23-10-04
Riflessione sulla riforma costituzionale
approvata dal Parlamento
IL TRADIMENTO DELLA LEGA NORD:
MENO POTERI PER LE REGIONI E LE AUTONOMIE
LOCALI
LA FINE DELLA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE:
LA SVOLTA AUTORITARIA SUL PREMIERATO ASSOLUTO
- la Riforma
Costituzionale approvata in prima lettura da Camera e Senato rappresenta
un grave e compromettente passo
indietro per le autonomie locali e regionali. Siamo alla
controriforma del titolo V della Costituzione approvato dal centrosinistra
nella scorsa Legislatura. Tramonta con questa Riforma l’ambizione della
costruzione di una “Repubblica delle autonomie”.
- viene costituito un
Senato che pur definendosi federale è la fotocopia di quello
attuale. Vengono eletti senatori con un sistema elettorale analogo a
quello di oggi. La voce delle Regioni e delle autonomie locali è
inesistente, la loro presenza è solo senza diritto di voto e non è
disciplinata in nessun modo né per numero né per composizione. Tutti gli
stati federali hanno una camera delle autonomie locali. L’Italia decide,
al contrario della Germania, di non dare alcun peso nel processo
legislativo alle Regioni, Province e Comuni.
- La confusione delle
competenze. Non si capisce per nulla quali siano le competenze che
saranno affidate alla Camera e al Senato. Tanto che viene individuato un
marchingegno pasticciato per dirimere i conflitti di competenza tra
Camera e Senato: un comitato paritetico di quattro deputati e
senatori designati dai presidenti dei due rami del Parlamento.
- La vera chicca
antiautonomista è l’art. 70 comma 4. Il senato federale può essere
espropriato delle sue competenze sull’art. 117 della Costituzione
quando il Governo decide che una legge, o parte di essa, sia “essenziale
per l’attuazione del programma”. In questo caso la competenza passa alla
Camera che decide in via definitiva.
-
La devolution è una bufala. Il
nuovo art. 117 della Costituzione ricentralizza competenze che erano
concorrenti con le Regioni e che oggi diventano esclusive dello Stato
centrale come:
-
promozione internazionale del sistema economico e produttivo;
-
ordinamento della capitale;
- reti
strategiche di trasporto e navigazione;
-
ordinamento della comunicazione;
-
produzione-trasporto-distribuzione dell’energia;
Materie dove
decisiva doveva essere la voce del territorio.
La devolution
appare svuotata: la nuova formulazione appare debole e confusa.
-
L’interesse nazionale: il Governo a “gamba
tesa” sulle autonomie locali.
La vera
chicca antiautonomista è il nuovo art. 127 che letteralmente recita: “...il
Governo qualora ritenga che una legge regionale, o parte di essa,
pregiudichi l’interesse nazionale” invita la Regione a rimuovere le
“disposizioni pregiudizievoli”. Se quest’ultima non procede “il Governo
chiama il Parlamento a deliberare a maggioranza l’annullamento della legge
regionale”. Non si capisce cosa sia e chi definisca l’interesse nazionale se
non discrezionalmente il Governo. Non si capisce come mai scompaia il ruolo
terzo della Corte Costituzionale che doveva dichiarare di chi fosse la
competenza a decidere su determinate materie. Non c’è nulla di più
arbitrario di affidare al Governo e ad una maggioranza il compito di
annullare leggi non gradite di Regioni, magari di colore diverso…
- Oltre ad uno spirito
antiregionalista traspare anche una volontà di soffocare anche gli enti
locali. Infatti “in barba” alla autonomia statutaria delle Regioni si
dichiara che queste possono dotarsi solo di “un organo di
consultazione” con gli enti locali. Questo significa che ruolo di
Comuni e Provincia risulterà, anche in sede regionale, insignificante.
- Roma ladrona.
L’aspetto grottesco è che, mentre nel testo del centrosinistra si
richiamava solo il ruolo di Roma capitale, nella nuova costituzione
Roma, potrà dotarsi anche di un’autonomia normativa nelle materie di
competenza regionale. Ovvero Roma potrà adottare vere e proprie leggi.
-
La svolta autoritaria del Governo e la
fine della democrazia parlamentare. Mentre le autonomie locali
sono soffocate la riforma concentra sul Presidente del Consiglio poteri
enormi e mai conosciuti. Il ruolo del Presidente della Repubblica
diventa puramente notarile.
Il Presidente del Consiglio decide infatti di sciogliere le Camere
in esclusiva autonomia ed “esclusiva responsabilità”.
Il Presidente del
Consiglio decide, in totale autonomia, la nomina e la revoca di tutti i
Ministri. Scompare totalmente la centralità del Parlamento, infatti
non ci sarà più un voto di fiducia parlamentare sul Presidente del Consiglio
e sul Governo.
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