La luce

I fotoni

Il corpo nero

L'effetto fotoelettrico

L'effetto Compton

Esperimenti con i fotoni

Interferenza con i fotoni

 
 

La luce nella meccanica quantistica: i fotoni

  Alla fine del XIX secolo la teoria ondulatoria della luce sembrava poggiare su solide
basi. James Clerk Maxwell era riuscito a formulare un insieme di equazioni in grado di spiegare le diverse proprietà del campo elettromagnetico. Tutti gli esperimenti confermavano le previsioni teoriche; infine, le prime applicazioni tecnologiche (la più importante di esse è la radio) facevano la loro comparsa.
Tuttavia, proprio all'inizio del 1900 questo grandioso edificio cominciò a vacillare. Tre furono le tappe fondamentali che portarono a una radicale rivoluzione nella descrizione dei fenomeni elettromagnetici:
1900: il corpo nero. Nel corso dei suoi studi teorici sulle proprietà dello spettro di
emissione del corpo nero, Max Planck ipotizzò che gli scambi energetici tra la radiazione e la materia avvengono tramite quantità finite (chiamate appunto quanti) di energia.

1905: l'effetto fotoelettrico. Albert Einstein, sempre nel tentativo di spiegare il modo in cui radiazione e materia interagiscono tra loro, suppose che la radiazione stessa sia composta da quanti (i fotoni), ovvero da "pacchetti" di energia del campo elettromagnetico.
1923: l'effetto Compton. Un terzo tipo di interazione tra la radiazione e la materia
venne descritto in maniera semplice e soddisfacente da Arthur Holly Compton, il quale riprese l'idea di Einstein che la luce sia costituita da particelle dotate di energia e impulso.
Quest'ultima era la prova definitiva che convinse la comunità scientifica circa la natura corpuscolare della luce. Emerse quindi un nuovo modello del campo elettromagnetico, descritto dalla meccanica quantistica: la luce, accanto alle proprietà ondulatorie classiche, in determinate condizioni, manifesta anche proprietà corpuscolari.