* PENSIERIDEE *
Per gli affezionati che qui ci leggono o altrove ci ascoltano
Bananìa alla corte dell’Imperatrice di Atlantide
[Seconda parte - Capitolo 1°]
Atlantide: l’isola del potere mondiale
Un gruppo di esseri mortali volle
ricostruire il mondo a propria immagine e somiglianza. Questa era la volontà
degli alieni di atlandide, genti strane e non tutte umane. Queste creature
essendo fra i vincitori della seconda grande spartizione del mondo ebbero loro
malgrado in sorte di esser padroni e tutori delle sciagurate genti di Bananìa.
Di sfuggita occorre ricordare la gentile lettore che i bananiani persero la
guerra al tempo della seconda grande spartizione del mondo. Per maggior loro
disgrazia queste genti inumane erano molto ignoranti delle cose al di fuori
della loro patria e poco si curavano dei loro sciagurati servitori in quel
lontano territorio del mondo. La natura del regime atlantideo era tale da
comportare una buona dose d’interferenze da parte di poteri forti e anche da
parte degli interessi stranieri, la facilità con cui venivano promosse le cause
più strane ad opera di chi poteva corrompere o di chi aveva influenza avevano
portato ad una situazione clamorosa: gli atlantidei erano costretti a subire
delle politiche economiche che favorivano i loro concorrenti e i loro nemici.
Per loro necessità particolari essi avevano accettato di far affari loschi e
sporchi e di permettere ai loro nemici di far parte di questi interessi volti a
sfruttare milioni di sfortunati con lavori pericolosi, pesanti e malpagati, a
saccheggiare beni naturali, a produrre cose stupide e a moltiplicare le guerre e
a saldare queste stragi con gli interessi dei contrabbandieri d’armi, di droga e
di merci sottoposte a embargo. Come delle pulci i nemici si erano rafforzati
saccheggiando e razziando interi popoli assieme alla potenza di Altlantide, si
erano resi forti perché complici delle imprese più oscene e abiette. Quando la
loro potenza si era visibilmente accresciuta essi intesero che era arrivato il
momento di rivelare il loro vero interesse che era sostituirsi agli atlantidei
nel loro dissoluto e scellerato dominio sul pianeta azzurro. Fu così che in
breve i potenti supercomputer delle grandi potenze opportunamente imbeccati
cominciarono a suggerire agli staff dei loro leader di porre in essere politiche
di riarmo e di pressione politica ed economica. In breve si scatenò una corsa
agli armamenti su tutto il piccolo pianeta azzurro, anche gruppi di eversori
miserabili si posero il problema di comperare cartucce nuove e qualche nuova
pistola o altra arma da fuoco. Nel delirio collettivo anche i privati, dove si
resero consapevoli della cosa, ruppero i salvadanai o prosciugarono il conto
corrente e si presero in casa almeno un mitra. Ovviamente e semplicemente la
criminalità organizzata fece cose notevoli e affari d’oro con questa esplosione
di pulsioni e intenzioni belliciste e omicide. Nella sola Bananìa, che pure
aveva l’impero criminale più solido ed esteso del pianeta, popolo e classe
dirigente ignoravano l’esistenza di tale minacciosa e funesta attività umana.
Le scellerate, imbelli, pavide genti della penisola erano troppo perse nei loro
guai quotidiani, nelle loro miserie, nei loro piccoli svaghi, piaceri, crimini e
ricatti per ragionare di tali questioni o solo per porsi il problema. Quindi
quando le piccole guerre del mondo si fecero più torbide e brutali e quando la
violenza del terrorismo si moltiplicò a dismisura i bananiani si stupirono
grandemente e non compresero che dietro l’orrore si celava, e piuttosto male, la
volontà di potenza dei forti e dei potenti del pianeta. Quando i grandi
imperi si scontrano alle volte giocano alla guerra, alle volte alla guerriglia,
quasi mai alla guerra totale e sempre finanziano terroristi, criminali e spie
perché lavorino nell’ombra e nel silenzio per i loro interessi particolari.
Questo è, ed era, il duro gioco del potere che gli innocenti pagano sulla loro
pelle con la povertà, la morte, la disgrazia, le mutilazioni, mentre pochi
malvagi ne traggono il maggior profitto e, di solito, ne escono impuniti e più
ricchi e influenti di prima. Spesso è osceno il gioco dei potenti e, come la
loro più intima natura, esso è indescrivibile e inqualificabile nei suoi
propositi. Per questo ai molti del popolo di Atlantide veniva offerta una
rappresentazione ridicola e stupida delle terribili vicende: si mostravano in
televisione dei finti documentari sui terroristi e i malvagi di turno commentati
da finti esperti, applauditi da un finto pubblico formato da comparse televisive
male in arnese. Infine i politici intervenivano con frasi estemporanee perlopiù
fuori luogo. Cosa peraltro comprensibile quest’ultima essendo, in generale, nel
pianeta azzurro scaduto molto nella qualità e considerazione comune il mestiere
del politico, ed esso si era reso accessibile anche alla feccia della specie
bipede. Quindi un male grandissimo si profilava all’orizzonte che solo pochi
riuscivano a vedere distintamente, forse perché era di per sé un fatto enorme e
visibilissimo. Questo male era il vivere in uno stato di guerra permanente,
ovviamente su diversi livelli di pericolo e intensità,per tutti quanti in tutto
quel piccolo mondo. La guerra diventava per chi la subiva una sciagura che
pareva calata dalle stelle come gli UFO. Per chi la vedeva solo alla
televisione o nella rete universale essa era l’ennesimo truculento e tragico
spettacolo al punto che, per essere sinceri, molti ci provavano gusto come se
fosse un telefilm o una soap-opera. Questo accadde nella gran parte del mondo
sedicente civile eccetto che in Bananìa dove di morte ve ne era molta a causa
dello strapotere della criminalità organizzata che trasformava le periferie dei
centri urbani in terre dove contava solo la legge del più forte e dove la gente
comune era molto ignorante e confusa. Così mentre per il mondo umano si
profilava una nuova guerra totale, ultima scelta dei politici imbecilli, le
sciagurate genti di Bananìa si cullavano nella loro pietosa ignoranza, nella
loro ottusa cecità di continuare a vivere le loro vite dissolute mentre il loro
piccolo mondo di umani s’incamminava verso una nuova catastrofe. In realtà la
classe politica più corrotta e oscena del mondo aveva da tempo trasformato, come
è noto ed è già stato scritto, con l’aiuto della criminalità organizzata Bananìa
in una terra governata da una gran massa di ladri. Il regime era cleptocratico,
ossia esercitava il potere colui che era il più ladro. Più rubavi e più potevi
sperare, più rubavi più potevi sperperare il maltolto, più spendevi più gente
era felice. In Bananìa anche i pazzi, i mitomani, i ladri di cavalli, i
piromani e i ricattatori professionisti avevano una possibilità di entrare in
Parlamento e riscrivere per il loro interesse particolare le leggi e la
Costituzione. Essere ladri, folli, osceni poteva essere un buon modo per farsi
conoscere, ottenere visibilità, mostrarsi, essere stimati ed infine farsi votare
e ricoprire ruoli che davano l’impunità. La politica era da decenni in quella
fiorita penisola il volto impresentabile della criminalità organizzata, la quale
era un “po’ tanto” infastidita al pensiero che la si potesse associare al ceto
politico e alle sedicenti classi dirigenti. Volle il malaugurato e vile caso
che nella nuova guerra Bananìa fosse al centro di questo conflitto perché come
penisola occupata dagli atlantidei durante la seconda grande spartizione del
mondo essa era tenuta a viva forza a contribuire allo sforzo bellico degli
occupanti.
La corte più ricca del mondo
(Dove anche i debiti diventano crediti)
Sulla carta Atlantide prima di darsi la sua imperatrice aveva un sistema politico accentrato con un presidente, eletto dai grandi elettori espressione dei poteri forti, e dal suo esecutivo composto di ministri, delegati, governatori militari, ispettori, incaricati. In realtà le cose non andavano bene come a prima vista poteva sembrare: Atlantide era continuamente preda delle ambizioni particolari di privati, degli interessi di gruppi politici, delle speculazioni banche e delle attività delle consorterie criminali e religiose. Il centro decisionale e politico era subissato, suo malgrado, da ogni sorta di richiesta e di ricatto e talvolta di minaccia. Le decisioni, per farla breve, erano prese più sulle impressioni del momento che non sulla pianificazione o sul calcolo. In realtà c’era chi pianificava, preparava, disponeva; essi erano coloro che svolgevano l’opera di mediatori fra il potere politico e i molti interessi particolari. Costoro riuniti in organizzazioni criminali e gruppi di pressione condizionavano pesantemente le decisioni politiche costringendo il potere legittimo, ossia il presidente, a seguire per massima parte le loro indicazioni. I sistemi per forzare il potere politico atlantideo erano molti ma il principale era la sistematica corruzione dei principali funzionari e consiglieri legati all’esecutivo, con questa prassi informazioni false e consigli distorti e faziosi erano la prima ispirazione per decisioni anche gravi. Nella storia d’Atlantide erano state intraprese diverse invasioni di paesi ignari per compiacere gli interessi di finanzieri, petrolieri, agrari. Non erano mancati bombardamenti a tappeto su gente ignara e indifesa solo con lo scopo di svuotare gli arsenali per poi ricomprarli di nuovo. Tutti avevano la loro fetta del bottino, generali che portavano la guerra altre i confini della sedicente civiltà, giornalisti e radiocronisti che giustificavano le peggiori azioni e istigavano la popolazione, mezzani dei finanzieri che pigliavano la percentuale, politici che traevano potere dai quattrini dei corruttori, perfino l’ignaro azionista di basso rango con i suoi risparmi investiti in banca, o nelle imprese traeva un piccolo guadagno. In breve tutta la civiltà e società atlantidea traeva il suo buon profitto dalla guerra, dalla sopraffazione, dalla violenza comunque sia esercitata e ovviamente dal rapporto con la criminalità e la corruzione. Tutti traevano il loro sostentamento dall’eccitazione dei più selvaggi istinti egoistici di possesso e di potere; un sistema di valori incentrato sul più torbido e stretto materialismo faceva il resto. Milioni di interessi privati e di piccoli egoismi come per incanto creavano la più grande economia del pianeta azzurro. Del resto nel sistema di valori atlantideo era il possesso dei beni e il dominio dell’uomo sull’uomo quello che rendeva il tapino di turno un essere rispettabile e forte, temuto e amato dai suoi simili. In breve la ricchezza esibita e arrogantemente esposta era, per pubblica convinzione, l’espressione del successo e del decoro. Da qui derivavano ogni sorta di eccessi, di abusi, di cose strane e pazze che i potenti di Atlantide ponevano in essere per placare la loro sete di vanagloria e scacciare da sé la piaga della noia e della paura. Feste pazze e assurde con migliaia di invitati, esibizioni di veicoli e macchine costose, elargizioni incredibili per quantità e motivazioni di denaro a sette religiose o ad enti benefici, scandali e divorzi miliardari. Tutto era clamoroso, rumoroso, talvolta bello e costoso. Tutto doveva sembrare straordinario. Al fondo c’era negli atlantidei la paura brutale e semplice di essere solo dei comuni mortali e dei cialtroni, che come tutti gli altri vagavano su questo pianetino azzurro senza una meta e senza scopo. Il clamore del loro modo di vivere li stordiva al punto da credere di essere l’unica civiltà e l’unica “umanità” possibile, eppure proprio le loro stranezze li facevano apparire agli occhi degli altri umani così diversi da sembrare esseri di un’altra galassia. Per arrivare ad essere qualcosa di più di un popolo come gli altri era opportuno avere un potere politico diverso da quello presidenziale, un potere nuovo in grado di tenere assieme tutti gli egoismi e tutte le iniziative politiche. La soluzione era difficile, ma nel dubbio chi poteva scegliere scelse il male maggiore. [CONTINUA]
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