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Corriere della Sera
Famiglia Bossi, in Europa fratello e
figlio del Senatùr
Franco e Riccardo assunti al Parlamento al seguito dei deputati
leghisti Speroni e Salvini Il primogenito del capo leghista ha 23 anni, va
matto per le auto ed è fuoricorso all'università Quando il Carroccio tuonava
contro il clientelismo, il nepotismo e gli arrivisti
11-11-2004
In attesa che Umberto Bossi sia pronto al gran rientro (auguri), la Lega
Nord guarda al futuro. E ha mandato a prendere confidenza con Bruxelles e le
istituzioni comunitarie, nel mentre crescono i giovani eredi Renzo, Roberto
Libertà ed Eridanio, un altro paio di appartenenti alla Real Casa Senatùria:
Franco Bossi (il fratello) e Riccardo Bossi (il figlio primogenito).
Assunti presso il Parlamento europeo con la qualifica di assistenti
accreditati. Portaborse, avrebbero detto i padani duri e puri di una
volta. Ma pagati sontuosamente. Per l'attaché, ogni deputato riceve infatti
12.750 euro. Pari a 24 milioni e 687 mila vecchie lire. Al mese. La notizia,
contenuta nell'elenco ufficiale pubblicato dall'Europarlamento e facile da
controllare sul sito internet www2.europarl.eu.int/assistants, non
precisa che mestiere facciano i due. Visto che l'assistente accreditato,
pagato coi soldi nostri, è il braccio operativo di ogni bravo parlamentare,
si presume che parlino fluentemente alcune lingue, capiscano di economia,
siano dotti nelle materie giuridiche e magari abbiano una competenza
specifica in qualche settore chiave nel quale il deputato di riferimento
deve destreggiarsi. Franco Bossi, una preparazione, ce l'ha. Sa tutto di
valvole, canne, pistoni, bronzine, guarnizioni, pompe ad acqua... Dopo aver
studiato fino alla terza media inerpicandosi su su fino alle "commerciali",
manda avanti infatti un negozio di autoricambi a Fagnano Olona. Una
professionalità che, unitamente alla passione leghista, ha spinto il
Carroccio non solo a ipotizzare una sua candidatura alla Camera al posto di
Umberto nel collegio di Milano 3 (dove poi, forse per evitare le accuse di
far tutto in famiglia, fu scelto il medico di casa del Senatur) ma ad
affidargli negli anni ruoli di spicco quali quello di c.t. della squadra di
ciclismo della Padania, di socio della controversa "cooperativa 7laghi", di
membro del consiglio di amministrazione dell'Aler (case popolari) di Varese.
Esperienze che a Bruxelles gli saranno utilissime. Quanto a Riccardo Bossi,
se ne sa ancora meno. Se infatti sono ormai celebri i fratelli avuti dal
papà nel secondo matrimonio, e in particolare il delfino Roberto Libertà cui
il giornale La Padania arrivò a regalare per il compleanno un'intera pagina
di sdiluviante entusiasmo («Che fortuna avere 12 anni e festeggiarli in cima
al Monte Paterno!»), lui è infatti rimasto sempre piuttosto defilato. Si sa
che ha 23 anni, che è un ragazzone grande e grosso, che va matto per le auto
ed è fuori corso all'università. Fine. Figlio di Gigliola Guidali, la prima
moglie del segretario leghista che raccontò in un'intervista di aver chiesto
la separazione dopo aver scoperto che Umberto usciva tutte le mattine di
casa con la valigetta del dottore ("ciao amore, vado in ospedale") senza
essersi mai laureato, pare non somigliare molto al padre. Tranne in una
cosa: come il Senatùr alla sua età, diciamo, non è propriamente un
secchione. A scegliere come braccio destro Franco Bossi, dice il sito
dell'Europarlamento, è stato Matteo Salvini, già direttore di quella Radio
Padania Libera che per anni ha cannoneggiato contro il clientelismo e le
assunzioni in Terronia di amici, cognati e parenti. A scegliere Riccardo, lo
«zio» Francesco Speroni, che di Umberto Bossi è stato il capo di Gabinetto
al ministero delle Riforme e che in tema di nepotismo aveva già fatto
spallucce davanti a un'altra polemica: la designazione, come presidente
della provincia di Varese, di Marco Reguzzoni, marito di sua figlia Elena.
Intendiamoci: tutto il mondo è paese. Lo ricordava già, ai suoi tempi, il
cardinale Enea Silvio Piccolomini diventato Papa col nome di Pio II:
«Quand'ero solo Enea / nessun mi conoscea / ora che sono Pio / tutti mi
chiaman zio". La scelta del fratello e del primogenito del Senatùr per
quelle due cadreghe europee, tuttavia, sia pure preceduta da altri piacerini
a parenti e amici, segna il punto d'arrivo di un cammino che pareva partito
con altri itinerari. Basti ricordare alcuni dei moniti di Umberto contro il
«familismo amorale» e i regali ai clientes: «La Lega assicura assoluta
trasparenza contro ogni forma di clientelismo». «Il nostro programma?
Incrementare i posti di lavoro, eliminare i favoritismi clientelari e
restituire il voto ai cittadini». «Non si barattano i valori-guida con una
poltrona!». «Questo deve fare un segretario di sezione: far crescere la
gente e non dare spazio agli arrivisti. Dobbiamo essere in primo luogo
inflessibili medici di noi stessi se vogliamo cambiare la società!». Parole
riprese e urlate in mille piazze e mille sagre e mille comizi da tutta la
corte di fedelissimi, da Calderoli a Castelli, da Maroni al mitico «Sciur
Cüràt». E impresse nel marmo della storia da un gesuitico comunicato
dall'allora addetta stampa della Lega Simonetta Faverio: «In un movimento
che si propone di far la rivoluzione non ci può esser posto per gli
arrivisti, i corrotti, i poltronari, i leccaculo, "i pentiti" e i
lottizzatori. Chi si è proposto di cambiare questo nostro povero Paese non
può nello stesso tempo volere un posto al sole per sé o per i suoi amici,
non può usufruire dei privilegi di cui hanno goduto i piccoli uomini
politici della partitocrazia. Non può insomma parlare bene e razzolare male,
prendendosi così gioco della base pulita, dei militanti, e di quei dirigenti
onesti che per la causa leghista sarebbero disposti a tutto». Parole d'oro.
Premiate un paio di anni fa con la nomina di Simonetta, in quota leghista, a
vice della ancillare Anna La Rosa alla direzione dei servizi parlamentari
della lottizzatissima Rai.
Gian Antonio Stella
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