|
|
La Repubblica
Gli Stati moderni e la
"voce del padrone"
24-03-2004
La democrazia può essere messa in grave pericolo dall´uso distorto e
partigiano dei mezzi di informazione. Questa è la lezione che viene dalla
tragedia della Spagna, dove si è visto un presidente del Consiglio
diffondere come verità una menzogna di Stato deliberatamente rivolta a
perpetuare il potere del proprio partito alterando il processo democratico
nel suo momento cruciale ovvero quello in cui il popolo è chiamato a
scegliere il proprio governo. Lo spettacolo di Aznar che, al fine di
esorcizzare la ricaduta che potevano avere sugli elettori lo spettro di Al
Qaeda e l´appoggio del suo governo ad una guerra non condivisa dalla grande
maggioranza della popolazione, prende il telefono e assicura i direttori dei
grandi quotidiani spagnoli che la responsabilità della strage compiuta a
Madrid è da attribuirsi senza dubbio alcuno all´Eta, e il parallelo
spettacolo di un ministro degli Interni che recita con ostentata sicurezza
alla televisione la stessa parte per un eguale scopo, salvo a trovarsi poi
smentito e travolto dall´emergere della verità, non sono riducibili a
semplici episodi di malcostume politico. Si tratta di qualcosa di molto di
più: di un campanello di allarme per la fragilità delle istituzioni
democratiche nell´era dei dilaganti mezzi di comunicazione di massa. E il
campanello suona tanto più assordante dal momento che - e qui sta il
nocciolo della questione - l´artefice di una simile manovra è stato un
governo. Senonché l´episodio spagnolo costituisce l´ultimo capitolo di un
processo quanto mai inquietante, ad una perversione più vastamente
consolidata e ramificata dei sistemi democratici, che ha coinvolto in
maniera altrettanto grave i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna. Tutti
ricordiamo Bush, Blair e i loro uomini - e non si tratta che della punta di
un iceberg - mentire di fronte alle Nazioni Unite; addurre false prove sull´esistenza
certa di armi di distruzione di massa in Iraq per ottenere dall´opinione
pubblica quella legittimazione a fare la guerra che non riuscivano ad avere
dal consesso internazionale; presentarsi col volto di democratici
autenticamente "idealisti" proprio mentre abusavano degli arcana imperii
seguendo i canoni della più classica Realpolitik. Tutti siamo infine venuti
a conoscenza che - per spostare a loro favore il maggior numero di consensi
da parte dei paesi membri dell´Onu, per conoscerne gli orientamenti e
influire su di essi, per contrastare la linea politica contraria di Germania
e Francia - i governi americano e inglese non hanno esitato a mettere sotto
controllo le linee di comunicazione organizzando un´azione di spionaggio che
non ha lasciato al riparo neppure Kofi Annan. Questi i mezzi impiegati allo
scopo di ottenere il maggior consenso alla guerra irakena. Questo il quadro
generale della manipolazione del "popolo sovrano", ridotto nel progetto dei
capi delle maggiori democrazie del mondo e dei loro più fedeli alleati ad
essere il passivo consumatore di menzognere "verità di Stato". E non può
costituire se non una consolazione assai relativa che da ultimo queste false
verità di Stato siano state smascherate, poiché il dato di fondo con cui
confrontarsi è che, se pure la campagna dell´inganno non ha avuto fin dai
suoi inizi il successo sperato, fatto è che le menzogne dei governi, prima
di essere pienamente svelate, hanno avuto profondi effetti, hanno
condizionato una parte consistente dell´opinione pubblica. Tal che, sebbene
nelle democrazie prima o poi la realtà delle cose viene a galla, resta che
la verità tardiva si trova sempre in svantaggio ed è in misura maggiore o
minore preventivamente sconfitta. L´insegnamento che emerge con forza è che,
come ben capì Orwell, chi controlla la verità può diventare il padrone della
società. La democrazia liberale trae la sua energia vitale dalla capacità in
quanto sistema costituzionale e istituzionale di sottoporre a controllo il
potere. Se questa capacità viene meno, essa è svilita, al limite annullata.
Il problema, dunque, di controllare con strumenti adeguati l´enorme fonte di
potere costituita dai mezzi di comunicazione di massa, di cui la televisione
è quello di gran lunga dominante, ha assunto un carattere fondamentale. Non
affrontarlo significa niente meno che accettare la crisi dei sistemi
democratici. Divenuto fondamento della democrazia moderna, il liberalismo ha
posto al centro la separazione tra potere esecutivo, potere legislativo e
ordine giudiziario. Nei sistemi liberali la libertà di parola e di stampa,
depositata nel seno della società civile e affidata alla vitalità del
pluralismo politico e culturale, rappresentava l´humus profondo delle
garanzie del vivere libero, era "la voce" che dalla società saliva verso il
mondo del potere. Ma nella odierna società sempre più massificata il più
possente mezzo di informazione - la televisione - non presenta affatto il
carattere di una voce che sale dalla società, ma di un vero e proprio potere
che dall´alto scende sulla società e la plasma secondo i fini di coloro che
ne hanno il prevalente possesso o controllo: governi, partiti di
maggioranza, magnati del potere economico, il cui proposito essenziale è,
prima che informare, potenziare al massimo la propria influenza. Ecco che un
simile potere, quando incontrollato, tende sempre più a configurarsi come un
contropotere che minaccia e inquina la democrazia. Non è certo un caso che i
regimi totalitari siano stati i primi a sfruttare come strumento
antidemocratico giornali, radio, cinema e, per quanto riguarda i regimi
comunisti, anche e soprattutto lo schermo televisivo. Tocca ai sistemi
democratici reagire. Ma non basta invocare l´etica professionale degli
operatori dell´informazione o l´intervento di troppo deboli "garanti". La
questione ha assunto una tale rilievo per cui occorre pienamente comprendere
che si richiede che il controllo dell´informazione entri nell´ambito delle
garanzie costituzionali. Tocca in primo luogo ai rappresentanti del popolo
elaborare i mezzi propri e metterli in atto. Il dibattito pubblico su un
tema tanto decisivo è diventato necessario. I padri del liberalismo e della
democrazia ci hanno insegnato che, se si vuole evitare una deriva tirannica,
bisogna anzitutto che alle parti che non sono al potere siano dati i mezzi
sia per sottoporre a controllo la voce e gli atti di chi il potere nelle sue
varie forme detiene sia per far entrare efficacemente in circolo il proprio
pensiero, le proprie proposte, le proprie critiche. Traducendo tutto ciò in
relazione al potere dell´informazione oggi, questo significa che vanno
trovate le vie per impedire che la voce del potere divenga ogni giorno di
più la soffocante "voce del padrone" di turno.
MASSIMO L. SALVADORI
|