri film importanti di Pasolini sono: La ricotta, La rabbia, Comizi
d'amore, Che cosa sono le nuvole, La terra vista dalla luna, Teorema,
La sequenza del fiore di carta, Porcile.
Come giudizio complessivo, su questi film di carattere psicologico, culturale
e sentimentale, devo dire che si tratta di "opere" in vario
modo interessanti, a tratti originali, anche se, c'è sempre un
profondo pessimismo e una visione tragica e dolorosa della vita e del
destino umano. Pasolini è ateo, la negazione dell'esistenza di
Dio e l'indifferenza verso qualsiasi divinità, lo porta a non credere
in una forma provvidenziale, ma non solo, non crede nemmeno in un avvenire
migliore conquistato, qui in terra, con le forze degli uomini. A lui,
interessano solo i "vinti", quelli che cadono lungo la strada,
lui sa essere solo il poeta di chi resta ai margini della strada, mentre
la marea del progresso procede oltre...
A
cura di
Fabiola Lucidi
fabi.lux@libero.it
Avete
un autore preferito che volete analizzare, che ci volete far conoscere
ed apprezzare? Seguite lo schema che vi proponiamo in questa pagina (vita,
opere, commento, siti internet) e contattateci all'indirizzo pagzero@supereva.it
|