Home page

 Libro del mese   

        Ricerche


ROMAGNA PREROMANA

Chi c'era in Emilia-Romagna prima dei Celti

PAGINA INIZIALE RAPPORTI CON ALTRI POPOLI
   
CHI VIVEVA IN EMILIA-ROMAGNA PRIMA DEI CELTI I CELTI CONTRO ROMA
   
LA CELTIZZAZIONE DELLA VALLE PADANA LA PROGRESSIVA COLONIZZAZIONE ROMANA


Greci
Villanoviani
Spina
Ravenna e Phycocle
       
La città
 
       
Spina/Adria
 

L'AMBIENTE NATURALE ATTORNO A SPINA:
LE FOCI DEL PO

Delta padano

Clicca sopra per ingrandire (120 k)

La cartina mostra il delta padano tra VIII e VI secolo. Si noti il ramo meridionale del Po, in grassetto, lungo il quale sorse l'emporio di Spina (seconda metà del VI° secolo a.C.). A Nord, a 30 miglia romane di distanza, si nota Adria. Le differenze rispetto alla geografia attuale sono notevoli: la linea di costa era notevolmente arretrata, il Po scorreva molto più a sud (si sa che fino all'Alto Medioevo bagnava Ferrara) ed il Reno era un suo affluente. Il terreno era caratterizzato dalla presenza di corsi d'acqua, lagune e isolotti, oltre che paludi. I Celti e gli altri popoli convissero quindi con un paesaggio molto diverso dal nostro. La pianura Padana era coperta da una grande foresta pressoché continua, densissima di piante e in certi punti persino impraticabile.
Nella cartina sono compresenti due tempi storici diversi: si sovrappongono la linea di costa antica (ricostruita dagli archeologi) e quella odierna per mostrare come Spina, al momento della sua fondazione, si trovasse a pochi km dal mare; inoltre si sovrappongono il corso dei fiumi nell'antichità con l'estensione delle Valli di oggi. Gli studiosi si sono basati anche sulle fotografie aeree dell'antico letto dei fiumi per riconoscere l'abitato di Spina. 
Inoltre è da notare è la rete fittissima di fiumi che costituivano il complesso deltizio formato da Adige, Po e Tartaro (che scorre ancora tra di essi). Nella cartina sembra impossibile distinguere il corso del Po dal corso degli altri due fiumi. Interroghiamo gli storici antichi al proposito.
Secondo Polibio (II sec. a.C.) il ramo meridionale del Po scendeva con un unico corso fino a pochi km dall'odierna Ferrara, dove oggi sorge l'abitato di Codrea. Qui si divideva in due rami, l'Olana e il Padoa (o Spinetico). Entrambi sono segnati nella cartina: il primo percorreva tortuosamente un breve tratto e poi entrava nelle paludi salmastre di Comacchio (odierno Po di Volano). L'altro passava più a sud e poi sfociava nella palude Padusa (Po di Primaro, sul cui letto oggi scorre il Reno). Plinio (I sec. d.C.) sosteneva invece che il fiume si gettasse in mare da sette bocche, anche se gli storici attuali interpretano le sette aperture come la somma di rami del Po e di altri fiumi e canali.
Anche l'Adige anticamente non si presentava con un unico corso, ma si suddivideva in vari rami, formando verso la fine del suo corso ampie paludi. Le sue ramificazioni (Adigetto, Gorzon, ecc.) però, prima di giungere al mare, si riunivano al corso principale (come si vede nella mappa).
Il greco Strabone, geografo di età augustea, in una sequenza celebre della sua opera (capp. 4-12 del V libro, con il VI tutto dedicato all'Italia), scrive, riferendosi alla Cisalpina: "Tutta la regione abbonda di fiumi e di paludi; a ciò si aggiungono i flussi e riflussi del mare (alte e basse maree) come nell'Oceano, per cui la maggior parte della pianura è piena di lagune." Di Ravenna dice che "sorge tra le paludi"; Adria invece era "meno disturbata dalle paludi" ed era collegata al mare da un breve corso d'acqua. Strabone descrive ammirato il regime delle acque, annotando che, come ad Alessandria d'Egitto per effetto del Nilo, le lagune dell'Adriatico sono salubri, per il costante ricambio delle acque prodotto dalle maree, e perciò favorevoli alle colture e all'allevamento.
Nei tempi antichi la linea di costa si trovava più o meno dov'è oggi la statale Adriatica. Da Pesaro fino a Chioggia seguiva un andamento semiellittico e toccava i centri odierni di Classe, Ravenna, Savarna, Argine d'Agosta, Spina, Merozzo, Pomposa e Mesola. Ad ovest della linea di costa si estendevano valli salmastre che, partendo ad ovest di Classe, sempre con un percorso semiellittico, erano delimitate all'incirca dall'attuale San Michele di Ravenna, Villanova di Bagnacavallo, Lavezzola, Ostellato e Codigoro. In mezzo a queste valli, non molto profonde, c'erano diverse terre emerse che venivano loro stesse chiamate "valli". Essendo coltivabili in alcuni periodi stagionali, erano quindi abitate e, nonostante le alluvioni di piena sempre incombenti, erano abbastanza sicure.

Lagune e paludi erano molto più estese di oggi e si distribuivano sia a nord sia a sud del corso del Po. Nel territorio che va dal Po alla via Emilia, per una lunghezza di 50 miglia, si estendeva la palude Padusa, che traeva il suo nome proprio dal Po (Padus), che la lambiva. I fiumi che scendevano dall'Appennino, non riuscendo a sfociare nel Po, poiché il piano di campagna era più basso, trasformavano questa vasta conca in una profonda palude, ma con il loro continuo apporto di acqua fresca, la mantenevano viva. Confluivano in questo enorme specchio d'acqua, il Savio, il Ronco, il Montone e il Lamone. La palude Padusa si estendeva dal territorio di Ravenna-Cervia fino in Veneto e in Friuli. La stessa laguna di Venezia era parte integrante della Padusa. Per molti secoli le Valli di Comacchio, a sud, e la laguna di Venezia, a nord, costituirono i punti di riferimento di un vasto sistema vallivo di transizione fra terraferma e mare. Con lo scorrere dei secoli la Valle Padusa divenne una selva, “selva litana”, o litoranea, estendendosi dal Po di Primaro o dal Reno fino a dove oggi scorre la via Emilia; a oriente era limitata solamente dal Mare Adriatico. Secondo alcuni il nome "litana" deriva invece dalla dea celtica dei morti. Può essere che questo nome sia stato dato alla selva successivamente al massacro che venne compiuto nel 216 a.C. (vedi Strage della selva litana), per indicare che in quel luogo venne effettuato un massacro. Un altro luogo che potrebbe portare il nome di un dio celtico è la Valle Dana, che si estendeva un tempo tra Fusignano ed Alfonsine, nella Bassa Romagna. Dana era la dea celtica della caccia.
Oggi l'antica Padusa sopravvive a Comacchio e nelle riserve naturali protette, come l’oasi di Vallesanta di Campotto e l’oasi di Punte Alberete (situata tra i lidi ravennati di Marina Romea e di Casal Borsetti), una delle ultime foreste planiziali d’Europa e la più estesa d’Italia.

(continua)

torna su