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Rosita e Mika
 
Nel breve tempo in cui permane a Genova (1937-38), Giovanni conosce una ragazza del posto di nome “Rosita”.  

Tra i due nasce qualcosa di più di una semplice amicizia, ma il trasferimento improvviso di Giovanni per Fiume impedisce ai due giovani di fare progetti più impegnativi per il futuro.
La lontananza da Genova e l’impegno sempre più incisivo di Giovanni a favore dei profughi Ebrei, inducono il giovane funzionario di P.S. a non farsi illusioni e a non incoraggiare più le speranze nutrite da “Rosita” nei suoi riguardi.
L’ultimo biglietto speditogli dalla ragazza nel maggio 1944 testimonia come la familiarità e l’affetto tra i due siano oramai destinati a svanire, travolti dagli eventi che incalzano: “Non vorrei davvero obbligarti a ricorrere alla tua segretaria privata!In fondo hai ragione tu (…) Cordiali affettuosi auguri Rosita”.
Giovanni, che vive quotidianamente il contrasto interiore tra l’obbedienza alle leggi e ai doveri d’ufficio e la coscienza, sceglie di mettere da parte il proprio egoismo, che gli suggerisce di pensare al futuro e alla carriera, per concentrarsi, senza riserve, sulla missione che ha intrapreso e che sente di non poter interrompere: in ballo ci sono le vite di migliaia di esseri umani che l’odio razziale ha condannato allo sterminio.
E’ disposto a rinunciare alla sua vita per gli altri non senza, tuttavia, un sottile rimpianto per le opportunità mancate.
Confidandosi con un’amica di Fiume,  Giovanni parla di un amore lontano che non poteva raggiungerlo perché la terra fiumana scottava e il suo impegno continuo per le vicende di una città martoriata dai tedeschi non gli dava spazio per i sentimenti (in Ultimo Questore…. di Gianfranco Zuncheddu pag. 625).
Attorno a Palatucci il cerchio si stringe; le spie non mancano e la Gestapo, da tempo, sospetta il doppio gioco che sta compiendo in segreto a favore degli Ebrei.
Giovanni potrebbe salvarsi accettando l’offerta dell’amico console svizzero a Fiume e recarsi al sicuro in territorio elvetico.
E’ l’ultima carta a sua disposizione per sopravvivere ma la gioca, anche stavolta, a favore di coloro a cui tiene di più.
Mika H., una graziosa fanciulla ebrea alla quale è legato da amicizia e da affetto, teneramente ricambiati, lo supplica di venire via con lei dall’inferno di Fiume.
Giovanni per favorirne la fuga con la madre, finge di assecondarla e la segue fino al confine svizzero ove le consegna un carteggio segreto da recapitare agli Alleati.
E’ ad un passo dalla salvezza ma non ne approfitta.
Giovanni le confessa tra le lacrime che deve lasciarla per tornare a Fiume e impedire che anche un solo Ebreo possa cadere nelle mani delle SS.
A nulla possono le lacrime, la disperazione di quella giovane donna che non si rassegna all’addio del suo amato.
Un’ultima carezza, un abbraccio lunghissimo per poi non rivedersi mai più.
Giovanni Palatucci riprende sulle spalle la sua croce per ritornare nella città ove sventola ancora il tricolore.
Un Amore più grande lo condurrà, di lì a poco, al martirio per la carità.

 

 

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