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VITALISMO E MECCANICISMO

NELLA STORIA DELLA BIOLOGIA
I primi passi di una nuova scienza: la Chimica
 

 

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La nuova chimica organica

Ma i vitalisti non mollavano facilmente le loro posizioni! Anche se dovevano ammettere che tanto i falò che gli animali consumavano ossigeno e producevano anidride carbonica in maniera analoga, si trattava comunque di affermazioni generiche, come dire che tanto le montagne che gli esseri umani sono composti di materia. Non era possibile che, quantunque costituiti di materia, gli organismi viventi fossero composti di forme di materia non del tutto identiche a quelle del mondo inanimato?
Per esempio: le sostanze che erano presenti nel terreno, in mare e nell’aria, erano solide, stabili e immutabili; l’acqua riscaldata bolliva e diventava vapore, ma poteva di nuovo tornare liquida raffreddandosi. Era possibile fondere il ferro e gli altri metalli, che poi potevano tornare alla loro forma originaria.
Invece, le sostanze tratte dagli organismi viventi, come lo zucchero, la carta, l’olio d’oliva, sembravano conservare la fragilità e la delicatezza delle forme di vita dalle quali derivavano: riscaldate, queste sostanze fumavano, si carbonizzavano e le trasformazioni subite erano irreversibili.
Era quindi legittimo supporre di trovarsi di fronte a due tipi distinti di materia.
Il chimico svedese Berzelius propose di chiamare “sostanze organiche” quelle ottenute dagli organismi viventi, e “sostanze inorganiche” tutte le altre.
Berzelius riteneva che fosse possibile trasformare abbastanza facilmente sostanze organiche in inorganiche, mentre era impossibile l’operazione opposta, se non per mezzo della vita: per ottenere sostanze organiche da quelle inorganiche occorreva una qualche forza vitale, presente soltanto nei tessuti.
Questa convinzione cadde nel 1828 quando il chimico tedesco Wohler, scaldando del cianato di ammonio (sostanza inorganica), scoprì con meraviglia di aver ottenuto dei cristalli che, all’analisi, si rivelarono di urea, cioè il principale componente solido dell’urina dei mammiferi, quindi un composto sicuramente organico.
Tra il 1850 e il 1860 il francese Berthelot realizzò la sintesi di numerosi composti organici, come l’alcool metilico, l’alcool etilico, il metano, il benzolo, l’acetilene, partendo da composti inorganici.
Si scoprì in fretta che i composti organici erano costituiti prevalentemente di carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto: la chimica organica assunse il nuovo nome di “chimica dei composti del carbonio”: la vita non c’entrava più niente!

Era finito lo scontro con  i vitalisti? Niente affatto! I composti organici sintetizzati dai chimici del diciannovesimo secolo erano piuttosto semplici: nei tessuti viventi esistevano molte sostanze talmente complesse che nessun chimico dell’epoca poteva sperare di riprodurle.
I nomi attuali di questi composti più complessi sono: carboidrati, lipidi, proteine.
Di questi, le proteine costituivano il gruppo più complesso e più tipico della vita: esse contenevano azoto e zolfo, oltre a carbonio, idrogeno e ossigeno; e,quantunque fossero facilmente solubili in acqua, si coagulavano e diventavano insolubili dopo un leggero riscaldamento. All’inizio furono chiamate “sostanze albuminose” poiché se ne aveva un buon esempio nel bianco dell’uovo; solo nel 1838 assunsero la denominazione attuale che significa “di primaria importanza”.
La crescente conoscenza della chimica organica contribuì a rafforzare la concezione evoluzionistica: gli organismi viventi di tutte le specie sono composti dalle stesse classi di sostanze organiche (carboidrati, lipidi e proteine). E’ vero che queste variano di specie in specie, ma le differenze sono secondarie. Per esempio, una palma e una mucca sono creature estremamente diverse, ma il grasso ottenuto dalle noci di cocco e quello del latte si differenziano soltanto per particolari trascurabili. In più: durante la digestione la complicata struttura di queste sostanze si scindeva in “blocchi costruttivi” relativamente semplici che erano identici per tutte le specie. Questo permetteva ad una creatura di nutrirsi di un’altra diversissima perché le sostanze complesse del cibo si scindono nei blocchi costruttivi comuni al divoratore e al divorato.
Dal punto di vista chimico, quindi, poteva sembrare che tutta la vita, per quanto diversa nell’aspetto esterno, fosse unica. In questo caso le trasformazioni evolutive di una specie in un’altra potevano apparire semplici questioni di dettaglio e non richiedere vere e proprie modifiche fondamentali.


l’esperimento di Reamur
sulla digestione


gli esperimenti di
Priestley
sui gas e la scoperta dell’ossigeno

gli esperimenti di
Lavoisier

la nuova chimica organica

gli studi su tessuti ed embrioni


 


alcune sostanze organiche