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Ultimo aggiornamento: 15-10-03 |
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Amministrative 2003: Cambia il vento? Alla vigilia di elezioni amministrative tutti sono soliti mettere le mani avanti. Si ripete che non si tratta di elezioni «politiche». Non c’è dubbio che sia così. Le elezioni amministrative ordinariamente non influiscono sulla sorte del Governo. Ciononostante — specialmente quando è chiamato alle urne un numero rilevante di elettori e si rinnovano le amministrazioni di Regioni, di numerose Province e di città capoluogo — esse costituiscono anche una sorta di esame di coscienza e contengono una ineliminabile valenza politica. è stato questo il caso anche delle consultazioni amministrative del 25-26 maggio 2003 e del relativo ballottaggio dell’8-9 giugno, quando sono stati chiamati alle urne oltre 11 milioni e mezzo di cittadini (circa un quarto dell’elettorato) e sono state rinnovate le amministrazioni di 2 Regioni, di 12 Province, di 502 Comuni (di cui 10 capoluoghi di Provincia e 94 con più di 15.000 abitanti), distribuiti su tutto il territorio nazionale. Un campione, dunque, piuttosto significativo. Inoltre, a rimarcare il significato politico dell’ultima tornata elettorale ha contribuito il taglio che lo stesso Primo Ministro, on. Silvio Berlusconi, ha voluto dare alla campagna elettorale. Egli non solo è sceso in campo in prima persona nelle principali città ad appoggiare i candidati della Casa delle Libertà, ma ha alzato il tono dello scontro, spostando il dibattito dal piano amministrativo a quello ideologico e politico. Per quanto incredibile possa apparire, Berlusconi ha impostato la campagna elettorale sulla lotta al comunismo. Senza accorgersi di cadere nel ridicolo, ha ribadito di essere lui il salvatore dell’Italia: «Credo — ha detto in un’intervista al New York Times il 9 maggio 2003 — che se lasciassi la vita politica ora, l’Italia cadrebbe nelle mani dei comunisti». Di qui lo slogan per la campagna elettorale in Friuli-Venezia Giulia: «Voti Illy e vincono i comunisti». Gli elettori, dal canto loro, hanno mostrato quanto poco credano al «pericolo comunista», eleggendo al primo turno Riccardo Illy del centro-sinistra, con uno scarto di 10 punti sulla rivale sostenuta dal Primo Ministro. Di fronte a questa politicizzazione della tornata di elezioni amministrative, molti commentatori hanno equiparato la consultazione alle «elezioni di medio termine», che si sogliono tenere in usa a metà legislatura. In realtà, se confrontiamo i risultati delle ultime elezioni con quelli delle precedenti amministrative (1998), con quelli delle politiche (2001) e delle amministrative dell’anno scorso (2002), è facile rilevare che, dopo appena due anni di Governo del centro-destra, l’orientamento politico dell’elettorato sta cambiando. In particolare, è interessante il raffronto con le amministrative del 2002, perché anche l’anno scorso furono chiamati alle urne oltre 11 milioni di cittadini, per rinnovare le amministrazioni di 10 Province, di circa 700 Comuni, di cui 28 capoluoghi di Provincia e 65 Comuni con più di 15.000 abitanti. Trattandosi, dunque, di due test molto simili, a distanza di un anno l’uno dall’altro, il loro risultato aiuta a capire meglio che cosa si muove nella base del Paese. Se l’anno scorso si poteva parlare di «primi segnali» di movimento, oggi — un anno dopo — si può senz’altro dire che il vento è cambiato. Cerchiamo di vedere in quale misura e in quale direzione. Bisogna però dire che il confronto può dare risultati solo approssimativi. Infatti esso si basa soprattutto sui dati delle elezioni provinciali e regionali, nelle quali vige il sistema uninominale proporzionale, e si votano quindi i simboli e i partiti. Non è possibile, invece, calcolare i risultati delle elezioni in centinaia di Comuni, dove concorrono numerose «liste civiche», non riconducibili all’uno o all’altro partito.
1. Lettura dei risultati Nonostante i limiti obiettivi ricordati, da una lettura comparata dei risultati è facile vedere che qualche cosa si sta movendo nel mondo politico italiano.
a) Risultati del centro-destra Forza Italia. – Nel 2003 ottiene il 15,9% dei voti; nel 2002 era a quota 21,6%; alle politiche 2001 aveva il 30,0%. C’è stata, quindi, una lieve ripresa nei confronti delle amministrative di cinque anni fa (1998), quando aveva ottenuto il 13,7%, ma una forte e continua flessione nei confronti del 2001 e del 2002. L’esempio più emblematico di questo andamento negativo è il caso delle provinciali di Roma 2003. fi guadagna due punti rispetto alle amministrative del 1998 (14,7% rispetto al 12,6%), ma perde 9 punti rispetto al 2001. La stessa flessione si è avuta a Palermo, dove fi cresce di due punti dal 19,9% del 1998 al 21,3% di oggi; ma dimezza il consenso ottenuto nel 2001, quando a Palermo toccò il 40,7%. Analogamente, in tutta la Sicilia: fi guadagna due punti rispetto alle precedenti amministrative, passando dal 15,4% al 17,5% di oggi, ma crolla rispetto alle politiche 2001, quando toccò il 36,7%. Alleanza Nazionale. – Nel 2003 ha ottenuto il 13,3% contro il 15,9% nel 2001 e il 17,6% nel 1998. La diminuzione dei consensi è evidente e continuata. La tendenza negativa è confermata soprattutto dalla sconfitta alla Provincia di Roma, dove il candidato di an ottiene il 18% (a cui però va aggiunto il 2,2% della lista Moffa) contro il 26,7% delle precedenti provinciali, e il 21,4% delle politiche del 2001. an va male pure a Foggia, ma soprattutto a Brescia dove la sua candidata, Viviana Beccalossi, viene battuta nettamente da Paolo Corsini del centro-sinistra (53,7% a 46,3%). Non va molto meglio in Sicilia, dove peraltro an mantiene il suo zoccolo duro: a Palermo ottiene il 10,6%, contro l’11,5% del 1998, mentre guadagna qualcosa sulle politiche del 2001. In genere, in Sicilia, an si attesta poco sopra il 10%, senza variazioni importanti di voti in termini assoluti. Proprio per questo, le sconfitte di Ragusa e di Siracusa bruciano non meno di quella di Brescia. Unione Democratica di Centro. – L’udc, che nelle amministrative del 2002 aveva ottenuto il 5,7%, nel 2003 compie un forte balzo in avanti e guadagna tre punti rispetto alle politiche del 2001, passando dal 14,6% al 17,6%. Si può dire che esso sia stato il partito della Casa delle Libertà maggiormente premiato dagli elettori, sebbene esso si consolidi soprattutto in Sicilia, dove a livello regionale supera fi per 300 voti. Infatti, l’udc si afferma come il partito più forte in quattro province siciliane: a Siracusa (17,5% contro il 4,8% delle politiche 2001); a Trapani ottiene il 17,2% contro l’8,1% del 2001; ad Agrigento, il 21,9% contro il 12,6% del 2001; a Messina, il 18,5% contro il 5,6% del 2001. Fuori della Sicilia, l’udc ottiene un buon risultato a Roma (6,3%), tiene a Foggia e a Pescara, mentre nei quattro Comuni capoluogo del Nord e nei due del Centro in cui si è votato non raggiunge in media il 4%. Alcuni commentatori, perciò, vedono nell’udc una specie di «Lega del Sud»: radicata nel Mezzogiorno, ma con una crescente forza contrattuale a livello nazionale. Lega Nord. – Le amministrative 2003 confermano che la Lega è una forza politica a dimensione locale, ma capace di condizionare il Governo nazionale. Dal punto di vista del consenso elettorale, la Lega mantiene più o meno le precedenti posizioni. Già al primo turno delle recenti amministrative, ottiene a Treviso il 37,8%, con una forte rimonta nei confronti del 12,4% ottenuto nelle politiche del 2001, ma con un ridimensionamento nei confronti del 41,6% delle amministrative del 1998. A Vicenza, con il 10,3% mantiene i consensi del 1998 e guadagna tre punti sul risultato delle politiche 2001. Arretra invece a Brescia, dove non supera l’8%, dopo aver toccato il 18,2% alle amministrative del 1998 e il 10,4% alle politiche 2001. Stentata la vittoria a Sondrio, dove al ballottaggio la Lega è determinante, ma il centro-destra si afferma con una maggioranza di appena 84 voti. Un vero rovescio, invece, subisce al Comune di Udine, dove il centro-sinistra vince con il 54,3%, lasciando la Casa delle Libertà al 32,5% e la Lega al 4,8%. Tuttavia la sconfitta più clamorosa della Lega (proprio dal punto di vista politico) è quella subita nelle elezioni regionali in Friuli-Venezia Giulia. La candidata leghista, Alessandra Guerra, imposta dal ricatto dell’asse Bossi-Tremonti, esce duramente battuta da Riccardo Illy con un distacco di 10 punti (53,2% contro il 43,3%). Insomma, la decisione della Lega di presentarsi da sola, secondo lo slogan: «colpire divisi per vincere uniti», non solo non ha funzionato, ma ha favorito di fatto la sconfitta della Casa delle Libertà.
b) Risultati del centro-sinistra Democratici di Sinistra. – Nelle amministrative 2003 ottengono il 16,6%, mentre nel 2001 erano al 14,0% e nelle amministrative 1998 avevano raggiunto il 17,8%. I ds sono il partito della coalizione di centro-sinistra che ha avuto il miglior risultato. Così a Roma i ds sono tornati a essere il primo partito, ottenendo il 23,1%, contro il 17,9% delle elezioni del 2001 (sebbene nelle amministrative 1998 i ds avessero raggiunto il 24,1%). Il ricupero dei ds è confermato pure dalla notevole risalita in Sicilia, dove ottengono il 12,8% rispetto al 10,5% delle politiche del 2001. La Margherita. – Scende al 9,7%, dopo aver toccato il 16,2% nelle politiche del 2001 (non è possibile il raffronto con le amministrative di cinque anni fa, perché non esisteva ancora). In sintesi si può dire che la Margherita ottiene un buon risultato di immagine, perché sono suoi gli uomini che vincono alla Provincia di Roma, alle regionali del Friuli-Venezia Giulia e in alcuni importanti capoluoghi. Invece più basso è il voto di lista ottenuto: a Roma raggiunge appena l’8,5%, contro il 18,5% delle politiche 2001. A eccezione di Massa Carrara, dove ottiene il 26,7%, la Margherita accusa un certo calo. Anche al Sud stessa tendenza: tiene a Palermo, Caltanissetta, Enna e Trapani, ma diminuisce i consensi nelle altre Province. Stessa cosa nei Comuni capoluogo del Nord. Tuttavia, è anche da tener conto che la Margherita, in appoggio ai suoi candidati ha spesso speso energie dando vita a “liste civiche” di centro a sostegno del candidato (vedi Brescia). Altri partiti minori. – I Socialisti Democratici Italiani (sdi) si dichiarano soddisfatti del 2,7% ottenuto su scala nazionale e dei risultati in alcuni Comuni lombardi. L’Unione Democratica Europea (udeur) ottiene il 3,3%, e una forte affermazione a Benevento (17,1%, a cui va aggiunto l’8,1% della lista «Unione Democratica per Mastella»). La Lista Di Pietro, i Verdi e il Partito dei Comunisti Italiani (pdci) mantengono più o meno le loro posizioni. Anche il Partito della Rifondazione Comunista (prc) rimane praticamente stabile, ma con un progressivo calo dal 5,4% del 1998 al 4,4% del 2001, al 4,2% di oggi. è importante notare che là dove il prc si è presentato in alternativa all’Ulivo ha ridotto i consensi, come a Massa Carrara (dove passa dall’11,7% del 1998 all’8,9% di oggi) o a Pisa (dal 7,6% al 6,7%).
c) Amministrazioni conquistate o perdute Dopo aver visto (sebbene in modo approssimativo) i segnali di movimento nella base politica, è importante vedere (questa volta in modo certo) quali amministrazioni sono state di fatto conquistate o perdute dalle coalizioni in lizza. Le due amministrazioni regionali sono andate entrambe al centro-sinistra, il quale aveva già la Valle d’Aosta e toglie ora il Friuli-Venezia Giulia al centro-destra. Delle 12 Province: il centro-sinistra, che ne aveva 6, ora ne ottiene 7: Roma (tolta al centro-destra), Benevento, Caltanissetta, Enna, Foggia, Massa Carrara, Siracusa. Il centro-destra, che ne aveva 6, ora ne ottiene 5: Agrigento, Catania, Messina, Palermo, Trapani. Dei 10 capoluoghi di Provincia: il centro-sinistra ne aveva 4 e ne ottiene 6. Mantiene Brescia, Massa Carrara, Pisa; perde Sondrio per pochissimi voti, ma ne toglie tre al centro-destra: Pescara, Ragusa e Udine. Il centro-destra ne aveva 6 e ne ottiene 4: Messina, Sondrio (tolta al centro-sinistra), Treviso, Vicenza; perde Pescara, Ragusa, Udine. Dei 94 Comuni superiori ai 15.000 abitanti: il centro-sinistra ne ottiene 58 (ne aveva 45); il centro-destra ne ottiene 36 (ne aveva 49). Dunque, è legittimo concludere che il centro-sinistra ha vinto le elezioni amministrative del 2003. Non è stato uno sfondamento, ma sì una chiara vittoria. Quale lezione è possibile trarne? In altre parole: perché il centro-destra ha perso e perché il centro-sinistra ha vinto?
2. Perché il centro-destra ha perso? La sconfitta del centro-destra a soli due anni dal successo delle elezioni politiche mostra anzitutto che l’elettorato è democraticamente più maturo di quanto possa sembrare. Un biennio è bastato per comprendere che l’attuale maggioranza non ha una cultura politica adeguata, né è in grado di offrire amministratori credibili per affrontare i problemi complessi del Paese. Il suo predominio sull’informazione paradossalmente ha reso più evidente il vuoto di valori di una «politica del fare», cioè di un pragmatismo con scarso senso etico e del bene comune. La depenalizzazione del reato di falso in bilancio, le difficoltà frapposte alle rogatorie internazionali, il rientro dei capitali esportati illegalmente, il conflitto di interessi, la reintroduzione dell’immunità parlamentare, la riforma del processo penale, i condoni..., sono tutte scelte che contrastano con il comune senso di legalità e del bene comune. Ecco perché cambia il vento. Inoltre, ciò che la gente teme davvero non è lo spettro di una irrealistica «vittoria dei comunisti», ma la «dittatura della maggioranza». Di una maggioranza politica, cioè, che si ritiene l’unica legittima rappresentante del Paese, fino a ostentare sufficienza, noncuranza o addirittura avversione sia verso le istituzioni (per esempio, riducendo il Parlamento alla funzione di approvare le decisioni dell’esecutivo), sia verso rappresentanze democratiche minoritarie (come sono i sindacati e altre forze sociali), sia verso l’autonomia di un potere fondamentale dello Stato qual è la magistratura. Ecco perché cambia il vento. Un’altra ragione della sconfitta del centro-destra sono state, poi, le risse all’interno della Casa delle Libertà. Erano prevedibili. è bastata la prima sconfitta elettorale a mettere in luce lo stato di logoramento in cui versano i rapporti tra i partner della Casa delle Libertà.
3. Perché il centro-sinistra ha vinto? Se ora ci chiediamo perché il centro-sinistra ha vinto, è evidente che alla sua affermazione sono serviti pure gli errori del centro-destra: la delusione per la leadership di Berlusconi, le risse interne alla Casa delle Libertà, le intollerabili pressioni contro l’informazione libera e la magistratura. Tuttavia, il centro-sinistra ha vinto soprattutto perché ha trovato un modo nuovo di fare politica. L’episodio più emblematico rimane quello del Friuli-Venezia Giulia, dove in certo senso si è ripetuta l’esperienza positiva già fatta l’anno scorso a Verona. In entrambi i casi, infatti, il centro-sinistra è andato al di là della vecchia formula dell’Ulivo, realizzandosi come una formazione aperta a tutti i riformisti. Il leader è stato scelto sul territorio (non imposto dall’alto): non un funzionario di partito, ma una persona credibile con una sua autonomia nei confronti dei partiti; il programma è stato elaborato insieme, ispirato a valori comuni condivisi; intorno al leader e al programma si è realizzata quindi un’ampia intesa, allargata non solo ai partiti, ma anche a liste civiche, movimenti, associazioni, gruppi e singoli cittadini, senza escludere coloro che del programma accettavano solo alcuni punti specifici. In altre parole, la rimonta del centro-sinistra non è venuta dall’alto, ma dalla base. Questa, dunque, è la lezione: non si tratta tanto di metter d’accordo i vertici nazionali, quanto piuttosto di ripartire dalla partecipazione attiva della società civile sul territorio, nelle Regioni, nelle Province, nelle cento città. Il problema non è più quello di trasferire a livello locale il modello nazionale, attraverso la mediazione della vecchia forma-partito accentrata, ma di trasferire a livello centrale il modello di una nuova forma-partito, più leggera, qualificata con valori e programmi chiari, partendo dalle amministrazioni locali. Questa ci pare l’indicazione più importante da trarre dalla vittoria del centro-sinistra: ripensare la forma-partito aprendola alle varie sensibilità, per poi costruire insieme, “un’unione delle sensibilità riformiste” (o sensibilità solidali) che prenda il posto del vecchio Ulivo. Il vento che cambia sembra spingere verso questa direzione.
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