La celtizzazione della Valle padana
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Il nome "Celti"
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Di cosa parliamo quando diciamo "Celti"?
I celti designavano se stessi con il nome Cealteach
o Kealteach (che significa "il popolo segreto").
La parola "celtico" che usiamo oggi ha origine dal greco keltói
che gli abitanti di Marsiglia, polis fondata dai Focei, attribuirono ai Celti
verso il V sec. a.C. Teopompo, storico greco nato a Chio nel 378 e vissuto in
Grecia fino al 323 a.C., cita più volte nei suoi libri i Keltói, infiltratisi
in quel secolo tra gli Illiri e i Paleoveneti (L.II, 41). Un altro nome con
il quale i greci si riferivano ai Celti era galatài, che
forse in origine definiva il colore bianco latteo della loro pelle (gal =
latte in greco).
Il termine subì delle modifiche nei secoli seguenti in seguito al contatto
che i Celti ebbero con popoli italici come Etruschi e Paleoveneti, che fin dalla
tarda Età del Bronzo erano venuti in contatto sia con i celti che con
i greci. L’etimologia della parola CELTI-GALLI deriverebbe da una romanizzazione
dei nomi Keltoi o Galatai già utilizzati probabilmente dagli Etruschi
e dai Paleoveneti per chiamare i popoli stanziati al di là delle Alpi e già
conosciuti nel sec. IX o VIII a.c.
I romani nominavano Gallia tutti i territori abitati da genti celtiche,
quindi per loro anche l’Italia del Nord (fino al III° sec.) era parte della
Gallia. È da notare che i termini Galles e Caledonia (l'antica Scozia),
oltre che la Galizia spagnola e i Galati a cui San Paolo indirizza una delle
sue Lettere, abbiano la propria radice in gal.
Tornando alla nostra penisola, esisteva una Gallia cisalpina (la Valle Padana)
e una Gallia transalpina (l’odierna Francia). Si faccia attenzione ai seguenti
termini:
Le popolazioni celtiche dell'Europa vengono identificate dagli archeologi in tre distinte "culture": Hallstattiana (preistorica), Golasecchiana (protostorica) e Lateniana (storica). Hallstadt è in Austria, La Tène è in Svizzera (vicino al lago di Neuchatel), mentre Golasecca è una località vicino a Varese dove sono affiorati i maggiori ritrovamenti celti nella Transpadana.
La cultura di Halstatt
Emersa ben prima del 1000 a.C., questa cultura nacque nella zona tra il Reno
e il Danubio (Svizzera tedesca e Svevia odierne). In seguito le popolazioni
celtiche originarie si sono espanse anche verso sud. Infatti le Alpi non hanno
mai rappresentato una barriera insormontabile all'attraversamento dei popoli.
La presenza dei Celti nell'alta valle del Ticino è attestata già
nel 600 a.C.
La cultura di Golasecca, culla della civiltà celtica in Italia
La ricerca archeologica più recente (De Maranis, Arslan, Prosdocimi, Kruta-Manfredi)
è approdata a questa conclusione: la cultura golasecchiana e, con essa
tutte le culture protostoriche che si sono evolute verso i modelli lateniani
in epoca storica, sono celtiche. In pratica, i popoli prealpini della parte
occidentale della Valle padana possono essere considerati come celti autoctoni.
Quindi discendono direttamente da essi gli Insubri e i Cenòmani, che
vissero tra il Ticino e l'Adige in tempi storici.
La cultura di Golasecca è iniziata nel XII sec. a.C., avendo la sua "culla"
tra il lago Maggiore e il Serio, e il Po come confine naturale a sud. Il suo
corrispettivo centro-europeo era la civiltà di Hallstatt. Dal IX al VII secolo
si verificò una grossa migrazione interna, dalle valli alpine fino alla
fascia pedemontana, forse a causa della crisi climatica che, intorno all’XI-VIII
sec. a.C. aveva segnato l’inizio del periodo subatlantico, con clima più freddo
e piovoso. La cultura di Golasecca decadde all’inizio del IV sec. a.C., in concomitanza
con l’arrivo dei Celti transalpini e con la preferenza da loro accordata al
luogo sacro (medhelan) degli Insubri per la sua centralità nella pianura.
La cultura di Golasecca ci ha lasciato la più antica testimonianza scritta di
una lingua celtica in Europa: da un corredo funebre del secondo quarto del VI
secolo a.C., individuato nei pressi di Castelletto Ticino, è stato rilevato
infatti il famoso genitivo gallico in alfabeto etrusco-capenate «Xosioso»
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Pagina dal sito "CelticWorld"
sulla Cultura di Golasecca.
Ultima questione aperta: secondo il prof. Prosdocimi (Università di Padova), il leponzio non è da intendere come l'"alfabeto dei Celti", ma come "un determinato alfabeto notante una lingua celtica" diffusa nell'area dei laghi lombardi. Le iscrizioni galliche provenienti da quest'area sono scritte con questo alfabeto non latino. Prosdocimi preferisce questa formulazione a quella tradizionale per cui: "I Galli in Italia hanno adottato l'alfabeto leponzio".