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Storia della Calabria
La bella Lucrezia
"Tutte le antiche storie non sono che favole bene aggiustate", affermava
Voltaire, e spesso nascondono degli aspetti veramente singolari. Così,
nel trattare le vicende feudali di Laureana ("Storia e folklore
calabrese", 1988) abbiamo accennato ad Ugo d'Alagno conte di Borrello.
Molti ignorano, però, che il re Alfonso V d'Aragona, il Magnanimo, per
l'amore che portava alla bella favorita Lucrezia d'Alagno infeudò i
fratelli di lei. Nel 1443 concesse a Mariano la contea di Bucchianico
(Abruzzo), al primogenito Giovanni diede la "gabella" di Gioia e ad Ugo
la contea di Borrello (1453), sottraendola al protervo conte Carlo
Ruffo. Anzi, come abbiamo avuto modo di leggere nella monografia su
"Laureana di Borrello" di Padre F. Fonte, "al conte di Borrello diede
pure l'alto onore di nominarlo familiare del re". E mentre nei nostri
paesi si viveva nell'indigenza, il re Alfonso, "invilito negli amori con
Lucrezia, si curò ben poco della politica e del governo, dandosi in
cacce, conviti, giostre ed altri piaceri".
La giovane Lucrezia era "la più bella donna che in quel tempo fosse
stata; et per la bellezza sua lo re Alfonso se ne innamorò (1448); et
era gentile donna de lo segio de Capuana" in Napoli. Ella era "nata da
parenti napoletani nobili, ma poveri" e la sua grazia era tale che
poeti e scrittori non trovavano parole ed attributi per decantarla. Il
re Alfonso, dunque, "l'amava perdutamente, cosicché in presenza di lei
era come fuori di se stesso, né vedeva, né udiva alcuno se non Lucrezia.
Aveva sempre gli occhi su di lei; ne lodava le parole, ne ammirava la
sapienza, ne approvava i gesti e diceva l'eccellente sua forma essere
rarissima. E, avendola donata di molte cose e quasi onorata come regina,
infine si diede tutto a lei; né alcuno poté ottenere cosa alcuna senza
la volontà di costei". "Oltre a donarle tante ricchezze", (scrive Padre
Fonte), "gioielli e favori, il re Alfonso non sapeva più come
remunerarla per i piaceri che gli concedeva". Si accorse di questa
profonda debolezza l'amante Lucrezia, che tentò di divenire sua
legittima moglie, chiedendo lei stessa alla Santa Sede, ma inutilmente,
il divorzio tra Alfonso e la sua sposa. Infatti per questo nell'autunno
del 1457 ella si recò dal Papa Callisto III, con cui "in secreto li
parlò due hore o più, tanto che era una hora di notte quando se ne partì
da palazzo". (Da G. Filangieri: "Nuovi documenti intorno la famiglia, le
case e le vicende di Lucrezia d'Alagno" - Arch. Stor. Nap.).
Sappiamo dalla storia che Alfonso s'impose re di Napoli occupando la
città il 12 giugno 1442 e che favorì i baroni a danno dell'economia
agraria del Mezzogiorno. Si fece, quindi, malvolere riformando il
sistema tributario: sopprimendo le "collette" e istituendo un'imposta
diretta personale sui "fuochi", cioè sulle famiglie.
Ma, tornando al nostro racconto, scrive M. Francini ("Quante storie" -
Ed. Frassinelli - 1985): "Appena fu informato che Lucrezia non aveva
ottenuto nulla da papa Callisto III, Alfonso decise di andarle incontro
per confortarla e così la mattina del 27 ottobre 1457 lasciò Capua e si
incamminò per la strada di Roma; cavalcava in silenzio e l'esiguo
seguito che l'accompagnava rispettava la sua malinconia. Sebbene ormai
in là con gli anni, il re Alfonso amava Lucrezia d'Alagno con tutte le
sue fibre. Di quell'amore, che ormai durava da lungo tempo erano tutti
informati. Purtroppo il re di Napoli aveva - Maria di Castiglia - che
aveva lasciato anni prima in Spagna a garantire i diritti dinastici sui
possedimenti iberici. Una moglie più anziana di lui e sterile; un
matrimonio ormai dimenticato. Per sposare Lucrezia e avere da lei un
erede legittimo da lasciare sul trono di Napoli, Alfonso aveva contato
sull'annullamento di questo simulacro di matrimonio da parte della Santa
Sede e aveva mandato a Roma l'amante".
L'amore del re era però veramente "platonico"; egli rispettava tanto la
sua Lucrezia da darle il coraggio di presentarsi al Papa. E quando al
ritorno la raggiunse, si amareggiò a tal punto del rifiuto che qualche
tempo dopo, il 27 giugno 1458, cessò di vivere.
Lucrezia gli sopravvisse di un ventennio, senza mai scordarlo.
Alla morte "la bella favorita" è stata sepolta nella Chiesa romana di
Santa Maria sopra Minerva e una lapide ricorda ai posteri la sua
illibatezza.
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