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PRIMA PARTE 1 - La giovinezza Prima di iniziare i miei 5 anni di guerra è necessario risalire al 1935, l'anno che senz'altro ha contrassegnato il mio destino proponendomi giorni irti, fatti all'insù, giorni di vita tutti in salita. Frequentavo allora il III° anno di ginnasio quando per mancanza di risorse economiche dovetti abbandonare la scuola e rientrare in famiglia. Mio padre conduceva in fitto il primo dei 14 mulini della valle e mio nonno fungeva da padrone. A lui era rimasta una vecchia casa ed il piccolo podere della vigna, lasciatogli dal bisnonno Sante. Ma anche questa sua proprietà, l'anno successivo ebbe ad estinguersi per sanare i debiti. Erano tempi molto duri e a mezzogiorno e a sera erano contate 13 bocche da sfamare. A segnalare le ristrettezze economiche e come ago della bilancia, era l'aringa arrostita dal sapore di fumo e baciata dalla polenta. Avevo allora 14 anni e non mi rassegnavo a dover perdere gli studi, tanto che, alcuni mesi dopo ritentai a riprendere la scuola come privatista. Ma fu tutto inutile. Non c'erano i mezzi e fu allora che il nonno mi volle con sé beniamino, e lui per me fu il gran maestro, soprattutto maestro d'onestà. Ultraottantenne, lo chiamavano il "galantuomo" ed era sulla bocca di tutti; non per niente aveva fatto il sindaco per diversi anni. Il 1935 era pure l'anno in cui l'Italia era andata a fare la guerra all'Abissinia e l'anno seguente cantava vittoria e creava l'Impero. Agli occhi del mondo era diventata grande e più grande ancora era stata nell'anno 1938 diventando campione del mondo per merito degli Azzurri di Pozzo. Erano cose belle e piacevoli a sentirsi alla radio e per gli Italiani l'inizio del benessere. Per me, invece, la vita non era migliorata, anzi direi, peggiorata. Non c'era nessuna alternativa di miglioramento. Col nonno dovevo zappare la vigna, col padre dovevo essere sempre pronto a fare l'asino. Venivo comandato ad andare per i casolari dei contadini sperduti tra le colline del paese a ritirare il grano e riportare il macinato; sacco sulle spalle su e giù per scorciatoie e sentieri tortuosi e sconnessi. Ero il secondo dei sette fratelli e forse quello che sgobbava di più. Venne l'anno 1939 a farmi diventare giovane di leva, a farmi capire che potevo cambiare mestiere e non essere più di peso alla famiglia e, in certo qual modo, che potevo avvalermi degli studi conseguiti gli anni prima. Sottoposto alla visita medica di leva e abilitato, non esitai un istante ad esternare a quelle autorità il desiderio, la mia volontà di arruolarmi volontario. Fui esaudito e fu la mia liberazione. La cosa, non era stata bene accolta in famiglia e tutti mugugnavano dandomi del matto e credevano ad uno scherzo. Solo dopo alcuni mesi, vedendo arrivare la cartolina precetto, si resero conto della realtà. Ed eccomi a Vicenza. E' il 10 dicembre 1940. Fu il giorno in cui al Distretto militare lasciai i panni borghesi per rivestire quelli in grigioverde. Mi fu dato un foglio di via e alla stazione, con pochi soldi in tasca, salii sul treno con destinazione Bolzano IV Compagnia di Sussistenza. Sul treno e durante il viaggio non sentivo alcun rimorso, alcun rimpianto per aver lasciato la famiglia, i compagni di borgata, il paese. Mi sentivo sereno, fiducioso, convinto che avrei cambiato la vita, che avrei trovato altri compagni, altre cose e che mi sarei trovato tra le montagne e gente che parlava tedesco. Il colletto della giacca che indossavo era orlato da un cordoncino dorato per indicare che sarei stato soggetto ad un corso di specializzazione, quindi militare di carriera. I primi giorni, se pure un po' spaesato, non mi furono pesanti, non mi fu difficile l'ambientamento con i soldati anziani e con la vita di caserma. Lo studio di cose nuove mi piaceva ed i primi sei mesi passarono veloci. Grazie all'educazione avuta a scuola ed ai consigli del nonno, avevo imparato, oltre che ad essere disciplinato e rispettoso, ad essere altruista con tutti. Era l'unico modo per farmi benvolere. Superato brillantemente il 1° corso, iniziai il secondo e passai ai Magazzini Generali di C.d'Armata, fuori città, non tanto lontano dalla caserma. Il corso era teorico-pratico: dovevo badare ai controlli meteorologici, di stoccaggio e di distribuzione. Al nono mese di servizio mi furono dati i gradi di Sergente. Non avevo ancora compiuto i 20 anni e fui avviato a frequentare il corso di logistica alla Scuola della Farnesina di Varna, vicino Bressanone. Eravamo 21 allievi e ne uscii il solo promosso. Fui avviato al Quartier Generale alla Sezione di Commissariato militare di Bolzano. I miei superiori erano allora il Maggiore Margoglio ed il Maresciallo Piliteri. In un anno avevo bruciato tutte le tappe. Mi pareva di essere diventato importante, quasi quanto un generale, godevo di libertà di servizio, di un speciale trattamento e rispetto, ma non mi sono mai montato la testa .... |