Gli acquedotti romani
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costruzione e funzionamento gli acquedotti romani attività regina aquarum Come le strade, anche gli acquedotti sono tra le opere più significative dell’antica Roma. Altri popoli, in regioni come l’India e la Mesopotamia, ne avevano già costruiti in precedenza, ma solo con i romani si arrivò ad una vera e propria cultura del trasporto delle acque, con il sistema di opere idriche più esteso e tecnologicamente avanzato del mondo antico. Nei territori dell’impero se ne contano circa duecento; a Roma ne esistevano undici. Si calcola che alla fine del I secolo d.C. la quantità di acqua potabile che giungeva ogni giorno in città era quasi un milione di metri cubi, più o meno mille litri per abitante, una disponibilità che supera ampiamente quella di oggi. Questi acquedotti provvedevano al bisogno di un numero enorme di impianti pubblici – terme, bagni, fontane, persino due stadi per battaglie navali. L’acqua era considerata proprietà statale destinata ad usi pubblici, ma su concessione speciale dell’imperatore o con il pagamento di una tassa specifica, poteva rifornire anche case private. Proprio grazie a questa eccezionale abbondanza, Roma venne definita regina aquarum ("regina delle acque"). Alcuni degli antichi acquedotti sono ancora oggi funzionanti e vengono usati per alimentare le fontane della capitale. la costruzione e il funzionamento degli acquedotti Nella prima fase di sviluppo della città, gli abitanti utilizzavano l’acqua del fiume Tevere oppure quella ricavata da pozzi scavati nel terreno, ma l’aumento della popolazione e dei loro bisogni costrinse a cercare nuove sorgenti nei dintorni della città: fu così costruito il primo acquedotto, realizzato da Appio Claudio (quello stesso che costruì anche la via Appia) nel 312 a.C. Ne seguirono presto altri, ad una media di uno ogni 60 anni circa. Gli acquedotti raccoglievano l’acqua da diverse sorgenti naturali situate a notevole distanza dalla città e la trasportavano sfruttando la forza di gravità. Per assicurare lo scorrere dell’acqua, essi avevano infatti una pendenza costante e quindi venivano costruiti con un’inclinazione del 25% (in media un metro di pendenza per ogni chilometro). Alla sorgente venivano costruiti grandi serbatoi per creare una pressione sufficiente all’inizio del percorso e per assicurare la continuità del flusso. Per eliminare le impurità, si usavano vasche di depurazione, dove la velocità dell’acqua rallentava e il fango e le altre particelle si depositavano. Le vasche si trovavano inoltre a intervalli regolari lungo il percorso dell’acquedotto. Qual è la figura nascosta? Va’ alle attività e indovina figura n. ____ Lontano dalla città, questo percorso era in gran parte sotterraneo: si scavavano dei pozzi verticali mantenendo sempre la pendenza e l’acqua passava in un canale di pietra, coperto da uno strato impermeabile. figura n. ____ In base alle caratteristiche del terreno, alcune parti del canale dovevano correre in superficie, lungo un fosso le cui pareti erano rinforzate da una palizzata. figura n. ____ Quando si dovevano superare fiumi o vallate, il canale veniva fatto passare su viadotti o su lunghi ponti a due o tre arcate in pietra o mattoni (a volte sulle arcate del primo livello si costruiva anche una strada e in questo modo gli acquedotti avevano una doppia funzione). figura n. ____ Spesso diversi acquedotti arrivavano in città seguendo un percorso quasi uguale: in questo caso l’acqua scorreva in canali separati dello stesso viadotto. figura n. ____ Arrivata al centro di Roma, veniva raccolta in un serbatoio (chiamato castellum aquae), depurata e poi distribuita, direttamente o attraverso rami secondari dell’acquedotto, agli impianti pubblici che doveva rifornire. figura n. ____ Leggi i paragrafi sulla costruzione e il funzionamento degli acquedotti e associali alle figure; poi assegna un titolo ad ogni paragrafo. (immagini tratte dal sito http://it.geocities.com/mp_pollett/romaaq2i.htm, al quale si rimanda per approfondimenti)
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A - condotto principale B - "castello" C - ramo secondario D – bocchettone figura n. _____
sorgenti acquedotto figura n. _____ Se vuoi fare le attività di questa pagina, puoi scaricarle sul tuo computer cliccando qui: Gli acquedotti romani
È il più antico degli acquedotti romani. Aveva un percorso di circa 16 Km quasi tutto sotterraneo. L’acqua, proveniente da sorgenti sulla Prenestina, entrava in città a Porta Maggiore, da dove si dirigeva verso l’Aventino, passando su arcate che si appoggiavano alla Porta Capena. Aveva una portata di 73.000 metri cubi al giorno.
Aveva origine dal fiume Aniene, era lungo quasi 64 Km e forniva 176.000 metri cubi di acqua al giorno. Entrava a Roma a Porta Maggiore e si dirigeva verso l’Esquilino in condotto sotterraneo.
Era lungo più di 91 km. e forniva 187.000 metri cubi di acqua al giorno. Dalle sorgenti nella valle dell’Aniene arrivava fino al Campidoglio. Il suo percorso era sia sotterraneo, sia sopraelevato con l’uso di arcate. I condotti degli acquedotti Tepula e Julia si sovrapponevano ad esso (la sovrapposizione dei tre acquedotti è ancora visibile a Porta Maggiore).
Proveniva dai Colli Albani, aveva una portata di 18.000 metri cubi ed era chiamato in questo modo per via della temperatura piuttosto calda dell’acqua.
Proveniva dalla Tuscolana, era lungo 22 Km e forniva 48.000 metri cubi di acqua al giorno.
Era lungo circa 20 Km e forniva 100.000 metri cubi di acqua al giorno. Proveniva dai Colli Albani, viaggiava quasi sempre in galleria e giungeva nella zona del Pincio, da dove, attraverso un percorso sopraelevato, si recava verso il centro della città. Fu restaurato nel 1453 e ancora oggi alimenta la Fontana di Trevi.
Era lungo 33 Km e aveva una portata di 16.000 metri cubi. La sua acqua non era potabile e quindi fu costruito probabilmente per alimentare la Naumachia (dove si svolgevano le battaglie navali) fatta costruire da Augusto a Trastevere. Proveniva dal lago di Martignano e arrivava a Roma nella zona del Gianicolo.
Era l’acquedotto più imponente: lungo 69 Km, dei quali 16 su grandi arcate, forniva 184.000 metri cubi di acqua al giorno. Proveniva dalla valle dell’Aniene e il suo percorso si incrociava con quello dell’Anio Vetus e dell’Acqua Marcia. In città, il suo doppio arco monumentale (noto come Porta Maggiore) ne costituisce l’elemento più vistoso. Nerone ne fece una derivazione per alimentare il lago della sua Domus Aurea.
Era lungo più di 86 Km e forniva 190.000 metri cubi di acqua al giorno. Le sue sorgenti erano vicine a quelle dell’acquedotto Claudio e anche il percorso era in gran parte comune.
Era lungo più di 32 Km e le sue sorgenti erano nei pressi del lago di Bracciano. Serviva ad alimentare le terme di Traiano.
È l’ultimo in ordine cronologico e alimentava le terme Alessandrine, rifacimento di quelle di Nerone in Campo Marzio. Le sue sorgenti erano nella zona di Pantano Borghese e il suo percorso era sopraelevato, su strutture ad archi che correvano lungo la via Prenestina e la via Labicana. Entrava in città nella zona di Porta Maggiore. I resti di molti di questi impianti sono tuttora visibili all’interno della città: una zona particolarmente interessante da questo di vista è il Parco degli Acquedotti, costituito da un’area di circa 280 ettari inclusa nel Parco Regionale dell’Appia Antica. Oltre agli acquedotti sono presenti i resti di due ville imperiali, la Villa delle Vignacce e la Villa dei Sette Bassi, nonché il Casale di Roma Vecchia, del XIII secolo. |