AUTODIFESA- SELF DEFENSE
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 "Beatrix Affaire"- 15 Feb  2008.
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PRIMA PAGINA

13 Febbraio 2008 - La questione aperta con la Polizia di Stato
14 Febbraio 2008  -ora nelle pagine dell'unico sono disponibili anche le slides
15 Febbraio 2008- La Preoccupante situazione attuale.




Altre risorse


  UNICO



 


In queste pagine presentiamo dei fatti gravi accaduti all'interno delle Istituzioni dello Stato Italiano.  Per tali fatti lo Stato ha perso la sua normale autorità e noi, in qualità di cittadini italiani, ci siamo  trovati in balia di gente senza scrupoli che ha utilizzato e sta ancora utilizzando  le istituzioni pubbliche e la burocrazia a proprio uso e consumo.
Ci teniamo ad avvisare che ci limitiamo a presentare ipotesi, elementi e prove. Non vogliamo sostituirci alla magistratura e nemmeno giudicare le persone e le istituzioni, tuttavia riteniamo doveroso poter presentare, senza censure, quanto da noi appreso. Non abbiamo scritto nomi per questione di privacy, ed anche per offrire a chi coinvolto la possibilità di cambiare atteggiamento, senza inutili scandali.


La necessità di presentare una forma di "Autodifesa" pubblica nasce per quattro importanti motivi:
  1. I nostri esposti/denunce inoltrati alla magistratura romana, attraverso i quali denunciavamo vari fatti e chiedevamo un intervento dell'autorità,  furono sottratti e/o smarriti ripetutamente all'interno degli uffici pubblici.
  2. Dal 2004, ovvero da quando cominciammo a chiedere un intervento della magistratura,  nonostante la nostra insistenza non ci fu mai concesso di parlare con un magistrato di quelli che seguono le indagini.
  3. Come cittadini italiani ci sentiamo in dovere di segnalare questi fatti per il bene pubblico
  4. Situazioni gravi si sono ripetute in varie procure. Dunque segnaliamo attraverso la nostra esperienza una possibile "cupola" che controlla di fatto gli organi di giustizia.
Introduzione






For this, we say: "There is no justice in Italy"
Siamo nati entrambi in un paesetto di circa 7.000 abitanti nella provincia di Vicenza. Verso la fine degli anni ’90 ci accorgiamo che vi è qualcosa che non va nel paese e nelle nostre famiglie. In un primo momento tentiamo di risolvere la questione in famiglia, ma visti i scarsi risultati decidiamo di lasciare quelle terre. Nell’Agosto del 2001 Matteo lascia il paese e si sposta vicino a Padova e un anno dopo Giovanna lo segue. La nostra è una scelta radicale:  tagliamo decisamente con le famiglie e con qualsiasi amicizia di quel luogo. Tuttavia il paese sembra non gradire le nostre scelte e riesce a trovare il comune dove siamo andati a vivere. La nostra linea dura era dovuta sostanzialmente a situazioni poco piacevoli che coinvolgevano anche delle personalità e noi non volevamo avere niente a che spartire con quel mondo.
Nel 2002 Matteo si sposta nuovamente e nel 2003 cambiamo di nuovo paese. Ma non vi è modo di stare in pace. Nel 2004, ci viene concesso dal Vescovo la dispensa per il matrimonio senza  pubblicazioni religiose, celebrato anticipatamente alle pubblicazioni civili. E per tutela ci sposiamo in un altro comune, diverso da quello di residenza.
Con il tempo invece di placarsi, le cose peggiorano e in tale situazione siamo  costretti a chiedere aiuto alle istituzioni. Proviamo dapprima a interessare dei carabinieri di Padova, ma lasciamo cadere il discorso. Riproviamo in Ottobre 2004 e questa volta ci presentiamo alla stazione dei carabinieri di Rovigo, un luogo lontano per trovare un ambiente totalmente estraneo ai fatti che dovevamo raccontare.
Troviamo per l’occasione due carabinieri. Uno dei due ci dice di fuggire in Germania a rifarci una vita , ed un altro ci dice di inviare le testimonianze alla magistratura.
In novembre ’04 non ci sono segni di schiarite e decidiamo di inviare le testimonianze. Già sapendo che i nostri parenti avevano accesso, attraverso alcune amicizie, ai procedimenti in Padova e Vicenza, decidiamo di inviare il materiale fuori regione alla Procura di Roma e in copia al Presidente Ciampi.
Ingenuamente, nelle carte, facciamo il nome di persone eccellenti. Ma noi in quel momento non siamo ancora in grado di capire esattamente quello a cui ci troviamo di fronte.
Dopo l’invio del primo esposto le cose peggiorano, vi sono delle violazioni di domicilio, intimidazioni e minacce. Noi continuiamo a scrivere sollecitando un intervento di qualcuno ma nessuno risponde. A distanza di 4 mesi, in Marzo 2005 andiamo a Roma a vedere cosa è successo. Scopriamo al Quirinale che le nostre carte sono state spedite al Prefetto di Padova, ma a Padova non risulteranno pervenute. Scopriamo, in Procura della Repubblica di Roma, che le nostre raccomandate non risultano nemmeno registrate, eppure dovevano essere arrivate perché abbiamo in mano il timbro di pervenuto con tanto di data e firma! Noi insistiamo e rimandiamo tutte le carte e ritorniamo a Roma il 19 di Aprile ’05 per vedere il nome del magistrato assegnatoci.  Scopriamo che non ci è stato assegnato nessun magistrato! Perché le carte non risultano arrivate. Allora decidiamo di depositarne subito una copia, questa volta direttamente agli uffici. Nulla da fare, saranno perse anche queste.
Nel frattempo in occasione di un incidente chiediamo l’intervento dei carabinieri locali. Sfortuna volle che fra questi vi fosse pure uno del nostro paese di origine, il quale ci disse nell’occasione che non bisogna scrivere i nomi e cognomi negli esposti. Più tardi abbiamo a che fare con il comandante della stazione.  Quest’ultimo  si rifiuta di prendere la denuncia di sottrazione dei nostri esposti/denuncie. Si rifiuta di ascoltarci e strumentalizza l’incidente per farci passare da persone esaurite. In tal modo può annullare le nostre dichiarazioni. Con il tempo capiamo che tale comandante è stato mandato apposta sistemarci.
Nel frattempo tra tutti i nostri tentativi una lettera raccomandata, non indicante in esterno i nostri nomi, riesce a passare la rete di intercettazioni ed andare in buca. Undici pagine (un aggiornamento) arrivano ad un magistrato, il quale però archivia tutto dichiarando comunque che il materiale precedente  è sparito. Archivia dicendo che non vi sono elementi per stabilire se è un furto o uno smarrimento. Il GIP che conferma l’archiviazione scrive invece il contrario, ovvero che il furto o smarrimento delle nostre carte non è mai avvenuto.
Non ci viene permesso un dibattito o una difesa e non ci viene permesso nemmeno di presentare la documentazione dichiarata non pervenuta, perché nell’ulteriore nostro tentativo di invio anche quella sparisce. Noi finiamo a vivere in tenda in un paesetto di circa 3.000 abitanti nel Bresciano senza avere più nulla. Non riusciamo ad uscire da quella situazione perché il maresciallo dei carabinieri del nostro paese fa delle pressioni sui sindaci, sui comuni e sui carabinieri bresciani. Sfortuna volle che ci troviamo in servizio, nel piccolo paese bresciano sempre un carabiniere del nostro paese.
Quello che racconta il maresciallo ai sindaci, alla Caritas  è facile da determinare, perché prima o poi le cose vengono  alla luce e persone diverse usano le stesse medesime parole per indicare la nostra situazione e un sindaco ce lo dice pure. Noi non riusciamo a difenderci perché non ci è concesso un dibattito e comunque è più facile e normale credere ai carabinieri.
Mentre siamo nel bresciano creiamo, grazie alla biblioteca multimediale del luogo, un sito internet di autodifesa (http://digilander.libero.it/autodifesa ) che  costantemente aggiorniamo nel corso del tempo. Nel frattempo ci istruiamo sul nostro paese d’origine, sui culti che vi si facevano, sulla mafia e sulla massoneria. Per così dire cominciamo ad aprire gli occhi sulla storia italiana e sul paese dove siamo nati. Ed ora vi raccontiamo qualcosa.
Le amicizie dei nostri parenti
Un giorno a casa della famiglia di Giovanna telefonarono i Tanzi. Giovanna non sapeva nemmeno chi fosse la persona all’altro capo del telefono, ma lo riconobbe alcuni giorni dopo vedendolo in TV, ovvero si trattava della famiglia del gigante Parmalat . Questa telefonata rimase senza spiegazione, perché i famigliari di Giovanna caddero dalle nuvole.
Anni prima lo zio di Giovanna fu coinvolto in un incidente e fu aperto un procedimento a Padova. Lo zio, con fare da gran bullo, si pavoneggiava riguardo alle informazioni segrete del procedimento che aveva attraverso l’amico del villaggio. Si tratta a dire poco di un presidente  della Federazione Nazionale Giuoco Calcio (FIGC) settore ....  Tra gli amiconi, a detta dello zio, vi è pure Nevio Scala, allenatore prima della Reggina (la squadra del Reggio Calabria) e poi del Parma Calcio nel periodo Tanzi, quando il Parma cominciò a vincere in Italia e in Europa. Scala in quel periodo vive nel villaggio. Sempre nel villaggio nasce un famoso imprenditore internazionale attualmente vice-presidente di una Banca del NordEst . E’ un uomo molto potente. A poca distanza vi è poi il Presidente della stessa Banca, primo produttore  in Italia di un certo prodotto. Sono entrambi cavalieri del lavoro. Tutti uomini con un intenso rapporto di affari con la Sicilia. Ad esempio il l’imprenditore agricolo è molto amico del presidente della regione Sicilia.
I nostri parenti sembrano conoscere qualche dettaglio su dove siano finiti i soldi della Parmalat, ogni tanto facevano qualche battuta. Noi stessi da imprenditori sentivamo nella zona chiacchiere che parlavano chiaro da dove arrivavano determinati soldi. E sembravano sapere anche un po’ tanto del futuro calcistico delle squadre. Si trovavano poi a fare tutti le ferie ad Asiago dove si allenavano le squadre. Allo zio di Giovanna piaceva andare a caccia a Sciacca, un interesse nato all’improvviso, poiché non è mai stato cacciatore, è cacciatore solo a Sciacca, per un certo periodo.
Dall’altro lato i parenti di Matteo, sempre del paese, conoscevano alcune persone alto in grado dell’Arma Aeronautica. Cosa vi sia al di sotto di tutto questo noi non lo sappiamo ma ci è bastato scrivere alcune situazioni vissute, all’interno del primo esposto del Novembre 2004, per scatenare l’inferno. Facciamo notare che sempre in zona a poca distanza  vi abitano le persone che hanno partecipato all’assalto del campanile di Venezia e siamo nell’area fervente dell’organizzazione della  Rosa dei Venti scoperta dal giudice Tamburino di Padova .
Ritornando alla nostra storia.
Non abbiamo mai lasciato perdere la richiesta di giustizia e tutela, anzi, abbiamo continuato con maggiore insistenza, proprio perché vedevamo emergere sempre più un male che non possiamo risolvere da soli. Dopo essere “scappati” dalle zone di Brescia, siamo andati a Roma a cercare una spiegazione. Il 22 Marzo ’06 andiamo alla Procura Militare di via delle Milizie per vedere cosa ne avevano fatto della nostra lettera raccomandata spedita un anno prima . L’impiegato ci spiega che è stato spedito tutto alla Procura Ordinaria di piazzale Clodio. Ci scrive sulla nostra ricevuta gli estremi dell’invio e ci stampa un report ove figura l’invio. Ci invita ad andare subito a vedere. Noi andiamo subito e scopriamo che è stato archiviato tutto in data 3 gennaio 2006. Allora, visto che siamo in Procura andiamo a vedere cosa è successo al procedimento generato da quelle 11 pagine che figurava come  l’unico  arrivato ad un magistrato. Andiamo in ufficio ma lui non c’e’ è in ferie. L’impiegato ci mostra sul monitor che all’interno del fascicolo di 11 pagine vi è incluso uno molto corposo di un altro magistrato. Tutto  archiviato in data 3 gennaio 2006.
Capiamo più tardi che il magistrato pur di non far le indagini aveva nascosto il dossier proveniente dalla Procura Militare all’interno del suo di 11 pagine. Chiudeva tutto senza fare indagini in un colpo solo dichiarando che non era in possesso della documentazione precedente. E lo fece per iscritto in ben due fax!
Noi a questo punto non ci rimase che denunciare i magistrati romani e lo facemmo a Napoli l’8 settembre 2006 sperando che l’indagine si potesse allacciare a quella già in atto su “calciopoli”. Qui la pratica fu acquisita immediatamente e ci fu assegnato il magistrato dell’antimafia entro poche ore. Il poliziotto dell’ufficio primi atti ci disse che aveva già sentito casi come il nostro riguardanti Roma. Ci fu un disguido e non potemmo vedere il magistrato nel pomeriggio, quando ritornammo la pratica era già stata inviata per competenza a Perugia. Ma Perugia comincio a comportarsi come Roma. Tali magistrati non ci permisero mai un colloquio o la possibilità di presentare direttamente degli elementi di prova.
Chiedemmo allora l’intervento della Procura di Firenze, e grazie a Firenze scoprimmo un altro grave errore compiuto da Perugia: aveva delegato la richiesta di protezione, da noi presentata, ai carabinieri del comune di residenza, ovvero a quelli che avevamo denunciato. La stessa Procura di Perugina aveva commesso  una grave incoerenza: ci avrebbero dato sicuramente una bella protezione! Non riuscimmo mai ad arginare lo strapotere di questi carabinieri, che ancora nel 2005 ci dissero: “Mandate pure i vostri esposti a Roma, tanto, se arrivassero, poi saremo noi a fare le indagini, e vedrete che indagini faremo!”.

In Umbria
Dopo la Lombardia abbiamo tentato di rifarci una vita in Umbria. Siamo arrivati sfiniti ad Assisi in Marzo 2006. Ma anche in questa terra abbiamo avuto problemi a non finire, soprattutto con un prete di origine veneta, come noi, che ci ha fatto guerra su tutti i fronti.

Dove siamo nati probabilmente vi è un centro di interessi che unisce la mafia e la massoneria. I culti che noi abbiamo visto quand’eravamo bambini sono storicamente assimilabili a culti esoterici massoni, quelli legati al culto del serpente. E’ ora difficile spiegare tutto questo, ma noi ci siamo nati in quei luoghi. Dentro questa “setta” vi erano personalità, preti e militari alti in grado. Ricordiamo inoltre come nella bancarotta della Parmalat e della Cirio vi sia sempre un collegamento con il calcio (Tanzi-Parma, Cagnotti-Lazio), ma al di sotto di questi crack vi è un’organizzazione molto più complessa che controlla banche e altro. Il calcio è poi un buon strumento per muovere soldi, interessi, amicizie.
Noi in queste condizioni non siamo in grado di farci una vita da soli, abbiamo bisogno di aiuto ed interessamento.
  "La nostra verità"


Esposizione dettagliata della situazione


Ora ripartiamo a raccontarvi in dettaglio .
(A destra la nostra tenda a Roma a metà ottobre 2005 durante una ulteriore azione di richiesta di aiuto)
Passammo il 2005 da Giugno fino al 23 dicembre in tenda perchè nessuno ci aiutava.  Mangiavamo poco e per sopravvivere, nella stagione fredda,  avevamo riempito sacchi di nylon con foglie secche.
Avevamo gli scarponi, riportati in figura all'inizio di questa pagina, diventati il simbolo della fuga per la vita.



"Due anni d'inferno in Italia"












Sottrazione e smarrimento di documenti presso le Procure
Censura delle pagine nei motori di ricerca.
Violazione di diritti fondamentali legati alla giustizia.
Quello che ci è accaduto denota una situazione da terzo mondo.
I  documenti, tramite i quali chiedevamo un aiuto ed un intervento, furono tutti  sottratti e/o smarriti ad eccezione di un esposto, che arrivò ad un PM, e diede origine ad un fascicolo. Da ottobre 2004 a Maggio 2005 furono smarrite e/o sottratte 6 lettere raccomandate. In aggiunta furono smarriti due fascicoli riepilogativi, depositati a mano presso l'ufficio apposito della Procura . In Novembre 2005 fu smarrito pure un altro documento, inviato tramite raccomandata: consisteva in un riepilogo cumulativo della precedente documentazione, l'ennesimo tentativo di far pervenire quanto sottratto. In pratica non ci è stato possibile far pervenire denunce ed esposti nelle maniere consentite. Quello che  vi stiamo dicendo è confermato da nostre verifiche fatte a Roma in Marzo e Aprile 2005 e confermato dalle ricevute delle lettere raccomandate, dai timbri apposti per i depositi documenti  effettuati direttamente in Procura, dalla denuncia fatta in Questura nel 2006. Queste prove devono essere poste in relazione a quanto dichiarato dal  PM nel  fax3/04/06 e dalle parole del PM contenute nella richiesta di archiviazione. Per rendersi conto della mole di  materiale sottratto e/o smarrito leggere la cronistoria riportata al link seguente che riporta anche le copie delle ricevute inviate:

Cronistoria ed elenco delle lettere inviate alla Procura della Repubblica di Roma

Cronistoria ed elenco altre  lettere e richieste di aiuto ed intervento

Nonostante tutte le nostre comunicazioni all'autorità e le richieste di intervento ed aiuto, nessuno si mosse a darci una mano e questo è pure ovvio, visto che furono sottratte!  In Settembre 2005, a distanza di un anno, decidemmo di scrivere una lettera aperta al Presidente della Repubblica. Ne spedimmo copie a varie persone e pure a delle testate giornalistiche. Nessuno si interessò al caso, così decidemmo di pubblicarla in Internet.
In Internet ci accorgemmo molto tempo più tardi che le nostre pagine erano censurate dai motori di ricerca. Così ci rendemmo conto che non solo ci intercettavano lettere e documenti, ma pure vigeva una censura "invisibile" sulla richiesta di aiuto pubblica che avevamo formulato in Internet.

Cronistoria della censura in Internet (agg. 15 nov 2006)

A questo punto rimaneva solamente la strada di quell'esposto del 05/05/05, sfuggito alla rete di intercettazione, pervenuto al PM di Roma , il quale aveva aperto un fascicolo con la registrazione del   reato di smarrimento e/o sottrazione di documenti nel registro delle notizie di reato, secondo l'articolo 616 del codice penale. Quel documento infatti era l'unico riuscito a passare la fitta rete. O almeno così sembrava.
Tuttavia, il procedimento, generato dall'esposto del 05/05/05, fu chiuso senza un regolare processo. Non ci fu permesso di presentare i documenti smarriti, ed esercitare così un diritto fondamentale dal punto di vista civile ed umano, come se vivessimo in un paese del terzo mondo, a regime dittatoriale, non in Italia. Il PM ed il GIP archiviarono tutto, senza preoccuparsi di entrare in possesso di quanto sottratto e/o smarrito in precedenza. In pratica l'iter sviluppatosi per questo fascicolo, sfuggito alla rete, diede sostanzialmente gli stessi risultati della sottrazione, anzi risultati ancora peggiori, perchè il GIP dichiarò che il reato non si era manifestato,  senza vederci in faccia, senza voler acquisire le prove! 
Per spirito di soppravvivenza e di giustizia riportiamo direttamente in questo sito alcune di queste prove.

Il GIP ed il PM, nei documenti da loro firmati, rilasciano affermazioni in netto contrasto tra loro, pur sostenendo di essere d'accordo. Nelle loro stesse dichiarazioni vi sono grossolani errori e informazioni oggettivamente errate. Per noi quello che è successo in Procura è gravissimo. Recentemente abbiamo scoperto alcuni elementi attestanti che certe affermazioni del PM sono palesemente false, e ne daremo uan dimostrazione.
In aggiunta il decreto di archiviazione scritto dal GIP , a nostro parere, va contro anche la sentenza della cassazione del 2001 qui riportata.  Un reato così grave, proprio perchè avvenuto all'interno della Procura, non doveva essere sottovalutato con la semplice presunzione d'infondatezza, senza sentire i diretti testimoni. Il non aver proseguito le indagini, recuperando quanto "smarrito", implica non solo il non voler conoscere la verità, ma anche il non voler trovare i responsabili, mettendo così a rischio l'intero sistema giudiziario. Infatti tale reato si può ripetere per tutti i documenti giudicati non "idonei". Questo significa che perviene in Procura solamente ciò che è gradito, il resto è "smarrito" o archiviato.

A parte tutta la giurisprudenza e l'applicazione delle leggi, abbiamo trovato altri elementi che evidenziano, nel PM e nel GIP, una lucida volontà di insabbiare l'intera vicenda. Queste sono ipotesi gravissime, che ci imbarazzano e ci spaventano. Come cittadini italiani non possiamo tacere, e come esseri umani ci sentiamo sempre più in pericolo, perciò vi inviatiamo a leggere tutto ciò ne "il giuoco delle tre carte": abbiamo utilizzato, per quanto possibile, le loro stesse parole e opere.

"Il Giuoco delle tre carte v. 21 settembre" -click per aprire

Per avere invece una visione più dettagliata di ciò che è accaduto , sempre in Procura, fate click sul documento PM-GIP riportato nella prossima riga.  Questo documento è stato mantenuto in formato "PDF", perchè era difficile rendere un'impaginazione decente in formato HTML. Si tratta di una specie di carteggio delle comunicazioni avvenute tra noi e la Procura di Roma.

Click qui per aprire il carteggio-documento PM-GIP

Quello che è accaduto a Roma è raccontato nel video “Clodio Crimes ” series, del quale ne esistono due versioni. Una in un solo episodio e un’altra,  in due episodi (Clodio Crimes Part I, Part II). Ne esiste poi una terza, in italiano, costruita apposta per le forze dell’ordine, che abbiamo inviato ai magistrati di  Firenze, di Genova e alla Questura
Esistono poi due video-"prova" sempre di questa serie che riportano alcuni elementi di prova importanti.

Oltre il danno la beffa e le accuse. 
Nei documenti andati perduti si chiedeva ripetutamente un intervento dell'autorità.
Eravamo rimasti vittima, ad esempio, di una violazione di domicilio, ed eravamo stati addirittura chiusi fuori dagli uffici della società, senza poterci rientrare, sia per intimidazioni ricevute sia perchè ci era stata cambiata la serratura. Chiedevamo all'autorità di rimuovere gli ostacoli suddetti, e descrivevamo la nostra impossibilità oggettiva di continuare l'attività, di fare la contabilità e quanto previsto per legge. Tra le varie cose avevamo pure un auto in leasing.
Nessuno intervenne e non vi fu nemmeno risposta, e noi  finimmo per trovarci senza più nulla a vivere in tenda in riva al lago.
A questo punto scattò la seconda fase, cinica e vergognosa. Impossibilitati a difenderci, ci fecero piovere addosso accuse su accuse. Ci accusarono, ad esempio, di aver rubato l'auto in leasing, che in realtà era rimasta ferma da mesi e mesi nel comune di residenza. Noi non avevamo potuto consegnarla e le motivazioni erano scritte in quei documenti spariti! Lo stesso comune di residenza lasciava intendere che non eravamo più rintracciabili, mentre, paradossalmente, continuavamo a chiedere aiuto al comune, alla Procura, al Presidente della Repubblica, alla Polizia, agli assistenti sociali dei comuni della zona in cui ci eravamo spostati.. E queste richieste di aiuto si attuavano in forma di mail, di fax, di raccomandata o recandoci di persona. Potevamo essere agevolmente ricontattati.

Il decreto di Archiviazione del GIP, pronunciato il 3 Gennaio 2006, fu una grossa "porcata":  a sentire il decreto, il reato 616 (smarrimento e/o sottrazione) era infondato, perciò non avevano smarrito nulla. E tuttavia non erano in possesso di nulla, come a voler insinuare che non abbiamo inviato nè esposti nè denuncie.
E di conseguenza per la Procura non esisteva la nostra richiesta di tutela, la spiegazione dell'allontanamento per le minacce ricevute, non esisteva nessun motivo per non aver compiuto gli obblighi di legge, come la contabilità dell'azienda...

Il decreto del GIP serviva dunque, secondo la nostra opinione, a  farci punire in maniera esemplare, a chiuderci la bocca, a dire che ci eravamo inventati tutto, volendo anche sparlare della Procura.
In pratica, nel 2005 si era tentato di farci chiudere la bocca facendoci passare per matti, con un metodo di tipo nazista, imponendoci una visita psichiatrica dagli esiti prevedibili. Una visita però che fu scongiurata dall'avvocato, perchè evidentemente illegittima.
A tutt'oggi risulta abbastanza prevedibile cosa volessero farne: la nostra "rete di amiconi" avrebbe fatto presto ad ottenere, da un medico, una bella dichiarazione di malattia mentale per invalidare gli esposti. La bravata quella volta non era stata fatta da una persona qualsiasi, ma da un maresciallo dei carabinieri, lo stesso che si era rifiutato di accettare la denuncia di smarrimento dei documenti. In fondo, anche i carabinieri hanno mamma, papà, fratelli, cugini, zii ed amici: perchè devono essere immuni a queste reti? E' molto difficile rimanerne integri.
Nel 2006, non riuscendo ad invalidare niente, decisero che gli esposti non erano pervenuti, e quindi gli esposti non esistono: più che giurisprudenza e logica investigativa, sembra filosofia da quattro soldi.




Conseguenze del sistema "Moggi"
Il mancato intervento dell'autorità ci causò, come è ovvio immaginare,  grossi danni. Non solo perdemmo tutti i nostri averi ma fummo trattati pure da ladri e delinquenti. La sottrazione dei nostri esposti/denunce ci impedì di difenderci da queste accuse. Fummo tristemente consigliati, da più parti, di lasciar perdere quella strada: insomma dovevamo farci "inchiappettare", ringraziando pure!
In questo contesto siamo stati trattati alla stregua di criminali, persone pericolose, matti, ladri, terroristi. Tutto questo ad opera di chi lo è veramente, con il preciso obiettivo di annullare le nostre testimonianze e la nostra credibilità.
E tutto questo può accadare solo perchè "la rete" lavora su tutti i fronti, ed ha molti tipi di persone a loro servizio: è come incappare in un raffinato ed articolato sistema "Moggi".
Naturalmente in tutta la sceneggiata che questa rete ci ha cucito addosso, vi sono molte cose che non stanno in piedi: varia gente a cui abbiamo chiesto aiuto o lavoro, se ne era accorta. Tuttavia, molte di queste cominciarono ad evitarci perchè avevano paura di essere prese in mezzo al casino.

Il Comune di residenza ci ha lasciato da soli.
Tra tutte le vicende accaduteci è da sottolineare come il comune di residenza se ne sia lavato mani e piedi, e ci abbia lasciato morire di fame e di freddo. Siamo rimasti vivi per miracolo e Provvidenza. E' evidente , secondo la nostra ipotesi, come il comune abbia ricevuto pressioni per non aiutarci. Il Sindaco, l'assessore ai servizi sociali e i servizi sociali erano stati informati della situazione. Il comune lasciò pure che notizie infondate girassero per il paese, creando situazioni di paura tra i cittadini. Il comune di residenza non si limitò a questo: esercitò pressioni su altri comuni perchè non ci aiutassero, rendendosi complici di un vero e proprio crimine!

Comunicazioni intercorse con il nostro comune di residenza



Lo Stato ci ha lasciato da soli.
Come diceva il giudice Falcone lo Stato non protegge.
Inizialmente ancora in ottobre 2004 chiedemmo aiuto ai carabinieri. Non ci fu nessun intervento a nostra tutela.
Un mese dopo chiedemmo aiuto al Presidente Ciampi e alla Procura della Repubblica di Roma, rinnovando ripetutamente le richieste. Nessuno intervenne perchè tutti i nostri documenti furono persi e/o sottratti. Passammo così da ottobre 2004 a maggio 2005 8 mesi d'inferno. Vista la situazione chiedemmo aiuto allora alla Procura di Milano. Le nostre carte ebbero a Milano sempre la stessa sorte. A Roma un unico documento pervenne, ma fu subito chiuso tutto il procedimento, senza nemmeno fare un regolare processo, senza sentire le nostre testimonianze e senza nemmeno preoccuparsi di venire in possesso della documentazione persa e/o sottratta. Se ne fregarono pure della nostra situazione, magari sperando che schiattassimo quanto prima. Le pagine in Internet furono oscurate dai motori di ricerca. In Febbraio 2006, visto che Roma non dava segni di vita,  provammo in Questura a ridepositare tutti quei documenti che non si riusciva a far pervenire alle Procure. La Polizia quasi non voleva prendersi carico di una situazione così delicata e grave, e non voleva scontrarsi con i pezzi grossi della Procura di Roma. Passano intanto i mesi e...... se li conti pure i minuti. Scrivemmo, tramite email, a cira il 70-80% dei magistrati della Procura di Milano. Solamente uno di questi ci rispose con un "mi dispiace".  In Giugno 2006, non avendo nessuna notizia dalla Polizia, ritorniamo alla carica chiedendo aiuto anche alla Procura di Napoli inviando al Sostituto Procuratore Narducci elementi utili per le indagini relative a "calciopoli", visto che a sollevare tanto polverone erano state delle nostre dichiarazioni riportate nel primo esposto, che facevano nomi di persone legate al mondo del calcio, e come queste avevano una rete di favori anche all'interno della magistratura.
Probabilmente anche presso la Polizia sarà accaduto quanto verificatosi a Roma, chiudendo le indagini con un paio di carte, escogitando qualche espressione giuridica di rito, giusto per sbarazzarsi delle nostre carte, acquisite malvolentieri. Questo lo deduciamo indirettamente anche perchè non ci fu nessun contatto nemmeno per  domande o chiarificazioni e dubitiamo che un'indagine seria possa farsi senza sentire i diretti interessati.
Scrivemmo nuovamente al Presidente, stavolta a Napolitano. Scrivemmo pure all'esercito.
Nessuno ci rispose, nemmeno per dirci che siamo idioti!
Oltre alle autorità avevamo provato a interessare anche alcuni giornalisti. Avevamo scritto ad alcuni giornalisti Rai e Mediaset e a direttori di giornale. Nessuno si interessò al caso. Molto rammaricati constatammo che anche il giornalismo non si muove se non vi sono interessi politici o economici, e noi non eravamo raccomandati da nessuno! Avevamo comunque appreso da alcune pubblicazioni di come la maggior parte dei quotidiani sia controllata da gruppi che hanno interessi e  legami con la mafia.
Lo Stato ci ha lasciati da soli, forse testimoni scomodi, in un momento in cui le persone e le autorità sono come canne al vento, in un momento in cui non si possono chiamare le cose con il loro vero nome.
Abbiamo vissuto un primo pantano da ottobre 2005 a Marzo 2006, in Lombardia, dove nessuno interveniva in nostro aiuto, lasciati al freddo e con la fame, come descritto nella parte "due anni d'inferno in Italia".
Abbiamo vissuto il secondo pantano in un'altra regione, dove si sono verificate più o meno le stesse della terra lombarda.
Ad esempio, abbiamo appurato come  le stesse persone che si erano prodigate a trovare un lavoro, una sistemazione e una casa ad altri, non abbiano fatto altrettanto con noi, tenendoci in uno stato di miseria tale da non permetterci di rinascere; tali persone avevano un legame con le nostre terre originarie. Infine, sempre queste persone ci hanno di lasciare le pur precarie condizioni per l'alternativa della strada e del ritorno in Veneto proprio alla vigilia della festa dell'Assunta, il 14 di Agosto. Dunque sempre in linea con altri fatti già descritti relativi alla vigilia di Pasqua, vigilia di Natale, vigilia della ricorrenza del nostro matrimonio e vigilia dell'Assunta.
Questi "attentati" fatti nel giorno di ricorrenza o alla vigilia sono comportamenti tipici mafiosi, come l'assassinio di don Pino Puglisi il giorno del suo compleanno, la strage di capaci il giorno 23 maggio 1992, data di  matrimonio del boss S. Madonia, e così via...
Per i mafiosi i giorni dei compleanni, anniversari, ricorrenze religiose sono occasioni da non perdere, per organizzare feste alla loro maniera a qualcuno. Si tratta di un comportamento degno della morte che rappresentano, ed ha due significati principali.
Il primo è di distruggere qualsiasi sentimento umano di gioia e di festa, con un atto che non è solo fine a se stesso, ma rappresenta pure un'intimidazione pubblica a chi si contrappone loro, per uccidere pubblicamente la speranza e la sana ribellione. Colpiscono le persone senza pietà in un momento in cui sono più vulnerabili, magari per gli affetti con i propri cari, i propri figli, la propria terra, il proprio Dio.
Il secondo motivo è che molte feste religiose cristiane sono sovrapposte a riti pagani antecedenti, che si svolgevano nella stessa data. La mafia, non essendo meramente un'associazione a delinquere, ha così modo di offrire sangue al proprio Dio. Recentemente siamo stati stupiti da un discorso fatto da Rita Borsellino: i mafiosi vanno addirittura a pregare sulle tombe delle persone che hanno ucciso, perchè per loro tanta efferatezza ha un senso superiore, come se quel crimine facesse parte di un piano divino, di cui loro sono gli esecutori. Certamente sono gli esecutori del loro Dio, che non è Gesù Cristo o altri, ma lo stesso spirito di morte. 
 




Cosa c'è che non va?
L'Italia è malata! La presa di potere di organizzazioni massoniche e mafiose ha indebolito fortemente lo Stato. Il risultato è la corruzione, la mancanza di diritto, l'ingiustizia sociale e la Miseria con la M maiuscola.
La nostra vicenda è la testimonianza concreta di quello che sta accadendo.
Manca lo spirito di servizio ed il sano senso del dovere. Chi ha un'incarico, dal magistrato al giornalista, deve compierlo fino in fondo con adeguato spirito di servizio. E' chiaro che fino a quando i poteri mafiosi-massonici pongono sulle scrivanie i loro personaggi, spesso incompetenti, ci si troverà con uno Stato di incompetenti, destinato al crack. Ma lo stesso tessuto sociale, composto dalla gente comune, è malato, poichè molti hanno assunto comportamenti rassegnati: la stesse gente comune è spinta ad imitare le "furberie", restando magari molto sorpresa se viene scoperta e deve pagarne lo scotto con la legge. Già, ma non tutti se le possono permettere le furberie! Così alla fine la gente è sempre più avvelenata, sia chi subisce sia chi è "furbo".
La gente dovrebbe capire che queste organizzazioni sono espressione di alcune menti malate e raffinatissime, e dovrebbe smetterla di "portare ossequi" a tizio per il lavoro, a caio per una spintarella, a sempronio perchè mi fa passare in lista alle graduatorie, ....o semplicemente perchè non sta bene.
Per tutto c'è un prezzo da pagare, prima o poi chi ti ha fatto un favore passerà a riscuotere con gli interessi, e ci si troverà a ci si troverà a fare da scarica barile alle rogne di chi nel frattempo ossequia qualcuno di più potente.
Di là di ogni senso di furbizia e potenza, ci si troverà inpantanati, nella stessa vita quotidiana, per aver asservito ad un sistema di potere che usa la gente a vantaggio di quelle poche menti malate e raffinatissime.
Anche nelle organizzazioni mafiose o nei vari sistemi di potere, come "il sistema Moggi", in fondo la torta se la dividono in pochi: alla stragrande maggioranza restano le briciole e neanche quelle, o un falso senso di potenza.

 
Il Giuoco a Tennis tra Procure e Magistrati
Le ultime nostre vicende ci portarono a dover presentare una denuncia contro un magistrato di Roma. Per un' indicazione errata la presentammo a Napoli, dove, preoccupati, "blindarono" la pratica e ci assegnarono un PM entro poche ore. Sembrava che finalmente, dopo due anni potessimo parlare con un magistrato. Ma passando da un palazzo all'altro ci furono invece dei problemi a varcare la fatidica soglia. Le solite burocrazie. Dopo tre settimane la pratica da Napoli passò a Perugia: lo scoprimmo a Napoli dopo un ulteriore lungo viaggio. Non fu facile nemmeno scoprirlo, perchè ci furono i soliti problemi: per entrare nel palazzo della magistratura occorreva un appuntamento, l'appuntamento non era concesso telefonicamente, ma solo di persona........
Per fortuna, dopo un pò d'insistenza riuscimmo a trovare le persone giuste per aprirci un varco: altrimenti non avremmo mai saputo che il procedimento era stato trasferito a Perugia.
A Perugia, pur essendo stato assegnato un PM, non volevano nemmeno comunicarci il nominativo: occorrevano 15 giorni di tempo, ci disse l'impiegata; potevamo lasciare una busta affrancata, così ci sarebbe arrivata la risposta.
Non importava nulla della gravità della situazione nè del fatto che a Napoli avessero agito in modo molto più tempestivo.
Così inviammo varia posta elettronica e tre fax per chiedere un'intervento più veloce.
Ci rispose allora il PM che aveva preso in carico la nostra pratica: ci fu rifiutato il colloquio, non furono nemmeno prese in considerazione le nostre ragioni, ad esempio di dover verificare cosa era pervenuto a Perugia e se vi erano state altre sottrazioni.

Perugia primo atto

A Perugia sembrano accadere le stesse cose che erano accadute a Roma, per le quali Perugia stessa sta indagando. Il magistrato si rifiuta di concederci un colloquio, non ci aiuta in nessun modo e spariscono alcuno documenti. La segreteria del magistrato ci prende pure in giro, chiedendoci se non abbiamo mai fatto un esposto, per chiedere protezione. Ma la nostra richiesta di protezione è scritta proprio nel testo della denuncia stessa! Il magistrato ci cerca in Veneto, sentendosi dire che là non siamo reperibili, quando vi è scritto ampiamente nella documentazione, che abbiamo dovuto filare da quei luoghi per non rimetterci la pelle.
Insomma, in Procura sicono che non siamo reperibili, mentre abbiamo passato giorni avanti alla sede, chiedendo in tutte le maniere un colloquio ed un aiuto, e non vogliono farci entrare. Emerge che non hanno le "carte" perchè passate alla P.G. e probabilmente non le hanno mai lette visto i discorsi che fanno. La segreteria ci spinge a chiedere con un nuovo fax una protezione. Ma dopo averlo inviato nemmeno più ci risponde. Allora  dopo alcuni giorni ritentiamo, questa volta attraverso la direttrice delle segreterie e ridepositiamo l'intera denuncia. Ma nulla si muove, mentre noi, sbattuti fuori dalla Caritas, chiediamo aiuto a destra e sinistra. Chiediamo delucidazioni anche ai magistrati del D.D.A.:  per quale motivo a Perugia la nostra causa non è stata assegnata a loro, mentre a Napoli era il D.D.A. ad esserne competente. Non ci rispondono! Proviamo a telefonare dopo alcuni giorni: è sabato, e si prospetta passare la notte fuori. Al telefono troviamo l'ispettore Monori, che ci rimanda a lunedì, per parlare con il PM: all'ispettore sembra impossibile la nostra storia perchè il magistrato è considerato una persona eccellente. Come tutti non si interessa della nostra vicenda umana, anzi, secondo la segreterie del PM, la richiesta di protezione doveva essere fatta presso la Polizia.... Per carità cristiana, una famiglia ci ospita due giorni ad Assisi.

Pagine html sulla situazione di  Perugia I atto
Click per aprire il documento pdf contenente il carteggio "Napoli-Perugia"

Perugia secondo atto

Dunque ricapitoliamo. La segreteria del PM di Perugia durante il colloquio telefonico del 22 novembre 2006 ci aveva indicato di fare un esposto. Noi avevamo risposto se ci prendeva in giro, visto che era dal 2004 che avevamo fatto esposti e quei documenti erano ora proprio nelle loro mani. La Procura non aveva dato risposta alle nostre richieste, sollecitate tramite fax, mail e di persona: unica risposta è che non intendevano parlare con noi.  Nel frattempo avevamo dovuto spostarci ancora. Fu l'occasione per chiedere consiglio nuovamente ai carabinieri. Visto che le operazioni precedenti non avevano dato risultati tangibili, questa volta i carabinieri ci suggerirono di riscrivere tutti i fatti partendo dall'inizio. Ci fu messa a disposizione una squadra costituita da tre persone: il comandante della stazione e due carabinieri della Polizia Giudiziaria. Fu redatto un verbale di varie pagine che rimandava ad altrettanti allegati. La denuncia-querela era completata da altri documenti masterizzati su CD. Per sicurezza fu valutato di mettere il CD sotto sequestro con relativo verbale. Fu un'operazione laboriosa e molto lunga. I carabinieri poterono in quell'occasione avere sotto mano le ricevute e in documenti in originale che risultavano scomparsi. La denuncia veniva depositata in Procura a Perugia il 21 dicembre 2006 ed assegnata ad un altro PM.
Questo "secondo atto" non fece altro che dimostrare che Perugia non è in grado trattare casi complessi riguardanti la Procura di Roma e relativi magistrati. Probabilmente Perugia è troppo piccola per essere in grado di contrastare l'influenza dei magistrati romani. Di fatto, neanche questo secondo magistrato, ci concesse mai un colloquio. Ci chiediamo che razza di indagine si può fare senza mai sentire i diretti interessati. Il magistrato non si fece vivo nemmeno alle nostre richieste di aiuto "umano".
Ci chiediamo perchè il primo procedimento iscritto a Perugia trasferito da Napoli era con il modello 21, e quest'ultimo invece è con il modello 44. Ci chiediamo perchè il procedimento sia stato iscritto contro ignoti, quando invece è pieno zeppo di nomi e cognomi e reati. Alcuni di questi "misteri" vennero a galla molto più tardi, e precisamente il 23 maggio  2007.

Anche in questo secondo atto ci furono degli errori: il maresciallo che scrisse il verbale aveva indicato il nostro domicilio, seppur gli ordini del Capitano dei carabinieri erano di non indicare a nessuno dove ci trovavamo (nemmeno il Capitano lo voleva sapere, lo dovevamo dire a voce solamente al maresciallo). Il secondo errore, secondo la nostra opinione, è che il maresciallo con quello che aveva sentito e visto doveva da subito affidare l'indagine ad un'altra Procura (Firenze) o attivare altre procedure. In questa maniera ci fece perdere tempo prezioso e ci mise sicuramente in ulteriore pericolo.

Pochi giorni dopo fummo costretti a lasciare quel domicilio e forse fu meglio così. Scrivemmo delle lettere all'attenzione del Comandante e del maresciallo che aveva redatto il verbale. Lettere che non ottennero nessuna risposta. Provammo anche a chiedere aiuto al comando provinciale e regionale: nessuna risposta. Probabilmente i carabinieri non potevano fare nulla e si doveva solo aspettare il magistrato.

In Marzo 2007, grazie all'interessamento di alcune forze dell'ordine, fu pubblicato un articolo sulla nostra vicenda in un quotidiano. L'obiettivo dell'articolo era di smuovere il comune a darci una mano ed eventualmente smuovere i magistrati. La situazione fu riportata in maniera molto leggera, altrimenti nessuno ci avrebbe aiutato.
L'articolo fu notato da un giornalista della RAI, ci contattò e partecipammo ad una trasmissione in diretta televisiva. In realtà il giornalista, dall'articolo sul giornale, aveva percepito solamente l'aspetto umano della vicenda e questo l'aveva notevolmente colpito. Quando comprese i problemi con la magistratura fece marcia indietro. Ormai però la nostra apparizione in TV era già stata fissata e così il nostro intervento, di comune accordo, fu plasmato sulla ricerca di un interessamento umano, evitando di parlare di magistrati, procure e quant'altro etichettando tutti i nostri problemi sotto la voce "Burocrazia".
Qualcuno telefonò in trasmissione per offrirci un posto, ma non ne venne nulla di concreto.
Nonostante l'articolo sul giornale e l'apparizione in TV non si mosse nulla dal punto di vista socio-politico e nella magistratura.

Perugia terzo atto -Maggio 2007
Il 23 di Maggio 2007 (il giorno in cui si commemora l'attentato al giudice Falcone), ci arriva la comunicazione sul nostro internet fax. E' il  primo PM di Perugia che ci scrive. Ci  ribadisce, attraverso la Polizia Giudiziaria di Perugia, che non ci concede il colloquio da noi richiesto. Ci segnala che ha delegato tale incarico alla p.g. Sembra una risposta alla nostra apparizione pubblica, visto che il magistrato ci aveva già fatto conoscere tale decisione tramite fax, ancora nel 2006.
Dalla comunicazioni apprendiamo però delle novità.
La prima novità è che la Polizia Giudiziaria di Perugia delegata dal magistrato, aveva subdelegato a sua volta i carabinieri del paese di "XXXX". Si tratta di una grave incoerenza nell'attribuzione delle indagini, visto che dentro quelle denunce risultavano contestati proprio ai carabinieri
di "XXXX"  i reati di minacce, abuso d'ufficio, omissione in atti d'ufficio, comportamento contrario al regolamento, diffamazione.
Dunque Perugia ancora una volta si comporta in maniera incomprensibile visto che ci ha dato in pasto al  nemico. Perugia non ha nessuna scusante e tantomeno i due magistrati di tale procura, visto che i fatti riguardanti i carabinieri erano stati depositati a partire da marzo 2005. Tale documentazione era si sparita misteriosamente a Roma, ma era stata prontamente sostituita da una copia depositata a Napoli e successivamente ridepositata un'altra volta a Perugia. Il secondo magistrato di Perugia aveva inoltre un bel verbale scritto dai carabinieri del'Umbria in data 19.12.06,  che era incentrato proprio sui fatti incresciosi accaduti all'interno dell'Arma. E al punto 5 delle nostre richieste, alla fine di tale  verbale vi era scritto: "Che venga fatta chiarezza sull'operato del maresciallo XXXX in servizio presso la stazione dei carabinieri di
XXXX ...".
E non solo, all'interno di tale denuncia si fanno i nomi di altri tre carabinieri di tale stazione e si fa riferimento ad un altro carabiniere sempre di tale cittadina, che stranamente abbiamo trovato in servizio nel piccolo paese della lombardia dove avevamo tentato di rifarci una vita. Ma se tali carabinieri (uno forse era pure il comandante della piccola stazione) da noi denunciati hanno influenzato il comune di residenza e i comuni dove avevamo tentato di rifarci una vita fuori regione, non osiamo immaginare cosa possano aver fatto a livello d'indagine e come possano aver  influenzato  la stessa  Polizia  Giudiziaria di Brescia e di Perugia.
Ora i magistrati di Perugia, se ci avessero concesso un colloquio,  probabilmente non avrebbero commesso questi gravi errori. I magistrati invece hanno voluto solo ascoltare gli altri, chiudendo tutti i procedimenti senza che mai questi arrivassero ad un processo e senza mai sentirci e/o vederci in faccia. In questa maniera hanno infranto il nostro legittimo diritto alla difesa, hanno infranto cioè uno dei principi della giustizia, riconosciuto a livello internazionale e pure incluso nella nostra Costituzione. E poi hanno commesso questa grave incoerenza nell'attribuzione della pg competente per le indagini.

Apprendiamo anche un'altra cosa negativa. Il PM ci risponde ad una richiesta che avevamo fatto al secondo PM interpellato, quello al quale era stata assegnata la seconda denuncia querela e nella quale ci lamentavamo pure del comportamento del primo PM. Dunque il secondo procedimento è stato inglobato nel primo e il secondo PM messo a tacere. Chissà come farà questo primo PM a giudicare se stesso. Abbiamo la netta sensazione di essere stati presi in giro.

Click per approfondimento del  secondo e terzo atto di Perugia

Firenze Marzo-Luglio  2007

Riportiamo il carteggio inviato alla Procura di Firenze. Nemmeno Firenze ha voluto parlarci. La nostra richiesta era contenuta nell'esposto stesso. Non conosciamo cosa sia accaduto a Firenze, sappiamo solo che nessuno è intervenuto a nostro favore, nemmeno per difenderci dal prete vicentino.
Click qui per il carteggio (aggiunto il 22 settembre 2007)

Non ci siamo fermati a Firenze, abbiamo chiesto che intervenga anche la Procura di Genova accanto a quella di Firenze.
Naturalmente nessuna risposta nemmeno da Genova!

Polizia di Stato-  Marzo 2007-Febbraio  2008
Dopo l'errore che coinvolse la Polizia Giudiziaria di Perugia, come raccontato nella parte "Perugia secondo e terzo atto", ci troviamo avere a che fare con la Polizia di Stato di un'altra città. Gli eventi ci portarono nuovamente, all'inizio del 2007, a cambiare città, e dopo alcuni mesi, andiamo in Questura, a cercare una soluzione alla nostra storia e a riprendere in mano quella vecchia domanda di aiuto e protezione che sembrava caduta nel nulla.
Click qui per approfondire la questione relativa alla Polizia di Stato


Considerazioni
Secondo noi è un disonore per il diritto e per lo Stato Italiano quello che sta accadendo. Non solo sono calpestati i  Principi fondamentali della Costituzione, ma pure calpestati i diritti umani e di giustizia. Dopo due anni di errori fatti all’interno delle istituzioni dello Stato, che hanno portato alla sottrazione ripetuta e continuata di documenti, si procede ancora come nulla fosse accaduto. Senza preoccuparsi della sorte dei propri cittadini, per errori fatti dallo Stato! Si procede per reati gravi come quelli da noi denunciati nello stesso modo in cui uno denuncia un ladro di marmellata. Da due anni a queste parte non abbiamo mai potuto parlare con un magistrato, che curi le indagini perché i documenti sono stati sottratti, per fare in modo che mai arrivassimo a fornire elementi direttamente.
I magistrati, poi sembrano presi dal turbine delle innumerevoli leggi, come automi, dimenticandosi dei principi fondamentali della Costituzione, dei diritti degli uomini e delle motivazioni che hanno stabilito il crearsi delle leggi: non si accorgono dei problemi reali.
Risulta evidente comunque, se sono iscritti alle logge massoniche o sottoposti al potere mafioso, devono ubbidire incondizionatamente al loro capo.
Purtroppo, un caso come il nostro, dovrebbe essere affrontato da un pool di magistrati perchè non si lascia solo un magistrato con una situazione del genere. E chi ha potuto vedere la nostra situazione e se ne è lavato le mani, pur credendosi assolto, rimarrà per sempre coinvolto. Non è forse costui un traditore dello stato, un terrorista? Non è forse costui un vile, un uomo senza onore?
Non è forse questo un addio alla libertà, democrazia e alla sovranità dello Stato?
Infine notiamo che quello che ci  è accaduto è il risultato delle "buone opere"  massoniche e mafiose.
Noi ci affidiamo ad un altro credo, come diceva don Orione  "Solo la carità salvera il mondo" e constatiamo che fino ad ora solo quella ci ha salvato.









Difesa Storica



In questa parte riportiamo notizie e documenti storici che riteniamo inerenti al nostro caso
link difesa storica

Note e riflessioni sul documento di "Autodifesa Self-Defense"


In queste pagine presentiamo dei fatti gravi accaduti all'interno delle Istituzioni dello Stato Italiano.  Per tali fatti lo Stato ha perso la sua normale autorità e noi, in qualità di cittadini italiani, ci siamo  trovati in balia di gente senza scrupoli che ha utilizzato e sta ancora utilizzando  le istituzioni pubbliche e la burocrazia a proprio uso e consumo.
Ci teniamo ad avvisare che ci limitiamo a presentare ipotesi, elementi e prove. Non vogliamo sostituirci alla magistratura e nemmeno giudicare le persone e le istituzioni, tuttavia riteniamo doveroso poter presentare, senza censure, quanto da noi appreso. Non abbiamo scritto nomi per questione di privacy, ed anche per offrire a chi coinvolto la possibilità di cambiare atteggiamento, senza inutili scandali.


La necessità di presentare una forma di "Autodifesa" pubblica nasce per quattro importanti motivi:
  1. I nostri esposti/denunce inoltrati alla magistratura romana, attraverso i quali denunciavamo vari fatti e chiedevamo un intervento dell'autorità,  furono sottratti e/o smarriti ripetutamente all'interno degli uffici pubblici.
  2. Dal 2004, ovvero da quando cominciammo a chiedere un intervento della magistratura,  nonostante la nostra insistenza non ci fu mai concesso di parlare con un magistrato di quelli che seguono le indagini.
  3. Come cittadini italiani ci sentiamo in dovere di segnalare questi fatti per il bene pubblico
  4. Situazioni gravi si sono ripetute in varie procure. Dunque segnaliamo attraverso la nostra esperienza una possibile "cupola" che controlla di fatto gli organi di giustizia.







(...)
EMAIL: framarchesa@libero.it .