Ester e il re
La maschera del demonio
Ercole al centro della terra
Gli invasori
Le meraviglie di Aladino
La ragazza che sapeva troppo
La frusta e il corpo
I tre volti della paura
Sei donne per l'assassino
La strada per Fort Alamo
Terrore nello spazio
Operazione paura
*Ringo del Nebraska
Le spie vengono dal semifreddo
I coltelli del vendicatore
Le avventure di Ulisse
Diabolik
5 bambole per la luna d'agosto
Il rosso segno della follia
Roy Colt e Winchester Jack
Reazione
a catena (Ecologia del delitto)
Gli orrori del castello di
Norimbenrga
Quante volte... quella notte
**Mosè
La casa dell'esorcismo
Cani
arrabbiati
Schock
La venere
d'Ille
*il film, per strane ragioni di
mercato, è stato accreditato a Antonio Roman ** la fatica
di Bava per questo kolossal televisivo riguarda solo la regia degli
effetti speciali |
Mario Bava
nasce a
Sanremo il 31 luglio del 1914, figlio di un pioniere della settima arte:
suo padre Eugenio è infatti un genio dei primi anni del secolo, un
futurista alla continua ricerca del progresso, ed il progresso, a quei
tempi, è certamente segnato dal nascente cinematografo. Mario rimane
folgorato dal cinema, il suo seme attecchisce subito in
questo adolescente talentuoso e ben dotato, tanto che inizia giovanissimo
a lavorare nell'ambiente come realizzatore dei titoli dei film stranieri, prima
di fare l'assistente operatore alla macchina,
poi l'operatore ed infine il direttore della fotografia, campo nel
quale eccelle, tanto da riuscire a lavorare con Freda, Emmer, Pabst, Monicelli e
Walsh, tra i tanti. Il suo esordio come direttore della fotografia data
1943, quando cura il film di Luigi Menardi, "L'avventura di
Annabella", anche se ha già lavorato in alcuni cortometraggi. Grazie inoltre alla genialità ereditata dal padre,
Bava è uno dei primi in Italia a realizzare ed usare effetti speciali
(trucchi, come si usavano chiamare a quel tempo), spesso
artigianali: famosa la trippa usata per il film "Caltiki il mostro
infernale" di Riccardo Freda. Il suo primo amore è comunque stata la pittura, Bava è un
vero talento con i pennelli e la tavolozza in mano ed è proprio questa
sua passione a farne un grandissimo direttore della fotografia.
Il
suo nome da regista compare per la prima volta solo nel 1959, quale coautore di
"Ester e il Re" del grande Raoul Walsh, che già aveva avuto
modo di apprezzarne le qualità in precedenza. Mario Bava firma il suo
primo vero film nel 1960, quel "La maschera del demonio" che
lo porta immediatamente alla notorietà internazionale, primo esempio di
un cinema di imitazione horror che in poco tempo supererà tutti i modelli.
Il successo planetario del film è constatabile dalle edizioni che si
conoscono: Die stunde wenn Dracula Kommt (Germania), La Masque du
Demon (Francia), Black Sunday o anche The Mask of the Demon (Stati
Uniti), Revenge of the Vampire (Gran Bretagna), solo per citare i mercati
maggiori, una diffusione finora ricevuta solo dagli "artisti"
del neorealismo. Regista
poliedrico, Bava si cimenta in quasi tutti i generi prediletti dagli italiani,
dal peplum ("Ercole al centro della terra") al western ("La
strada per Fort Alamo"), dalla fantascienza ("Terrore dallo
spazio") all'avventura ("Gli invasori") fino alla commedia
("Le spie vengono dal semifreddo"), ma è con il thriller (un
thriller quasi horror, decisamente diverso da tutti gli altri) che il
suo nome resterà scritto nella storia del nostro cinema (e non solo). Dapprima seguendo i canoni
narrativi e stilistici dettati da Alfred Hitchcock, "La ragazza che
sapeva troppo" e "Sei donne per l'assassino", primo film in
cui compare la classica figura dell'assassino nostrano, nerovestito e
seguito mentre uccide, poi sviluppa
uno stile narrativo convulso ed incalzante, grazie alla sua abilità
nell'utilizzo delle immagini e delle luci, "Cinque bambole per la
luna d'agosto" e soprattutto "Reazione a catena". Nel
mezzo, il delirio pop di "Diabolik", opera prodotta da Dino De
Laurentis, che mette in mano al regista un budget stratosferico (si parla
di più di 200 milioni) e gli da
carta bianca: Bava restituisce quasi tutto, lavorando come di solito e, di
conseguenza, impiegando solo un quinto di
quanto messogli a disposizione, rifiutando perfino di girare un seguito,
per non lavorare di nuovo con il produttore megalomane. Il tempo
per un breve ritorno all'horror puro degli esordi, con film come "Gli
orrori della vergine di Norimberga" e
"Schock", prima della
malattia che lo coglie mentre sta girando per la TV "La venere d'Ille",
film poi terminato dal figlio Lamberto, malattia che lo porta alla morte,
avvenuta per arresto cardiaco a Roma il 26 aprile 1980, tra l'indifferenza dei mezzi di
informazione e degli addetti ai lavori. Un vero maestro, sottovalutato e
non compreso, dal critico come dallo spettatore, penalizzato da
distribuzioni minori (raramente i suoi film hanno avuto la ribalta della
prima visione, uscendo quasi sempre in sale di seconda e terza visione) e
produttori senza scrupoli, apprezzato molto all'estero (tra i suoi
estimatori dichiarati ci sono, tra gli altri, Joe Dante e Martin Scorsese)
e quasi sconosciuto
in patria, adorato però dagli attori con i quali era solito lavorare e
che oggi, a più di venti anni dalla scomparsa, forse sta per essere
rivalutato, se persino in televisione passano i suoi film... Il
maestro, con Telly Savalas ed Elke Sommers sul set di Lisa e il Diavolo
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