L’arte
della seta, a Sorrento, è antichissima.
Si trovano sue testimonianze in
alcuni capitoli dei dazi nel 1383, così pure nelle
citazioni storiche riguardo l’abbigliamento dei sorrentini del XIII secolo.
Molti erano i giardini coltivati
a gelso, la pianta di cui si nutre il baco da seta, e le donne
sorrentine, dopo aver svolto il lavoro dei campi,
si dedicavano alla tessitura delle “fettucce” o “zagarelle”.
(Da dodici a venti spase di
agnulilli o
filugelli (bachi da seta) e
uno o due
telate di
zagarelle facevano parte
della dote delle sorrentine del tempo, come si evince da
numerosi contratti prematrimoniali.)
In ogni casa c’era un telaio e le
madri insegnavano alle figlie i segreti di una perfetta
filatura, mentre abili mani maschili si dedicavano alla
“trattura alla sorrentina” che rendeva il tessuto più perfetto e
impalpabile, particolarmente pregiato.
Dalla lavorazione artigianale
svolta a domicilio, si passò ben presto ad impiantare numerosi
telai in quasi tutte le località della penisola e così iniziò la
fabbricazione dei primi articoli di seta: dai nastri di seta
neri che adornavano i berretti dei marinai dell’armata
borbonica, alle calze, alle maglie, ai berretti, alle sciarpe
rigate a più colori.
Ogni visitatore
dell’800 non partiva da Sorrento senza aver acquistato un
manufatto di finissima seta.
Al crepuscolo dell’età moderna,
però, altre produzioni presero il posto della tessitura, e i
gelsi dei giardini sorrentini vennero ben presto sostituiti da
intense coltivazioni di limoni e aranci, più utili alla civiltà
industriale.
Anche i telai furono ridotti a
poche decine, e dopo la prima guerra mondiale divennero flebili
ricordi di una fiorente attività ormai finita.
L’inizio di questo declino
coincise, fortunatamente, con lo sviluppo di un’intensa attività
di ricamo, che permise alle donne dell’epoca di esprimere e
affermare la propria personalità e di lasciare compiute
testimonianze “dell’arte paziente e gentile”.
La tecnica veniva insegnata
soprattutto negli Istituti religiosi, dove le migliori si
specializzavano apprendendo i segreti dell’arte del ricamo.
Di grande valore artistico,
infatti, la produzione di merletti e ricami legati al costume,
all’arredo sacro, al corredo, realizzati a partire dal
XIX
secolo ed esposti in questa occasione per gentile
concessione di collezionisti privati.
Ci corre l’obbligo ricordare,
inoltre, l’Istituto d’Arte F.Grandi di Sorrento,
nato nel 1886 con lo scopo di perpetuare la tradizione
artigiana di Sorrento e di educare il gusto artistico dei
giovani.
L’Istituto si distinse negli anni
per i suoi meriti e per la sua incessante attività, ricevendo
numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero.
Il suo ruolo, determinante nello
sviluppo e nel perfezionamento della tarsia, fu fondamentale nel
recuperare e valorizzare l’antichissima arte della tessitura
della seta, grazie all’istituzione, nel 1947 della
sezione femminile del ricamo e della tessitura.
Oggi la sezione tessitura,
stimolante fucina di idee, si occupa di sviluppare e
approfondire l’intero percorso didattico operativo che va dal
progetto al prodotto finito.
Interessante è il percorso
sviluppato nella realizzazione dei vestiti del Tasso, in
occasione del 450° anniversario
della nascita del sommo poeta, eseguiti con processi tecnici
autentici del ‘500 e rielaborati con materiali naturali.
Di questi si possono cogliere ogni
particolarità, nel corso della manifestazione, nelle stanze
adibite ai lavori didattici dell’Istituto d’Arte F. Grandi.
Nella seconda metà dell’800,
nacquero delle piccole botteghe specializzate nella produzione e
commercio dei ricami, che con il passare del tempo furono
trasformate in grandi Ditte capaci di interagire con i mercati
nazionali e internazionali.
Un cenno particolare merita la
A. E. Fiorentino, nata nel 1863 e specializzata in
ricami e fazzoletti cifrati. Grazie alla precisione
nell’esecuzione dei lavori, alla qualità di gusto e alla cura
del prodotto, è divenuta nel tempo un punto di riferimento per
clienti di altissimo prestigio.
E non possiamo chiudere senza
ricordare, fra tanti, il grande tenore Enrico Caruso.
Si racconta che durante un suo
soggiorno a Sorrento, nel visitare la “Ditta A. E.
Fiorentino”, il tenore chiese alla signora Luigia
Gargiulo, titolare del negozio e fine ricamatrice, di
realizzare un qualcosa che gli ricordasse per sempre la città.
Fu così che la signora Luigia impresse su un lungo pezzo
di tela, contando filo per filo e riempiendo a punto Sorrento
quadratino dopo quadratino, una girandola di tarantelle e barche
sorrentine. Un intreccio di linee sobrie ed eleganti che hanno
dato vita ad una mirabile tovaglia ornamentale, esposta
nell’angolo dedicato al tenore Enrico Caruso e della
quale possiamo ammirarne ed apprezzarne la lavorazione.
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