* PENSIERIDEE *

          Per gli affezionati che qui ci leggono o altrove ci ascoltano

 

 

Bananìa alla corte dell’Imperatrice di Atlantide

 

[Terza parte]

 

Quando sei con alleati vigliacchi contro nemici stupidi temi più di tutto ogni tuo errore

 

Il lavoro che era di spettanza dell’imperatrice era davvero cospicuo e forse eccessivo.  La prima cosa che doveva fare era capire su quali  forze contare e su quali personaggi far affidamento.  Dopo aver creato il suo staff e la sua amministrazione doveva distinguere quali fra i falsi amici di Atlantide erano un po’ meno falsi del solito.  Un lavoro quindi ingrato e difficile che comportava anche il riconoscere gli interessi prioritari e vitali dell’Impero e quelli secondari. Gli interessi secondari erano quelli dei pochissimi ricchi che sostenevano il suo potere; l’interesse primario per eccellenza era il mantenimento del proprio potere. Sulle prime l’incertezza era enorme e l’essere intese che la miglior cosa sarebbe stata il creare una lista di falsi amici con doversi gradi di affidabilità e pericolosità, inconsistenza politica e militare da aggiornare di quando in quando a seconda del tempo e del caso e della situazione.  In breve le alleanze divennero variabili e rapide, come fra le antiche tribù dei barbari che stringevano o rompevano alleanze a seconda del tempo e del caso o delle opportunità di bottino.  In un certo senso l’antico costume era risorto a nuova vita sotto il dominio atlantideo, ormai per quanti inganni e finzioni si consumassero era evidentissimo che le lotte e gli scontri della guerra perpetua erano occasioni di rapina e di saccheggio.  Costruire, edificare, lavorare  è di solito una fatica immane.  La rapina, il saccheggio, lo scambio ineguale, l’estorsione erano le semplici prassi delle potenze imperiali nel remoto passato come nel presente.  Alcune creavano qualcosa con questo maltolto, altre lo dissipavano in lussi e follie.  L’imperatrice si era resa conto che per dare stabilità ad un impero cresciuto troppo in fretta, e sui fallimenti di alleati e nemici più che per virtù  propria era necessario trasformare il sistema della guerra perpetua in uno strumento di forza e non nella continua esposizione degli atlantidei al rischio della sconfitta.  Era necessaria una giustificazione di tipo politico e natura quasi credibile. Dal momento che molti bramavano il potere degli atlantidei, essa si propose di chiamare guerre e le infamie sostenute per difendere l’esagerata ricchezza della minoranza al potere che l’aveva creata  con il termine “guerra contro l’inciviltà”.  Incivili erano coloro che non accettavano le imposizioni degli atlantidei, lo stravolgimento delle loro regole e dei loro costumi per favorire La produzione e il commercio delle multinazionali di cui erano soci di maggioranza i pochissimi ricchissimi atlantidei che avevano il potere.   Poi c’erano fra gli incivili quelli irrecuperabili che contestavano ai padroni della grande isola il diritto di predare il mondo di tutti  per i loro egoistici interessi e per la loro volgare esibizione di ricchezza.  Alcuni di questi malvagi facevano poi ricorso ai bassi trucchi  dei deboli che combattono contro i forti: guerriglia, sabotaggio, finanziamenti sottobanco all’opposizione nella stessa Atlantide, guerra  economica, boicottaggio, critica politica e morale del sistema imperiale.  Finalmente  dopo molto meditare quel punto da cui iniziare così tanto desiderato  e cercato fu scoperto.  L’imperatrice aveva trovato un metro per giudicare i falsi amici: l’adesione alla civiltà, ossia alla sua civiltà.  Il problema è che non era così chiaro che cosa fosse la civiltà  di Atlantide in quanto essa si era sviluppata associando in modo frettoloso le culture dei diversi  popoli che erano giunti di loro spontanea volontà  o erano stati deportati  ad Atlantide.  Al di là  di un comune culto per il Dio-denaro e per la presa e il mantenimento del “potere per il potere” non c’era poi molto che potesse unire  gli atlantidei attorno a dei principi ad una forma di civiltà.  C’era un culto predominante  fra i poveri e i tapini, per la verità  poco amato e seguito, che riguardava un Dio Unico capace di molte cose fra cui punire i malvagi ed elevare i giusti.  In quel momento, così delicato,  l’imperatrice era sul punto di dichiarare guerra alla gente incivile, ossia  a quasi tutti gli umani del pianeta azzurro.  Si rese conto che quel culto del Dio Unico poteva venir buono per la causa della propaganda.  Così fu che fra le risate di molti fra i popoli del pianeta azzurro l’imperatrice si dedicò a fortificare e ad impadronirsi di questo culto  popolare in modo da poter coinvolgere il Dio Unico nelle sue imprese, nelle sue motivazioni politiche,  nella gestione e giustificazione delle iniziative militari.  Questo comportava un salto di qualità della guerra che da una serie  di conflitti minori per il guadagno divenne uno scontro di civiltà, anzi d’inciviltà.  Quando si chiama in causa il mondo divino per giustificare  le proprie vicende umane è cosa comune che anche i fatti banali assumano un rilievo spropositato.  Così è per la guerra ordinaria attività umana che mobilitata dall’uso del nome di Dio si trasforma da azione più o meno indecente, volta ad acquisire ricchezze e potere, in atto supremo e puro.  Va da sé che questa purezza dichiarata rende la guerra più aspra e più dura, limita l’uso della diplomazia, e moltiplica atrocità e violenze che possono facilmente esser giustificate e nel caso premiate dalle autorità competenti civili o religiose che siano.  Ogni guerra scrive da sé le sue regole, e l’imperatrice cercava di forzare, per quanto era in suo potere, per creare e imporre regole che facessero comodo a lei.  Doveva per prima cosa dividere i molti nemici di Atlantide e impedire loro di far fronte comune.  Per dissuadere coloro che erano ostili doveva ostentare una forza militare superiore a quella davvero posseduta.  Questo poteva e doveva essere accompagnato da una propaganda martellante all’interno per limitare il dissenso e da un meccanismo di premi e minacce per costringere gli alleati e a seguirla nella sue imprese.  Volle il malaugurato caso che parte cospicuo degli atlantidei iniziasse davvero a credere alle balle della propaganda e dello scontro delle civiltà, ai terroristi pazzi e malvagi e ovviamente all’imperatrice che pregava per la propria anima.  Quest’ultimo dettaglio della propaganda aveva dell’incredibile, c’era da chiedersi quale fosse l’anima che raccomandava a quel Dio.  La persuasione propagandistica ebbe un effetto ben strano, sul breve periodo aiutò gli atlantidei, ma nel medio e lungo periodo iniziò a giocare a favore degli avversari. L’imperatrice, fra una preghiera e un rito solenne, considerò che le nuove guerre avrebbero imposto maggiori sacrifici  a fronte di risultati decrescenti.  L’aumento del numero di nemici in competizione e la diminuzione di risorse creava una moltiplicazione delle possibilità di resistenza armata e conflitto, mentre le risorse sotto controllo diminuivano.  Su un periodo di due o tre generazioni Atlantide avrebbe perso gran parte del suo potere e il pianeta avrebbe subito una drammatica diminuzione della biodiversità e del numero totale di umani presenti.  Un disastro epocale che avrebbe alla fine distrutto il suo impero e le fortune dei suoi sciagurati seguaci.  Era necessaria una svolta, occorreva cambiare questi dati negativi con qualcosa di diverso .  Occorreva spazzar via la maggior parte dei nemici o moltiplicare le risorse disponibili, ma la cosa migliore era forse la prima.  Eppure c’era un’alternativa peggiore e sua altezza riuscì a concepirla nonostante fosse molto difficile anche solo pensarci.  Più umani, più consumi, più attività produttive, più inquinamento ecco la formula  della civiltà industriale.  In breve la questione era riconducibile ad una questione demografica, occorreva ammazzare un numero adeguato di umani  e le risorse del pianeta si sarebbero riequilibrate con quelle della popolazione.  Le conoscenze tecnologiche del resto non erano tali da consentire una rapida acquisizione di risorse sfruttando ciò che si trovava fuori dal pianeta.  Quindi il problema era riconducibile a: “chi ammazzare, quando, come, in che numero”.  A est c’erano i nemici  principali degli atlantidei, a sud-ovest le terre della Sfortuna, a ovest i regni di Caino. In tutti e  tre i casi per sfortuna universale c’erano popolazioni ostili.  Da qualche parte era necessario iniziare, inoltre con l’occasione si poteva anche verificare una diminuzione, sia pur piccola, di atlantidei poveri in esubero dal mondo del lavoro.  La guerra non era solo un mezzo per esercitare il potere, era anche lo strumento per mantenerlo nel suo equilibrio precario.  L’imperatrice ragionò che fosse necessario trovare i nemici e ridurli di numero, solo che era necessario sul momento colpire i meno pericolosi e provare gli effetti di questa politica rischiando sul momento il meno possibile.  Le Terre di Caino, luoghi desertici ed aridi furono indicati quali  territori dove provare  la linea politica nuova.  Voleva il caso che le principali basi atlantidee nei paraggi di quei luoghi tristi e maledetti da Dio fossero collocate in quel di Bananìa.  La Repubblica Cleptocratica era tenuta ad appoggiare e supportare  i padroni atlantidei.  Non era una novità per le genti del Belpaese di trovarsi in preda del capriccio e della violenza dei padroni di turno, anzi i popoli di Bananìa avevano una certa dimestichezza con le prepotenze straniere e conoscevano dei loro modi disonesti e osceni per cavarsi dai guai.  Fu così che all’inizio delle vicende belliche i bananiani fecero finta di non capire che il loro paese era la retrovia dei grandi eserciti atlantidei  che si dirigevano a Sud, a Ovest, e a Est.  A un certo punto i bananiani intesero che  quel caso potesse essere una nuova occasione di scrocchi e truffe da farsi ai danni dei padroni organizzando ogni situazione per sottrarre loro beni, corredo militare, soldi.  Tutto fu fatto per trarre profitto dalle sciagure altrui e dalla violenza militarizzata dei pochi: furto, mercato nero, prostituzione di ogni genere e tipo, forniture contraffatte di beni per le forze belligeranti, ricatti, spionaggio, delazione condominiale.  Divenne la scellerata repubblica un vero regno dell’infamia e della fellonia.  [SEGUE]

IaNa per FuturoIeri

 

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