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Storia della Calabria
Maria SS. della Montagna
"Il Miracolo"
La Santa Vergine occupa un ruolo di prim'ordine nella
pietà popolare calabrese.
Nel Comune di Taurianova, sotto diversi titoli, è
presente o è Patrona sia al Centro che nelle Frazioni:
Maria SS. della Montagna a Radicena, la Madonna del
Carmine a Iatrinoli, la Colomba a S. Martino e
l'Immacolata ad Amato.
Come nel cuore dell'Aspromonte (v. "La Madonna di
Polsi"), anche nella nostra Piana, il culto di Maria SS.
della Montagna rimane l'atto più solenne di ogni
credente.
Maria, madre amorevole e premurosa, non delude mai le
attese dei suoi fedeli ma ne accoglie le istanze e
assicura la sua incondizionata protezione: "Ad Jesum per
Mariam!".
Nelle grandi calamità pubbliche, come l'invasione dei
Saraceni che affliggevano nel secolo XII le nostre
contrade e quelle della vicina Sicilia, non è mai
mancato il celeste conforto della Vergine di Polsi, il
cui Monastero si registra sempre nello stesso luogo: la
prima menzione nei documenti vaticani ricorre nella
decima di Papa Bonifacio VIII (1294 - 1303).
Per quanto ci riguarda più da vicino, molto suggestiva è
la storia relativa a Maria SS. della Montagna di
Taurianova. Ordinata da un certo Don Vincenzo Sofia -
benestante del luogo - per sciogliere un voto, l'effigie
venne scolpita nel 1787 da Michele Salerno di Serra San
Bruno con bottega a Napoli.
Sistemata - quindi - dentro una cassa sopra un
bastimento in partenza per Gioia Tauro, nel golfo di
Salerno fu colta da una violenta tempesta.
Vani furono i tentativi dei marinai, ignari del prezioso
contenuto, di sbarazzarsi del carico per alleggerire la
nave ed evitare di andare a fondo.
Nel contempo un marinaio scorgeva, alta sul ponte, una
signora con le braccia alzate nell'atto di placare gli
elementi.
Poco dopo, come per incanto, le onde cessarono e
arrivati a Gioia Tauro, dove il Sofia l'attendeva, la
cassa fu aperta. Incredibile ma vero, quel marinaio
riconobbe nella statua della Madonna la signora
intravista sul ponte.
Fu così che i Radicenesi sentirono la necessità di
sostituire la miracolosa immagine con quella più antica
offerta e importata da Capistrano nel 1763
dall'Arciprete Don Domenico Antonio Zerbi.
La Chiesa parrocchiale già sotto il protettorato di S.
Maria Ambasiade e poi sotto quello di S. Maria delle
Grazie, aveva finalmente la nuova Patrona.
Si giunse così alla sera del 9 settembre 1894
allorquando un certo Ambrogio Incarnato, negoziante
napoletano, sul finire della festa, nel contemplare in
chiesa il volto della sacra immagine, si accorse che gli
occhi di Maria si muovevano con singolare vivacità.
Impressionato del fenomeno, richiamò l'attenzione degli
astanti i quali gridarono subito al miracolo.
La Madonna, che continuava a muovere le divine pupille,
fu portata quindi in solenne processione per le vie
cittadine. Ma le sorprese non erano finite e un nuovo
prodigio si rivelava ai fedeli: in mezzo alla luna alta
nel cielo era apparsa - visibilmente a tutti - una
grande croce luminosa, come accadde a Costantino prima
della battaglia sul Ponte Milvio.
Così Francesco Sofia Alessio, testimone del tempo, ha
descritto l'evento:
Ecco nel ciel risplendere
misteriosa Croce,
nei rai di luna argentea
quasi di Dio la voce,
che grida ai volti pavidi:
"Perdon prometto e pace,
l'ira divina tace,
levate ogni timor".
Era un segno eloquente della protezione divina dai
disastri tellurici che da lì a poco, alle ore 20 del 16
novembre, si sarebbero verificati. La città,
contrariamente a quanto accadeva nei paesi vicini, non
riportava vittime.
Il popolo ha voluto ricordare quel prodigio con il canto
che segue, definito appunto "Il Miracolo", da noi
pazientemente rielaborato. Sono diverse, infatti, le
versioni pervenuteci - in lingua e in vernacolo - e
numerose sono le lacune riscontrate (comprese quelle
grammaticali) che non si possono del tutto eliminare.
Al novantaquattro il primo miracolo,
al nove settembre un grande spettacolo:
all'otto di sera nel tempio santo,
scena terribile e dirotto pianto.
Spaventa il popolo che allora si prostra
cercando grazie alla Montagna nostra.
- Calma, Montagna, Tu l'ira di Dio,
perdona il popolo perverso e rio.
Siamo tuoi figli, o Madre serena:
proteggi il popolo di Radicena;
siamo noi tutti cuori dannati:
vi è molto scandalo, enormi peccati.
Guarda, Montagna, che Sei protettrice,
il popolo Tuo fu sempre felice! -
La banda suonava con tanta allegrezza,
il popol piangeva di tenerezza.
Eran radunate seimila persone,
tutte gridavano: - In processione! -
- Vieni, Montagna, gira il paese! -
Seguono tutti con candele accese.
Quando la Vergine usciva di porta
con gli occhi amabili sembrava morta.
La guarda il popolo con fede magna:
- Non Sei Tu forse la nostra Montagna.
Come Sei pallida, o Stella del mare,
forse Tuo Figlio ci vuol fulminare?
Prega Tuo Figlio, o Madre serena,
implora perdono per Radicena! -
Si parte Maria in processione,
mentre Suo Figlio le grazie dispone.
Cercano grazie gli Jatrinolesi:
- Vieni, Montagna, al nostro paese! -
I deputati benigni e pazienti
scendon la Vergine a contentar la gente.
Dinanzi la Chiesa, riposta a quel monte,
la pallida luna risplende di fronte.
Oh quanto spavento e terribili voci
ché in mezzo alla luna compare la Croce!
Piccoli e grandi, battendosi il petto:
- Prega, Tu Vergine, il Figlio diletto;
fummo manchevoli e lo confessiamo,
son veri miracoli e Ti adoriamo! -
Si volta Maria di fronte alla luna,
sparisce la Croce, il cielo s'imbruna.
Quei protestanti facendo i ribelli:
- Calma, Tu Vergine, questi flagelli! -
Quando Montagna va a Radicena,
il popolo tutto è senza lena.
Arriva Maria nel tempio santo
e tutto il popolo è in grande pianto.
Prostrati tutti in quel momento,
la faccia in terra e pieni di spavento.
Al nove ottobre un'altra tempesta:
il popolo vuole la seconda festa.
E così, infatti, ognun s'è tassato
per come poteva, secondo il suo stato.
Con bande e bandiere si gira il paese,
il popolo tutto accetta le spese;
il sindaco Zerbi coi suoi deputati,
tutti di cuore le hanno accettate.
Quel nove ottobre si fa grande festa
con banda militare e grande orchestra.
Sparano fuochi in abbondanza,
l'onore più bello alla fratellanza.
Gli Jatrinolesi, lodando Maria,
portano banda e lumi in ogni via.
Voi fortunati, o Radicenesi,
la bella Montagna dal Cielo discese.
Mostrando prodigi in quel Monte santo,
chiama noi figli sotto il Suo bel manto.
Voi se vorrete, o figlie amorose,
al monte portate i gigli e le rose.
Si fa gran festa con pompa e allegria
e il popolo grida: - Evviva Maria! -
La memoria di quegli eventi è rimasta viva nel cuore dei
taurianovesi e ogni anno, dal 7 al 9 settembre, migliaia
di devoti ringraziano la Santa Vergine per le grazie
ricevute.
L'argomento è stato trattato anche nel libro "Storia e
folklore calabrese" di Domenico Caruso (Centro Studi "S.
Martino" - 1988) e nelle seguenti riviste culturali:
"Storicittà" di Lamezia Terme (Anno X n. 100 - Ottobre
2001); "Arianova metropolipiana" di Taurianova - (Anno
VI n. 35 - Settembre/Ottobre 2001).
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