Storia e Folklore Calabrese
di Domenico Caruso



Indice

Storia della Calabria

Folklore calabrese

Poesia dialettale

S.Martino: un paese e un Santo

Fatti straordinari in Calabria

Ricordi di scuola

L'autore

La nostra Piana

Da libri, giornali e riviste

Lettere e contributi

L'esempio di San Martino

Lettere

Grazie, Serafina..
Cent'anni di vita esemplare

San Ranieri, Patrono di Pisa

"La voce" di F. Macrì

"Il top" di Elena

L'Arciprete Celano

C'è posta per te!

La poesia popolare

Richieste e chiarimenti

S. Martino, vescovo di Tours

Ai sammartinesi del mondo

Ricordo di Giuseppe Fantino

Lettere e contributi

"La voce" di F. Macrì (Fiaba)

Francesco Macrì - nato e cresciuto in S. Giorgio Morgeto (RC) e residente a Pietra Ligure (SV) - da ragazzo è stato educato alla musica, al canto e al teatro svolgendo con successo ruoli di primo piano nell'ambito locale. Insegnante nelle scuole elementari del suo paese, nel 1950 ha scritto il soggetto teatrale "La scuola di Maestro Silenzio" che ha fatto recitare agli alunni riscuotendo un vivo consenso di critica e di pubblico. Sono seguiti i pregevoli lavori "L'occhio del pozzo" e "Rachele" (Calabria Letteraria Editrice di Soveria Mannelli - CZ), nonché "Presepe vivente in San Giorgio Morgeto" (Tip. Bieffe di Polistena - RC) in vernacolo e "Mirko della V^ B" - Romanzo - (Varamo - Polistena).
Direttore didattico, prima in Calabria e poi in Liguria, ha sempre dimostrato un vivo attaccamento al dovere e un'eccezionale preparazione professionale. Pertanto, ci sentiamo onorati di aver fatto parte del suo Circolo durante il nostro periodo di prova nell'insegnamento.
Di Francesco Macrì riportiamo "La voce" (fiaba), affinché i lettori possano apprezzare la sensibilità e l'arte dell'autore:

«In questo pomeriggio a Milano molte persone escono di casa senza uno scopo e vagano di qua e di là fino a che si trovano in piazza Duomo sospinte dalla forza dell'abitudine.
Il Duomo e la Madonnina ne sono sorpresi e guardano impensieriti.
Mentre quegli esseri umani si muovono muti da un lato all'altro della piazza con il capo e le braccia ciondoloni, giunge nel cielo dalle Alpi una forte e preoccupata voce che dice: "Ascoltate, ascoltate!".
Nessuno di quegli esseri umani automi si ferma, nessuno ascolta, nessuno risponde. La voce tace, si perde; il cielo si rasserena; ma dopo pochi minuti quella ritorna ed inquieta e imperiosa grida: "Sono Madonna Tecnologia. Ho bisogno di voi. Ascoltate!".
Nessuno si scompone: la piazza silente vive soltanto del rumore di quei passi uniformi e continui.
La voce, irrequieta e delusa, si allontana, si dilegua. Il cielo si distende.
Nei dintorni predomina la convulsa circolazione di molti e diversi automezzi mentre la piazza è calpestata ininterrottamente da quei tanti monotoni passi. Ma ecco che la voce, ritornata, implora: Sono ancora io: sì, la tecnologia! Ho bisogno di voi. Datemi ascolto. Ho bisogno di idee se no muoio. Delle vostre idee: idee, capite? Datemene: sono necessarie per me e per voi. Dobbiamo vivere. Capite? Vivere: idee!!!".
La turba di quegli automi insensibili ed indifferenti tace.
La voce delusa, disgustata e disperata si allontana e si disperde nell'aria conturbata.
In mezzo a quegli automi vi è un ragazzo attento e curioso che, avendo capito che nessuno dei presenti nella piazza ha voglia e forza di rispondere, pensa e decide di fare lui la sua risposta se quella misteriosa ed angosciata voce ritornerà a chiedere.
Da lì a poco la voce da lontano disperata ed avvilita grida: "Ritorno, ritorno!!". E, giunta sulla piazza, con modo dimesso implora: "Voi di idee ne avete tante. Vi supplico: datemene almeno una: una sola: un'idea.. un'idea!!". E mentre è in attesa, quel ragazzo s'irrigidisce sulle gambe, porta le mani ai lati della bocca, gira la testa verso il cielo e grida: "L'idea te la do io!. Eccotela: va a dormire!! A dor...mi...re!! Capito? A dormire!!!".
La voce ringhia, maledice, si allontana rapida, dilegua e torna a rifugiarsi nel silenzio delle Alpi.
Intanto uno di quegli uomini svogliati, un giovane, scosso dalla voce di quel ragazzo, si ridesta, dischiude gli occhi, guarda intorno e nel cielo, si sente come rinato e con tanta e viva voce canta: "Bevuma del bon vin che l'acqua l'è pas sana". La voce del ragazzo e di quel giovane scuote tutti i presenti che con gioia e tanta vitalità cantano in coro: "...e porta en liter di quel bon e porta en liter di quel bon ce lo bevuma!". Tutti insieme ripetono il canto.
Diverse autovetture si avvicinano e si fermano nei dintorni. Uno dei passanti si avvicina a quel giovane e chiede: "Che festa è questa? Che vi succede?". Rispondono in molti: "Siamo rinati. Questo ragazzo ci ha risvegliati. Siamo di nuovo vivi. Capito? Vivi!!". E tutti ricominciano a cantare: "Bevuma del bon vin...".
Quel ragazzo si è allontanato e con un gruppo di amici è andato in un luogo vasto, aperto e libero che consente di lanciare ancora nel cielo l'aquilone, che ha un grande prato dove saltellano e volano gli uccelli, germoglia l'erba, sbocciano i fiori e c'è pure tanto spazio libero per giocare al pallone o spingere un carrettino costruito con la propria testa e con le proprie mani.
E Piazza Duomo e la Madonnina avvertono: "LA VOCE parla e si può udire in tutte le città del mondo".
"Ben detto!", si sente dire in ogni luogo della madre terra dove si pensa a quei ragazzi che spingono quel carrettino ideato con la propria mente, costruito e sospinto con le proprie mani.
Un gigante, bramoso d'una rivincita, dalla vetta montana più alta delle terra pontifica dicendo:
"Esprimersi per vivere e vivere per esprimersi per il proprio e l'altrui bene usando testa, mani e gambe!".
E tutte le macchine dalla più piccola alla più grande gridano sfidando:
"E prova, prova se sei capace, se ti conviene, prova!!!".
Il gigante fiero ed ormai impotente risponde: "Vigliacche! Avete ridotto l'uomo ad un sofferente manichino con tubo digerente".
Da dove si vive con moderna e consolidata albagia si diffonde questo borioso vociare: "E noi che della tecnica padroni siamo freghiamo, beviamo, comandiamo, vestiamo, sfamiamo, affamiamo come ci conviene a nostro piacere oggi e sempre con più macchine e meno uomini. Andiamo, andiamo, produciamo, trasformiamo, sbanchiamo!!".
E' già notte e nella sala di attesa di quella stazione ferroviaria, su quella panchina trovasi disteso ed addormentato lui: l'uomo solo e disoccupato».

Pietra Ligure, 23/02/2004.
Francesco Macrì


Si autorizza la pubblicazione su Internet dei contenuti del presente sito, previa esplicita citazione della fonte.

Copyright © 1996 Domenico Caruso