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BIOCHIMICA DELLA BIOLUMINESCENZA

Alcune molecole possono essere trattate in modo da provocare l'emissione di luce; questo fenomeno viene chiamato chemioluminescenza. Questi sistemi modello dimostrano che una molecola emettente luce deve essere portata a uno stato di eccitazione elettronica con un alto potenziale di energia; parte della energia di eccitazione viene poi liberata sotto forma di un fotone mentre la molecola ritorna allo stato nativo

A => eccitamento => A* => A + hv

La bioluminescenza si basa sullo stesso principio. Gli studi biochimici di sistemi privi di cellule appartenenti a diversi organismi hanno dimostrato che i meccanismi di emissione di luce sono estremamente vari; è probabile che questa particolare proprietà funzionale si sia sviluppata indipendentemente nei diversi gruppi biologici. Nei batteri la bioluminescenza si associa a un consumo di O2; pertanto, l'emissione di luce avviene soltanto in condizioni di aerobiosi.
L'emissione di luce da parte di una sospensione di batteri luminescenti costituisce uno dei metodi più sensibili per la rivelazione di tracce di ossigeno disciolto.
La reazione per la bioluminescenza ,catalizzata dall'enzima luciferasi, avviene attraverso la ossidazione del FMNH2 e di un'aldeide alifatica da parte dell'ossigeno molecolare

La luminescenza batterica si può considerare come una naturale deviazione della normale catena respiratoria batterica, per mezzo quale una frazione di elettroni (e-) viene trasferita dal substrato all'ossigeno.

Il legame fisiologico tra le due catene viene indicato dall'effetto del cianuro. Questo inibitore del trasporto di elettroni via citocromi, aggiunto a una sospensione batterica bioluminescenti causa un aumento della bioluminescenza. Quando gli elettroni giungono all'ossigeno passando attraverso la deviazione, non si forma ATP, perché la maggior parte dell'energia viene emessa sotto forma di luce.
L'enzima luciferasi mostra un tipo unico di sistema di regolazione chiamato autoinduzione. I batteri luminescenti producono una sostanza specifica, l'autoinduttore, il quale viene accumulato nella coltura durante la crescita, e quando la quantità di questa sostanza ha raggiunto un livello critico, avviene l'autoinduzione dell'enzima. Così le colture di batteri luminescenti a bassa densità non sono luminose, ma incominciano a diventarlo quando la crescita raggiunge una densità sufficientemente alta così che l'autoinduttore può accumularsi e funzionare. Sebbene l'autoinduzione avvenga in tutte le specie di batteri luminescenti, l'autoinduttore di una specie è specifico per essa e non indurrà l'induzione di un enzima in un'altra specie. A causa del fenomeno dell'autoinduzione è ovvio che un singolo batterio libero nel mare non è luminoso, perché l'autoinduttore non si può accumulare. Il motivo della dipendenza per la luminescenza dalla densità è chiaro per quelle colonie di batteri luminescenti in simbiosi, perché la luminescenza si sviluppa quando si è raggiunto un’alta densità nell'organo in cui avviene la simbiosi (fotoforo). Ma è meno chiaro perché la luminescenza dipenda dalla densità, per quei batteri che vivono liberi nell'ambiente marino. Un idea è che questi batteri sono luminescenti solo quando crescono saprofiticamente su pesci in decomposizione, dove possono crescere con alte densità cellulari formando colonie luminescenti. Questa luminescenza servirebbe per attrarre un maggior numero di organismi per ingerire il materiale, così da essere sicuri del trasferimento dei batteri ad un altro habitat favorevole per la crescita.
L'energia usata per la luminescenza è considerevole: sotto condizioni di massima luminescenza circa il 10 - 20 % dell'O2 cellulare totale viene impiegato per il sistema della luciferasi.

Piastre
 
Fig 3.1 Piastre di Photobacterium in luce e al buio. I fotobatteri, per la bioluminescenza, necessitano di O2 e di un aldeide a lunga catena che favorisce di 1000 volte il processo di liberazione del fotone durante il ritorno allo stato originario della luciferasi eccitata.
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