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PRESIDENZA AGNELLI |
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Grandi novità nel '47/'48. La signora diventa una
società per azioni, Gianni
Agnelli è il nuovo presidente e con lui si reinstaura il legame tra la squadra e la famiglia Agnelli,
un legame che come vedremo si consoliderà nel tempo. La squadra viene
affidata all'inglese Jesse Carver, e con lui
torna ai vertici del calcio italiano dopo 15
anni vincendo lo scudetto al termine della
stagione 1949-50, con 100 reti in
campionato e 62 punti, grazie
principalmente ai nuovi campioni, come
Carlo Parola, Ermes Muccinelli, i danesi Karl
Aage Praest e John Hansen, ed in particolar modo
a Giampiero Boniperti, giocatore simbolo della
signora. |
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Nella stagione successiva, 1950-51, la Juve arrivò
terza in Serie A con 103 reti in campionato. Nel
1951-52, sotto la guida dell'ungherese,
György Sárosi, si aggiudica ancora lo
scudetto, grazie ad un grande trio d'attacco
formato da Muccinelli, Boniperti e Hansen. La
Juve conquista 60 punti frutto di 26 vittorie 8
pareggi e 4 sconfitte, le reti realizzate furono
98, Boniperti diventa il cannoniere. La
conquista del nono Scudetto, consente ai
bianconeri di raggiungere il Genoa, in testa
alla classifica dei campionati vinti.
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Nella stagione successiva, la squadra giunse seconda, dopo
la storica vittoria per 8-0 sulla Fiorentina.
Nel 1955 Giovanni Agnelli lasciò, per impegni di
lavoro, la presidenza che, due anni più tardi,
passò a suo fratello minore Umberto (Il Dottore,
che a 22 anni divenne il più giovane presidente
della storia della società bianconera). Con lui
si aprì un nuovo trionfale ciclo di vittorie,
con la società bianconera vincitrice dello
scudetto nella stagione 1957-58 grazie anche a
nuovi campioni come il gallese John Charles ed
l'argentino di origini italiane Omar Enrique
Sivori (premiato con il Pallone d'Oro nel 1961),
e a vecchi campioni come Boniperti. I tre
saranno ricordati come Il Trio Magico, uno degli
attacchi più forti di tutti i tempi: 235 reti
nel competizioni ufficiali (201 in Serie A)
dalla stagione 1957-58 alla stagione 1960-61. |
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Per la prima volta, una società italiana di calcio
conquistò la Stella d’Oro al Merito Sportivo,
attribuitagli dalla FIGC per avere vinto dieci
titoli nazionali.
Nella stagione 1958-59 la Juve finì terza in
campionato, ma vinse la Coppa Italia battendo in
finale l'Inter per 4-1. Nel 1960 conquistò un
altro scudetto (l'undicesimo) e un'altra Coppa
Italia (la quarta): fu la prima "doppietta"
della storia bianconera, un record eguagliato
solo dal Grande Torino, dal Napoli e dalla Lazio
in tutta la storia del calcio italiano. La
Juventus ormai viene a ragione considerata una
delle squadre più prestigiose della Serie A e
anche gli anni 1960 del confermarono questa
teoria. La Signora conquistò altri due scudetti
nelle stagioni 1960-61 (con il record di Sivori,
che segnò ben 6 reti nella storica vittoria per
9-1 contro l'Inter, in cui i nerazzurri
schierarono per protesta la formazione
Primavera) e 1966-67, quest'ultimo vinto
sorpassando l'Inter proprio all'ultima giornata
(la Juventus vinse infatti con la Lazio 2-1
mentre i nerazzurri persero a Mantova per 1-0).
Nella sua terza partecipazione europea, i
bianconeri arrivano ai quarti di finale della
Coppa dei Campioni del 1962 contro il Real
Madrid di Alfredo Di Stefano, Puskás e Gento.
Dopo una eliminatoria difficile (vittoria
madrilista per 1-0 a Torino e vittoria della
Juve per 1-0, con rete di Sivori, a Madrid:
prima vittoria di una squadra italiana nella
capitale spagnola); il Madrid vince per 3-1
nella partita decisiva di Parigi.
Ma i successi in casa bianconera non si
limitarono agli scudetti. Nel 1962-63 i
bianconeri vinsero la Coppa delle Alpi, suo
primo successo internazionale, con quattro
vittorie in altrettante partite (in finale batte
l'Atalanta 3-2) e, nel 1964-65, la Coppa Italia
battendo l'Inter in finale (1-0), ma in quella
stagione la Juventus perse la Coppa delle Fiere
(antenata della Coppa UEFA) contro il
Ferencvaros (finale unica, 0-1 a Torino).
Analogo destino avvenne nella stagione 1970-71
contro il Leeds United, nonostante il doppio
pareggio nella finale: 2-2 a Torino e 1-1 a
Leeds. |
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Nella stagione 1966-67, la Signora conquistò il suo
tredicesimo scudetto, giusto all'ultima
giornata, ai danni dell'Inter. Alla vigilia
dell'ultimo incontro l'Inter precede la Juventus
di un solo punto. I nerazzurri perdono per 1-0 a
Mantova (con errore del portiere Giuliano
Sarti), mentre i bianconeri battono in casa la
Lazio per 2-0. L'undici Campione d'Italia è
formato da: Anzolin, Adolfo Gori, Leoncini;
Giancarlo Bercellino I (giocherà qualche
partita, segnando anche alcuni gol importanti,
il fratello, centravanti, Silvino Bercellino II),
Castano, Salvadore (arrivato qualche anno prima
dal Milan, in cambio di un altro sfortunato
atleta: Bruno Mora); Favalli (in alternanza con
l'estroso Zigoni), Del Sol, De Paoli (autore,
nel girone d'andata, di un gol alla Lazio non
convalidato perché non visto dall'arbitro),
Cinesinho e Menichelli. Presidente della società
in quella epoca era Vittore Catella, allenatore
Heriberto Herrera, predicatore e precursore
paraguayano del "movimiento", primo esempio di
calcio totale, poi sviluppato e perfezionato,
negli anni '70 del secolo passato, dalla
nazionale olandese di Johan Cruijff.
Nella Coppa dei Campioni della stagione
successiva, la Juve, rafforzata con il tedesco
Helmut Haller, alla sua quarta partecipazione,
arrivò alle semifinali del torneo, ma perse
contro il Benfica di Eusebio (0-2 all'andata e
0-1 al ritorno).
Nella stagione 1969-70 debuttò in prima squadra
il giovanile Giuseppe Furino, che giocò fino al
1983-84, vincendo otto scudetti con la Juventus
e risultando ancor oggi, assieme a Giovanni
Ferrari, il calciatore italiano che ha vinto più
tricolori. |
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