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Convegno sui Parchi 

 

del 21 marzo 2002

 

 

LA CONSERVAZIONE NELLE AREE PROTETTE

 

 

di FRANCO PEDROTTI

Direttore della scuola di specializzazione in gestione dell'ambiente naturale e delle aree naturali protette dell'Università di Camerino

 

Scopo della relazione è quello di interpretare ed esaminare il significato della conservazione del patrimonio naturale delle aree protette ed in particolare dei parchi nazionali, cioè delle risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili che contengono, quali sono le modalità da seguire per garantirne la conservazione e come esse vengono applicate e realizzate nei parchi nazionali italiani.

In base all'esperienza di oltre 100 anni di attività conservazionistica nei parchi nazionali di tutto il mondo e tenendo conto sia dell'evoluzione che ha subito dal 1872 ad oggi il concetto di parco nazionale sia della legge quadro sulle aree protette dell'Italia, si può dire che la conservazione delle risorse naturali si riferisce ai seguenti aspetti, che costituiscono gli obiettivi primari dei parchi nazionali, andando a costituire quella che G. CERUTI (2001) definisce la "priorità della conservazione":

 

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conservazione di campioni rappresentativi delle principali unità biotiche del mondo, nel nostro caso dell'Italia;

 

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mantenimento in funzionamento perpetuto dei processi ecologici essenziali che dipendono dagli ecosistemi naturali e, di conseguenza, della loro stabilità e capacità produttiva;

 

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preservazione della diversità delle specie e della loro variazione genetica (risorse genetiche);

 

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salvaguardia degli habitat critici per il mantenimento delle specie;

 

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mantenimento dell'ambiente fisico e delle bellezze paesaggistiche.

Allo scopo di perseguire gli obiettivi ai quali si è prima accennato, è indispensabile che la conservazione delle risorse naturali nei parchi nazionali sia concreta, come ha scritto R. VIDESOTT nel 1948 e cioè, come è stato specificato negli anni successivi dagli esperti dell'UICN, efficace ed efficiente (UICN, 1990, GODOY e UGALDE, 1992). Un aspetto importante riguarda la superficie del parco, che deve avere una forma adeguata ed essere sufficientemente estesa, in modo da garantire la possibilità di una continuazione dei processi evolutivi per il futuro (MILLER, 1980). Il parco non è un'isola e deve connettersi con altre aree naturali in un sistema a rete, ma a condizione che non si incorra nell'equivoco di assimilare gli ambiti territoriali delle aree protette a quelli esterni quasi che non esistessero differenziazioni di valori intrinseci; si finirebbe per svilire le aree protette che hanno la loro ragione di essere proprio nel pregio particolare di flora, fauna, gea e paesaggio, che ne caratterizzano l'ambiente. A tale riguardo, le raccomandazioni del documento finale di "Camerino 1980" sono tutt'ora valide; infatti il conseguimento del 10% di territorio protetto (od oltre) "non deve certamente significare l'abbandono del restante 90% alla rovina e alla speculazione, ma costituire il punto essenziale di riferimento per un nuovo e più ordinato assetto del territorio".

 

I parchi nazionali hanno anche lo scopo di preservare le caratteristiche storiche e culturali tradizionali, il benessere delle popolazioni locali, la possibilità di realizzare ricerche scientifiche, di svolgere un'azione educativa e di formazione ambientali, di ricreazione e di turismo. Nel nostro paese in questi ultini anni si è data sempre maggiore importanza agli aspetti di carattere socio-economico dei parchi, mentre quelli di carattere conservazionistico sono passati in secondo ordine e sembra quasi che molti parchi abbiano assunto il carattere di agenzie per lo sviluppo piuttosto che di enti per la conservazione della natura.

 

Come si possono conciliare queste due tendenze nella concezione odierna dei parchi in Italia? Una cosa è certa: della grande tensione ideale che si ritrovava in grandi protagonisti di un passato non tanto remoto come Renzo Videsott, Alessandro Ghigi, Umberto Zanotti Bianco e Bonaldo Stringher oggi non si trova quasi più traccia. Però, ricollegandoci alla tradizione della nostra cultura protezionistica, dobbiamo  augurarci che si comprendano scopi e significati dei parchi nazionali, senza per questo disconoscere altre legittime istanze, per quanto differenti da quelle dei parchi, e che si vada verso un'unanimità di intenti, anche se partendo da posizioni diverse. Il tema dei parchi e della protezione della natura è un tema di pace che dovrebbe unire e non dividere e contrapporre persone ed associazioni.

 

Viene quindi ribadito che la caccia non può essere ammessa nei parchi, come avviene in tutto il mondo, e come invece si propone di fare in un progetto di legge di recente presentato al Parlamento.

 

Nella conclusione viene sottolineato che i parchi dovrebbero costituire anche "motivo di orgoglio nazionale" per i valori che racchiudono: valori che lo storico dell'ambientalismo L. PICCIONI (1999) chiama "Il volto amato della patria" e cioè il suo paesaggio, il suo ambiente, la sua natura, che cerchiamo quasi disperatamente di salvare e di mantenere: patria che il Presidente Carlo Azeglio Ciampi ci insegna ad amare e costruire assieme, al di là di ogni vuota retorica, di nazionalismi e di sentimentalismi fuori luogo.

 

 

 

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