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GLI ASPETTI BOTANICI

 

 

L'immagine fortemente unitaria delle valli imperiesi dovuta alla monocoltura dell'ulivo è di formazione relativamente recente. Infatti sino al secolo xv in queste zone dominava la vite e ottime e rinomate erano le vernacce di Taggia. Sull'origine della coltivazione dell'ulivo molte sono le leggende che vedono coinvolti i Greci Focesi di Marsiglia e Nizza, oppure i Romani con la diffusione in Liguria dell'azienda agricola tipo di età imperiale, oppure ancora i Benedettini. Forse l'esistenza dell'ulivo in Liguria va retrodatata in epoca preistorica, in quanto pianta tipicamente mediterranea, magari in forma selvatica, per cui ai Greci, ai Romani e ai Benedettini andrebbe ascritto il merito di incroci con altri tipi sino alla selezione dell'attuale specie denominata «taggiasca».

Lungo i sentieri dell'olio è ovvio imbattersi in autentici «boschi» di ulivi fitti ed altissimi, antichi e contorti che assumono forme bizzarre e orrifiche, con il formarsi di atmosfere quasi magiche di tonalità verde in continua mutazione sotto l'azione dell'onnipresente vento di Liguria. È una pianta, l'ulivo, che ha reso ricchi interi paesi nei secoli passati. Dai suoi frutti si ricava quell'olio dorato che per molti intenditori è il migliore del mondo. Profumato, gustoso e donatore di salute per le tipiche e ricche qualità organolettiche e pregi medicinali, è il principe della dieta mediterranea. Le colline non sono, o non sono più, dominio incontrastato degli ulivi e ci meraviglieremo nel vedere macchie di querce-roverelle compenetrarsi negli uliveti in maniera così naturale o scoprendo, passo dopo passo, come varia è la vegetazione in questi luoghi dove convivono mandorli e ciliegi, amarene e pesche eviti.

Troveremo, avarie quote, grandi siepi di lentisco, mirto, salsapariglia, lecci, ginepri così intricate da poter immaginare un'unica radice per tutte queste specie che paiono vivere in simbiosi. In primavera-estate è tutto un fiorire di colori che si mescolano in tonalità tra le più diverse spandendo profumi ed aromi da ricordare e da riscoprire, pregevole affresco di macchia mediterranea. Lungo i sentieri troveremo cespugli di cisto con i fiori rosa, macchie di timo e serpillo, roveti, tappeti di erba veronica, nei pressi di rocce e muri di pietra la valeriana rossa e convolvoli, nei luoghi più aridi gli origani, le euforbie, le ginestre, in specie ginestrini e ginestre dei carbonai {dial. aastre), lavande, violaciocche variopinte.

Nelle «.fasce» olivate potremo vedere gli onnipresenti iris bianchi e blu, le bocche di leone, i tarassachi, le boraggini, vari tipi di «allium» e a maggio i «mazzi» {gladiolus italicus) splendidi nei loro forti colori. Ancora: tappeti di gerani selvatici, mentastri {nepete), «Don ti scordar di me» , soffici strati di acetoselle, ellebori, edere, piselli odorosi di varie specie della famiglia dei latiri, melisse aromatiche, viole, malve. In giugno solitario signore e, ahimè, sempre meno frequente per la raccolta indiscriminata di cui è oggetto, sarà il giglio di San Giovanni con i suoi colori arancioni e l'eleganza del suo portamento.

Nei luoghi umidi crescono i capelvenere e gli equiseti, le saponarie, le polmonarie e le canne, utilizzate queste in agricoltura. Incontreremo splendide orchidee selvatiche nel loro aspetto e nei loro colori, quasi insperate in questi ambienti considerati distrattamente insignificanti, nelle specie Barlia Robertiana {Prelà Castello e Bestagno) e Sambucina. Verso l'alto, dove gli ulivi cedono il terreno a boschi di querce, lecci, carpini, noccioli e castagni, fioriscono le primule, e ancora dove il bosco diventa prato e tutto si fa più arido troviamo i brughi {eriche), rose canine, crochi, timo, prugnoli e ancora lavanda.

Tutte queste specie botaniche, e tante altre non citate, costituiscono un patrimonio naturale che qualifica il territorio, anche dal punto di vista storico e umano per il valore alimentare ed officinaIe che esse, per secoli, hanno rappresentato. Ed è per questi motivi, nonostante le aggressioni degli antiparassitari e dei diserbanti, dell'inquinamento, dell'opera devastatrice dell'uomo e delle sue automobili,. che la flora imperiese continua a svilupparsi e a vivere per ricordarci il rispetto che le dobbiamo. E questo rispetto sfocia nell'esigenza di avviare un serio programma di rimboschimento, in una regione tanto martoriata dagli incendi, che, partendo da una ricerca di «archeologia botanica» sfoci nella ricostruzione necessaria dell'ecosistema mediterraneo e ligure e delle sue essenze.

 

 

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