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VITALISMO E MECCANICISMO

NELLA STORIA DELLA BIOLOGIA
I primi passi di una nuova scienza: la Chimica
 

 

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Gli esperimenti di Priestley sui gas
e la scoperta dell’ossigeno

Nel XVIII secolo lo studio dei gas, iniziato da van Helmont, procedeva con particolare rapidità e diventava inevitabile che si esplorassero i rapporti tra i vari gas e la vita.
Il primo esploratore in questo nuovo settore fu il botanico e chimico inglese Hales, il quale nel 1727 pubblicò un libro in cui riportava le sue misure della velocità di crescita delle piante e della pressione della linfa (viene per questo considerato il fondatore della fitofisiologia). Fece anche diversi esperimenti con i gas e fu il primo a rendersi conto che uno di questi, l’anidride carbonica, contribuiva in qualche modo all’alimentazione delle piante.
Il passo successivo fu compiuto mezzo secolo dopo da Joseph Priestley (1733-1804). Egli scoprì nel 1774 il gas che oggi chiamiamo ossigeno: constatò che questo gas era piacevole a respirarsi e che i topi diventavano particolarmente vivaci quando venivano posti in una campana di vetro contenente questo gas; si rese anche conto che le piante aumentavano la quantità di ossigeno presente nell’aria. Il medico olandese Ingenhousz dimostrò inoltre che il processo in base al quale le piante consumano anidride carbonica e producono ossigeno, ovvero la fotosintesi clorofilliana, si svolgeva soltanto in presenza della luce.

Gli esperimenti di Lavoiser

Colui che viene considerato il fondatore della chimica moderna è Antoine Laurent Lavoisier (1743-94), il quale sottolineò l’importanza delle misure accurate negli esperimenti e se ne servì per elaborare una teoria della combustione che è valida tuttora.
Secondo questa teoria, la combustione è il risultato di un’unione chimica tra il materiale che brucia e l’ossigeno dell’aria.
Lavoisier dimostrò inoltre che l’aria contiene, oltre l’ossigeno, anche l’azoto (dal greco: a-zoon, ovvero senza vita).
La “nuova chimica” di Lavoisier si poteva applicare anche agli esseri viventi, perché in un certo senso ciò che valeva per una candela era valido anche per un topo. Quando si fa bruciare una candela in una campana chiusa, si consuma ossigeno e si produce anidride carbonica (questa si forma dalla combinazione del carbonio contenuto nella sostanza che forma la candela con l’ossigeno). Una volta consumato tutto l’ossigeno dell’aria racchiusa nella campana, la candela si spegne. Lo stesso accade per la vita animale: un topo messo sotto una campana di vetro consuma ossigeno e forma anidride carbonica (carbonio dei tessuti + ossigeno).
Da un punto di vista generale, le piante consumano anidride carbonica e producono ossigeno; mentre gli animali consumano ossigeno e producono anidride carbonica. Nel complesso, quindi, le piante e gli animali contribuiscono a conservare l’equilibrio chimico, cosicché, a lungo andare, nell’atmosfera il contenuto di ossigeno (21%) e di anidride carbonica (0,03%) rimane costante.
Dal momento che la candela e l’animale generano anidride carbonica e consumano ossigeno, a Lavoisier sembrò ragionevole supporre che la respirazione fosse una forma di combustione e che al consumo di una data quantità di ossigeno corrispondesse la produzione di una data quantità di calore, sia nel caso della candela che in quello del topo.
Si trattava di un grande successo della teoria meccanicista, poiché se ne poteva dedurre che sia nella materia vivente che in quella non vivente si svolgesse il medesimo processo chimico.
 


l’esperimento di Reamur
sulla digestione


gli esperimenti di
Priestley
sui gas e la scoperta dell’ossigeno

gli esperimenti di
Lavoisier

la nuova chimica organica

gli studi su tessuti ed embrioni